Home / Articoli pubblicati daSimona Stammelluti

Figlio amato di questa Italia, Enrico Olivanti vive e lavora ormai da diversi anni in Germania, dove la sua arte è stata ospitata e dove lui stesso ha trovato un luogo che potesse accogliere non solo il suo talento indiscusso ma anche il suo modo unico di fare musica.
Un tutt’uno con la sua chitarra, che utilizza per creare musica, dando vita ad innumerevoli progetti artistici che nel corso del tempo gli  hanno permesso di avere un suo tratto distintivo, in un mondo di musica spesso tutta uguale. Enrico Olivanti non è uguale a nessun altro, è un “pezzo unico” come il suo nuovo album “Love letters beneath the doric tomb“, scritto e realizzato in un periodo in cui era tutto fermo, immobile.

Ma i periodi di stasi possono essere per gli artisti proficui tanto quanto i periodi pieni di stimoli, ed è così che uno degli artisti più eclettici e più raffinati del panorama jazzistico e non, ha realizzato uno dei lavori più suggestivi che si possano trovare in questo periodo in circolazione.

Un disco, questo, uscito lo scorso 22 ottobre, che si può ascoltare su tutte le piattaforme digitali e che si trova in versione fisica anche in tutti gli store di musica, e che è stato scritto durante la pandemia. Un disco “letteralmente” ricamato intorno alle sensazioni vissute e sulle mancanze alle quali si è stati costretti ad abituarsi.

I gesti ripetuti, una finta normalità, la morte all’improvviso, una ciclicità di intenti, la paura.

Così nasce il disco, che prende in prestito le emozioni e le sensazioni provate e si trasforma in una esperienza sensoriale pazzesca.
Una suggestione che ti rapisce, che ti ipnotizza e ti conduce dentro un mondo fatto di suoni che non sono a caso, come non sono a caso i titoli del brani. In ognuno di essi si ritrova una parte sé, di ciò che è stato, di ciò che si è perduto. Ma anche la speranza che ci attendeva “oltre la curva”, attraverso “lo sguardo introverso” di chi c’era anche dentro una lettera d’amore, quando con impazienza  si godeva dell’incanto di parole attese, provando una immensa gratitudine verso un dono che non solo potesse rendere più dolce un sacrificio, ma che alla fine risultava essere una vera e propria benedizione.

Ho trovato questa idea geniale, ricercata, originale che segue questa nuova necessità di scavare nel mondo della musica che ricerca suoni e da loro un senso. E in questo Enrico Olivanti è un vero mestro. Questo disco è una dimensione che ricorda una sorta di rito meditativo, e in alcuni pezzi la chitarra ti conduce, ti tiene per mano mentre si attraversano atmosfere ancestrali.
Un disco che a tratti ti scuote e a tratti ti ipnotizza e tu che ascolti devi per forza assecondare le note e i suoni. Devi “sentire” e goderne.
Voci, suoni, sensazioni, un mix incredibile, che esce dal range canonico di fare musica e consegna una dimensione che incanta.
Alcune note che a loop fanno da tappeto sono come un gancio, che ti tiene saldo, mentre ti lasci andare al richiamo del tema di alcuni pezzi.
È un disco con un carattere, e con delle caratteristiche affascinanti; il linguaggio della chitarra è il mezzo per comprendere.
I suoni orientali rivelano il senso di tutto, e nel finale la risoluzione, la rivincita, la rinascita dopo il sacrificio.
E come sempre quando si ascolta un disco e se ne cerca un senso, proprio dentro una sensazione provata, ci si affeziona ad un brano in particolare. Anche questa volta mi è successo; il brano che più ho amato dell’album è “Abbraccio”, nel quale Enrico Olivanti allunga le sue mani che oltre le corde, che vibrano e suonano sotto il suo tocco, avvolgono l’ascoltatore. È un pezzo puro, nel quale la musica scritta è piena di armonia, di spazi nei quali nascondersi per sentirsi al sicuro.

“Love letters beneath the doric tomb” è un disco per ricordare, amare, sentirsi grati.
Un disco per immergersi in una dimensione altra, accogliente e appagante.
Ed Enrico Olivanti non è solo un virtuoso della chitarra, ma è colui che è capace di trasformare una indiscussa abilità tecnica in finezza e raffinatezza. L’opera è stata interamente composta, realizzata e prodotta da Enrico Olivanti che ha suonato chitarre elettriche, classiche, slide, bouzouki, sintetizzatori, piano, percussioni, campane tibetane oltre alla sua voce.

In attesa che Enrico Olivanti arrivi in Italia con i suoi concerti, potete godere del suo album e di un assaggio nel video qui sotto

 

 

 

 

La notizia è di pochi minuti fa.
Un uomo di 49 anni, Vincenzo Re, figlio dell’avvocato Salvatore e fratello dell’avvocato Daniele, è morto poco fa, a bordo di una ambulanza che lo stava trasportando all’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento.

Stava giocando una partita di calcetto, nel campo del villaggio Peruzzo, allorquando si è sentito male; i compagni di gioco, si sono resi subito conto della gravità della situazione ed hanno provveduto a chiamare tempestivamente l’ambulanza del 118.

Un infarto fulminante gli ha tolto la vita durante il tragitto verso il nosocomio agrigentino.

Il mondo forense della città è stato colpito da questo tragico evento luttuoso.

Il padre Salvatore Re e il fratello Daniele sono tra gli avvocati più rappresentativi e conosciuti della provincia di Agrigento.

 

Siamo stati tacciati di essere fuori dalla grazia di Dio quando sottolineavamo che questo governo avrebbe letteralmente calpestato i diritti civili. Ed invece avevamo ragione noi giornalisti e analisti politici ed esperti di diritti, quando dicevamo che questo governo sarebbe andato avanti a frasi fatte, dosi di demagogia, ma al contempo a colpi di spugna circa i diritti civili, che per loro “non hanno ragione di esistere”.

Come sempre se non sei bianco, etero e se non hai messo su una famiglia tradizionale, non hai diritto a niente.
E ad oggi, dopo il provvedimento di questo governo che blocca la registrazione all’anagrafe dei figli di coppie onogenitoriali a Milano, dopo che il prefetto è intervenuto su spinta del ministero dell’interno per interrompere il diritto che ormai era riconosciuto dal comune, dopo che i minori di una famiglia omogenitoriale sono esclusi da tutta una serie di diritti civili, sociali, patrimoniali ancora non è chiaro che vi è un serio problema circa il limite enorme ai diritti civili?

Questo primo provvedimento è un abominio.
E siamo solo all’inizio.

Il blocco alle trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli delle famiglie omosex, con impossibilità di formare atti di nascita italiani, si allinea al no già opposto alla proposta di introdurre in Italia il certificato europeo di filiazione: una sorta di carta di identità europea del minore che gli garantisca l’accesso ai diritti civili e sociali anche in quegli Stati dove non risulti il suo status di figlio.
E così in tutto Europa, tranne che l’Italia insieme alla Polinia e all’Ungheria, i figli di coppie omogenitoriali sono riconosciuti fin dalla nascita, senza dover affrontare lunghe battaglie per ottenere la trascrizione di certificati esteri o la stepchild adoption cioè l’adozione del figlio del partner.

Questo significa che per i figli di coppie omosessuali si allontana sempre di più la possibilità di acquisire un diritto.
Questo Governo ha bocciato il Certificato Europeo di filiazione.
Io non mi meraviglio, ma mi indigno.
E l’indignazione dovrebbe interessare tutti, anche le coppie etero. Perché la negazione di un diritto per un bambino di coppie omogenitoriali, che è uguale al figlio di coppie etero, è il fallimento della società cosiddetta civile, e l’Europa questo governo se la fa piacere a giorni alterni, in base ai propri interessi e alle proprie vedute. E questo si sapeva. Si sapeva che avrebbero messo le mani sui diritti civili. Eppure li abbiamo lasciati fare. Li stiamo lasciando fare.

Quindi in Europa i bambini nati in famiglie omogenitoriali in qualsiasi stato europeo sarebbero automaticamente riconosciuti come figli di entrambi i genitori anche nel proprio paese grazie al certificato.

In Italia no. In Italia serve il riconoscimenti dei figli da parte del genitore non biologico attraverso un percorso di adozione. E le trascrizioni di alcuni sindaci meritevoli di aver effettuato quella scelta, è stata bloccata da una sentenza della cassazione.

Per questo governo, sarebbe una intromissione in questioni di competenza dell’Italia, temendo che approvare la proposta implicherebbe legittimare forme di procreazione vietate in Italia.
Lo sappiamo, non vogliono la maternità surrogata, non vogliono la gestazione per altri. Ma che fastidio da, riconoscere ad un bambino un certificato che tuteli il suo diritto di essere figlio di entrambi i suoi genitori? Parliamo di bambini già nati, che già che vivono in maniera serena e stabile presso la loro famiglia formata da due genitori. 

La risoluzione approvata in Senato dice che questo certificato violerebbe il principio di sussidiarietà, sarebbe un’intromissione delle istituzioni europee in questioni di competenza dell’Italia, e c’è nella maggioranza il timore che approvare la proposta di regolamento implicherebbe legittimare forme di procreazione che sono vietate in Italia, come la gestazione per altri, anche se in fase di audizione ci sono stati interventi come quello del Garante per l’Infanzia che avrebbero escluso conseguenze di questo genere.

I diritti dei minori non si toccano.

A molte famiglie così viene tolta la possibilità di essere legittimate giuridicamente, considerando anche quanto lungo e costoso sia il percorso di adozione e al contempo i minori sono deficitari di diritti che spettano loro.

La questione è molto importante. Perché questi bambini vedono riconosciuto solo uno dei due genitori sui documenti e questo implica delle rinunce in questioni amministrative, di eredità ed anche dal punto di vista della salute ed in molti altri campi.
Ma chi potrà impedirlo?
Bisogna stare all’erta.

Inoltre se si crea un precedente così grave che sarà sempre più difficile andare a Bruxelles a chiedere aperture su altre vicende.

 

 

Una grande sottovalutazione del rischio?
A poche ora dall’ennesima sciagura nelle nostre acque territoriali incominciano ad emergere le problematiche, oggettive, che riguardano il salvataggio. Perché o si è sottovalutato il rischio, o non si sono volute impiegare risorse o non si sono voluti inviare i soccorsi.
Ma andiamo per ordine.
La sottovalutazione del rischio è molto probabile, considerato che l’avvistamento da parte di Frontex, è avvenuto quando l’imbarcazione era già discretamente vicina alla costa, pertanto si sarà pensato che ce l’avrebbero comunque potuta fare (da soli) e che, al massimo, si sarebbero “bagnati un po’”. Perché comunque la vita degli altri, chissà perché, vale sempre meno della propria o dei propri cari.
Ma la verità è che non solo i soccorsi in mare anche con quelle condizioni sono previste dal SAR (guardia costiera e vigili del fuoco) e basta farsi un giro in rete per scoprire quanti e quali siano stati i recuperi in mare, ma che l’addestramento degli uomini che fanno parte di questa categoria di soccorsi è mirato proprio al salvataggio estremo. È vero che le condizione del mare non prevedevano un avvicinamento con altra imbarcazione ma esistono, ad esempio, elicotteri adatti allo scopo e soccorritori capaci di calarsi tra le onde alte anche svariati metri e di recuperare i dispersi in mare, persino con “raffiche di vento oltre i 100 km/h”. Difficile quindi ma non impossibile e dunque, anche se si sarebbero dovuti tirare su uno alla volta, sarebbe stato comunque un tentativo che andava fatto; anche se fosse stato possibile salvarne uno solo, sarebbe stata cosa buona e giusta. Perché la vita è sacra, sempre. La vita di tutti, è sacra, sempre.
E allora sorge un altro dubbio, quello che si insinua non appena si allenta la molla del dispiacere per quelle vite disperse che presto saranno dimenticate, come tutte le altre che si sono susseguite nel corso degli anni.
Che forse non si siano volute impiegare risorse (leggasi soldi) per salvare migranti che vengono qui a “rubarci sempre qualcosa”?
Il dubbio mi sembra sacrosanto e a quanto pare non sono la sola alla quale è sorto.
Anzi, c’è chi – specializzato nel settore – giura che quel soccorso si sarebbe potuto fare.
E la cosa che più sconvolge è la risposta di Piantedosi, la risposta di questo governo che come sempre minaccia provvedimenti, perché “mettere a tacere”, togliere la parola, zittire, è ciò che riesce loro meglio.
Ieri a La 7 il medico ed ex dirigente della Polizia di Stato Orlando Amodeo, ha dichiarato che ci sono imbarcazioni capaci di affrontare il mare anche in condizioni estreme e che lui stesso vi è salito di sopra per fare dei salvataggi.
E di tutta risposta il Viminale ha minacciato querela per difendere “l’onorabilità del Governo”.
Perché minacciare sempre, signor ministro? Non fate altro da giorni a questa parte.
Perché signor ministro Piantedosi non smentisce quelle parole anziché minacciare sempre?
Forse perché smentire sarebbe pressoché impossibile?
Forse perché bisognerebbe ammettere una superficialità o peggio ancora un dolo?
I soccorritori sono formati per questo genere di operazioni che se non via mare, possono farlo via aria.
E questo non lo dico io, ma le immagini facilmente reperibile dove si vedono quegli uomini di cui lei parla, sfidare con competenza e lucidità le avversità del mare, traendo in salvo i pericolanti.
Però bisogna prima di tutto volerlo.
Voi, lo volete, signor ministro?
O forse pensate solo che il problema si risolve non facendoli partire?
Ma lei sa, si è mai soffermato a pensare da cosa scappa chi sapendo di poter morire mette su una barca un neonato, perché non ha davvero più nulla da perdere? C’è tanto, troppo, dietro queste morti.
Esiste un problema più grande, ma il nostro è quello impedire che corpi senza vita, si arenino sulle nostre spiagge che si colorano di morte.
Attendo di vedere le immagini che saranno rese pubbliche questa sera durante la trasmissione di Rai 3 “Il Cavallo e La torre,” quando il collega Marco Da Milano mostrerà un loro reportage realizzato davanti alle coste libiche, proprio per riprendere le parole di Piantedosi: “non devono partire”.
Per inciso non è che se muoiono davanti alle coste di altri stati e non davanti alle nostre, noi siamo meno responsabili.

Le onde che si infrangono, il viaggio della speranza, ed il dolore dei soccorritori arrivati sulla spiaggia di Steccato di Cutro nelle loro parole:

“La spiaggia era disseminata di vittime. L’imbarcazione completamente distrutta.Ho cercato di portare fuori dall’acqua 40 persone. Le prendevamo dall’acqua e li portavamo sulla spiaggia”

“Abbiamo trovato pezzi di barca, corpi e ancora corpi”

“Sono immagini apocalittiche, immagini che devono rimanere nella nostra mente. Sono nostri fratelli, dobbiamo riconoscerli come fratelli”

Le parole del Parroco di Cutro:

“Hanno trovato 2 cadaveri anche nella spiaggia dove c’è la mia parrocchia. Io li ho benedetti, e mentre li benedicevo dicevo a me stesso, come mai arriviamo sempre dopo la morte? Dobbiamo arrivare prima della morte”

L’ennesima strage in mare, la lunga fila di sacchi bianchi con dentro le vite e le speranze spezzate di tanti uomini, donne e bambini. Tra le vittime anche un neonato. Le ricerche sono andate avanti tutta la notte ed è stato rinvenuto un altro corpo; così il numero delle vittime sale a 60, di cui 13 bambini. Ma sono ancora decine i dispersi, stando al racconto degli 80 superstiti ora sistemati in parte in ospedale e in parte al centro Cara di Crotone.

Sembrerebbe che l’imbarcazione si sia infranta dopo aver preso una secca o degli scogli sommersi praticamente davanti alla costa, quando dalla nave già si gridava “terra”.

Un viaggio di 4 giorni, quello intrapreso dal porto di Smirne in Turchia e attraverso tutto il mar Ionio. 
Da ieri mattina sul posto anche l’ispettore dei Vigili del Fuoco Giuseppe La Rosa:

“Erano seminudi, altri completamente nudi. Erano feriti. Altri sul corpo avevano dei graffi. Si suppone abbiamo provato ad aggrapparsi ai resti dell’imbarcazione. Credo abbiano lottato per sopravvivere. Erano tanti, troppi. Purtroppo nessun superstite. E mi sconvolge che ci fossero così tanti bambini”. 

Nella distesa di pezzi di vita restituiti dal mare un biberon, decine di calzini, vestiti e qualche scarpa.
E poi ancora bottiglie di plastiche, contenitori per carburante, e salvagenti che sono stati inutili e che appaiono inermi in una immagine carica di dolore.

I reati ipotizzati dalla Procura di Crotone che ha aperto un fascicolo dopo la tragedia sono omicidio e disastro colposo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Fermate due persone, che dovrebbero essere gli scafisti.

Il mare era forza 7, condizioni avverse, onde di 4 metri e il barcone che si è letteralmente sgretolato su uno scoglio.
Il ministro Piantedosi insiste con la storia delle partenze, come se tutte quelle persone volessero morire in mare. Ma la loro vita è così drammatica che tentano il tutto per tutto, mettendo a rischio anche la vita dei loro figli, perché nella disperazione di ciò che vivono non hanno più nulla da perdere.

Dolore espresso dal Presidente Mattarella che ha invitato l’Europa a non essere indifferente:

“è indispensabile che l’Unione Europea assuma finalmente e in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio, per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani”. 

Mattarella chiede a Bruxelles di impegnarsi direttamente nelle politiche migratorie e nel sostegno allo sviluppo dei paese da cui i giovani sono costretti a fuggire per mancanza di prospettive. Mattarella esprime dolore per il naufragio sottolineando come molti fuggono da paesi nei quali si vive in condizioni di estreme difficoltà.

Una tragedia che non può lasciare indifferenti – dice il presidente – e chiede per i superstiti una adeguata accoglienza e alla comunità internazionale di rimuovere le cause dei flussi migratori: il terrorismo, le persecuzioni, la povertà e le guerre.

 

 

 

 

 

 

 

Il conduttore tv, autore, sceneggiatore, si è spento a Roma. Aveva 84 anni. Lo comunica il suo ufficio stampa.

Costanzo ha firmato decine di programmi radiofonici e televisivi e di commedie teatrali (Il marito adottivo, Vuoti a rendere ecc.). Ha raggiunto la grande popolarità nel 1976, conducendo in Rai il talk-show “Bontà loro”. Ma il suo nome è legato anche al Maurizio Costanzo show, in onda dal 1982 su Mediaset, il suo salotto ambitissimo e controverso.Fu lui a lanciare gli attori Valerio Mastandrea e Rocky Memphis a futuri esponenti politici come Vittorio Sgarbi. Costanzo ha anche profuso molto nella lotta contro la mafia. Amico del giudice Giovanni Falcone, bruciò in diretta la maglietta con la scritta “Mafia made in Italy”.

Tra i suoi programmi più noti, anche “Buona domenica”, che arriva fino ai giorni nostri.

Ha scritto numerosi libri, tra i quali Chi mi credo di essere (2004, in collab. con G. Dotto), E che sarà mai? (2006), La strategia della tartaruga (2009), Sipario! 50 anni di teatro. Storia e testi (2015), Vi racconto l’Isis (2016) e Smemorabilia. Catalogo sentimentale degli oggetti perduti (2022).

Dal 1995 è sposato con Maria De Filippi, alla quale va la vicinanza di tutta la redazione di Sicilia24h.it

Maurizio Costanzo è stato anche autore della famosissima canzone “Se telefonando” cantata da Mina, la cui musica fu scritta da Ennio Morricone.

Uomo e professionista colto, ironico, autoironico, curioso, generoso, ha proprio inventato il talk show, quello che oggi si consuma in tutte le tv di stato e private, a tutte le ore. Lui, in un teatro, il teatro Parioli, portava l’intervista non più one to one ma collettive, durante le quali intervistava personaggi a quei tempi sconosciuti che poi con lui hanno conosciuto la notorietà.
Lascia al mondo della tv quel suo modo gentile di fare la televisione, quel modo appassionato e vero, senza orpelli e senza sovrastrutture. È stato padre artistico di molti: da Lella Costa e Davide Riondino, ad Enrico Brignani ad Enzo Iacchetti.

La sua tv era fatta di parola, così differente da quella di oggi, sempre piena di tutto e poco di contenuti socioculturali.
Fu una sorta di acrobata della tv. Era capace di creare una atmosfera particolare; È stata una guida per altri professionisti poi fioriti proprio sotto la sua guida.

Fu precursore culturale, promosse l’inclusività quando questa era ancora lontana dal suo valore attuale.
Era innamorato della cultura e ha intervistato i professionisti più colti del pianeta.
Aveva la capacità di far parlare gli altri. A lui piacevano anche le parole degli altri e non solo le proprie, che ha espresso sempre in massima libertà.

Maurizio Costanzo fu grande amico di Alberto Sordi (di cui oggi ricorre il ventennale della morte) e di Vittorio Gassman.
Fu vittima di un attentato mafioso nel 1993.

Ha sempre creduto che la donna abbia avuto una grande evoluzione e per lui l’uomo dopo secoli ha capito l’importanza della donna.
Si sposò 4 volte ma il matrimonio più stabile è stato quello con Maria De Filippi che – diceva lui – gli ha insegnato l’importanza del dialogo.
Maurizio Costanzo tra le altre cose è stato anche un uomo capace di tenerezza, mai giudicante, malgrado il suo potere professionale.
Sobrio, gentile e innamorato della sua Roma. Sempre attento alla memoria degli artisti romani, come Gabriella Ferri.

 

 

Oggi ad un anno esatto dall’invasione della Russia in Ucraina siamo qui, attoniti davanti alle macerie che la guerra lascia dietro di sé, alle difficoltà enormi di coloro che in quella terra ancora vivono e che provano a sopravvivere con immense ed estreme difficoltà, ai finti mediatori di pace, ai 12 punti che la Cina sfodera e che sanno di tutto tranne che di realtà.

I numeri del bilancio dei morti di questa guerra sono impressionanti; sommando tutti i morti da entrambe le parti si arriva ad una cifra vicino al mezzo milione. Questa guerra è una vera e propria crasi tra una guerra moderna e una guerra antichissima: ci sono le trincee e poi ci sono i droni. Ma alla fine la guerra uccide, uccide un numero spropositato di innocenti. Gli esperti erano sicuri che si sarebbe arrivati al primo anniversario di questa assurda guerra, ma pensavano anche che non si sarebbe arrivati al secondo. Questo un anno fa, oggi non lo sanno più. La guerra probabilmente durerà ancora a lungo, e la Russia ad oggi – differentemente dai suoi propositi di un anno fa quando credeva che in paio di giorni si sarebbe appropriata del Donbass senza difficoltà alcuna – sembra aver proprio puntato sul tempo per sgretolare anche la solidità e la compattezza dell’occidente. Questa sembra essere l’unica ed ultima strategia rimasta a Putin.
Tra le tante cose che noi giornalisti abbiamo raccontato in questo anno, ad oggi un buon 60 % andrebbe riscritto, considerato che si è parlato di fratture all’interno delle élite russe, di colpi di stato, di malattie di Putin. Le nostre forse erano più speranze che convinzioni, e ad oggi la realtà appare estremamente più semplice. La Russia negli ultimi 25 anni ha cementato il suo potere, e negli ultimi anni è stata fatta completamente piazza pulita di qualunque forma di dissidenza e di opposizione, e soprattutto è stato fatto uno slittamento verso una idea di paese nazionalista e patriottico e questa è la grande leva, che garantisce a Putin un potere quasi assoluto. Putin combatte contro un occidente collettivo, sta combattendo contro gli americani, facendo preda sul sostegno e sul consenso di persone di una certa età, ma non fa presa sui giovani per i quali non è affatto facile vivere in Russia.
Sembra tutto così assurdo ad un anno di distanza.
Putin incontra la Cina, che reca in sé sempre molta complessità.
La Cina continua a tenere una sorta di “neutralità filorussa” e oggi ha fatto uscire un “piano di pace” che però tale non è considerato che la stessa Cina ha smentito essere tale. Si tratta nella fattispecie di un “position paper” ossia ha messo nero su bianco la sua posizione sulla “questione Ucraina” – perché la Cina non usa mai la parola guerra – con 12 punti usciti oggi, che secondo loro andrebbero seguiti per favorire una soluzione politica del conflitto. Ma in realtà interessante il fatto che la Cina metta nero su bianco la sua posizione, come se volesse far vedere che è “più dentro le cose”. Questo però. non significa che la Cina avrà un ruolo effettivo in una situazione diplomatica. È una sorta di presa d’atto, come a dire “ci sono anch’io”.
Ma la Cina si sta solo organizzando dal punto di vista strategico, per quello che sarà il nuovo ordine mondiale nel post guerra Russa-Ucraina e sta proponendo come garante di stabilità, contrapposta agli Stati Uniti, considerati i responsabili della instabilità.
La Cina ha comunque interessi a che questa guerra finisca, perché le sta creando dei problemi anche concreti ed economici in un momento in cui deve ripartire dopo il covid. Ha bisogno che i mercati globali ripartano. Ma per la Cina la Russia non deve neanche uscire troppo indebolita dal conflitto perché Putin rimane per la Cina un partner strategico, quello che aiuta la Cina nella narrazione della contrapposizione agli Stati Uniti.
I 12 punti presentati dalla Cina sembrano estremamente ambigui.
Il rispetto dell’integrità territoriale, che sta a cuore all’Ucraina ma anche alla Cina rispetto a Taiwan.
Rispetto della preoccupazione di sicurezza di ogni paese e questo strizza l’occhio alla Russia considerato che nella loro narrazione sono stati gli Stati Uniti i responsabili del conflitto.
Intanto si susseguono le istantanee dalla vita di trincea, dalla vita disperata dei civili, e dalla vita di chi questa guerra la fa, e la fa scavando delle buche sottoterra, a temperature estreme. Una guerra che va raccontata perché ci sono uomini che passano la vita tra il fango a temperature assurde, con sulle loro teste droni, lasciano a loro il terrore di pensare se quelli saranno o meno gli ultimi istanti della loro vita. Nella quotidianità quasi non ci si ricorda perché questa guerra è iniziata.
L’inverno in Ucraina non è una stagione, è una condizione di sopravvivenza. 12 mesi senza acqua, senza corrente e quando i volontari portano le coperte le persone chiedono in ginocchio le torce al posto del cibo, perché non si vede nulla. Le vecchiette prendono gli aiuti e piangono perché non possono seppellire i morti che sono ancora per strada.
In questo scenario, in Donbass non c’è più la testa per domandarsi si prima del 24 febbraio 2022 si fosse filorusso o Ucraino.
Oggi ci sono solo degli esseri umani che stanno provando a sopravvivere, che vivono in un eterno presente, in una situazione tipica della guerra, aggravata da condizioni climatiche estremamente ostili.
A distanza di un anno, oggi 24 febbraio 2023 Zelensky ha fatto il suo discorso alla nazione e tra quelle parole, queste

 

Gli sforzi della Russia per infrangere la determinazione del coraggioso popolo ucraino stanno fallendo.. Un anno dopo, gli ucraini stanno combattendo valorosamente per la libertà e l’indipendenza.  Siamo con loro”. 

La Russia ha la piena responsabilità di questa guerra, una palese violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni unite. Le azioni della Russia non rispettano i principi e gli impegni dell’Osce e minano gravemente la sicurezza e la stabilità internazionali e l’ordine internazionale basato su regole. Sebbene abbiamo invitato la Russia a impegnarsi in modo costruttivo in negoziati credibili con l’Ucraina, la Russia non ha mostrato alcuna sincera apertura a una pace giusta e duratura. Rimaniamo determinati a mantenere una pressione internazionale coordinata sulla Russia. Condanniamo anche tutti coloro, compresa la Bielorussia, che stanno attivamente facilitando la guerra della Russia. Non può esserci impunità per i crimini di guerra russi e altre atrocità. Tutti i responsabili devono essere ritenuti responsabili degli abusi e delle violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, in particolare contro la popolazione civile ucraina e compresa la deportazione di bambini e la violenza sessuale connessa al conflitto. La Russia deve fermare immediatamente questa guerra e ritirare tutte le sue forze militari dall’Ucraina in linea con la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottata il 23 febbraio 2023 e altre pertinenti risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni unite. La guerra della Russia minaccia anche la sicurezza globale.

Quante persone quanti eroi hanno sacrificato la loro vita per la libertà del nostro paese e per le persone. Io chiedo a tutti voi, a tutti quelli che ora mi ascoltano di osservare un minuto di silenzio per tutti coloro che sono morti per il nostro paese”

Quel famoso slogan “Perché Sanremo è Sanremo” fu coniato a buone ragione.
Perché non è solo una kermesse musicale, ma anche una bolla sospesa che al suo interno contiene anche costume e società.
È l’unico evento che riesce a tenere in piedi fino a notte fonda (quest’anno si sono fatte tutte le sere le 2 e ieri sera le 3 del mattino) anche gente che di solito alle 22 è già sotto il piumone.
E come ogni santo anno, le polemiche pre-Sanremo tengono banco. I detrattori, i “critici” seriali, quelli che a prescindere devono dire “che non lo vedranno” (salvo poi vederlo senza dirlo) infestano i social, fin quasi a diventare violenti. Noi addetti ai lavori scansiamo le provocazioni costanti e alla fine, tutto è bene quel che finisce bene.
Ma il prodotto nazional popolare regge sempre botta.
Quest’anno lo share si è attestato sul 66% con cifre da record. Oltre 16 milioni di persone ogni sera hanno guardato il Festival di Sanremo che da 10 anni viene trasmesso in mondovisione. Per avere queste cifre bisogna tornare indietro al 1995, quando a condurlo era Pippo Baudo e a vincerlo fu proprio Giorgia con “Come saprei”.
Quest’anno, ho trovato Amadeus particolarmente bravo (oltre che particolarmente stanco). Certo non è e non sarà mai come Pippo Baudo  – che sembrava davvero poter tenere a bada tutto (compreso gente che voleva suicidarsi dalla galleria) – ma alla fine è sempre molto presente, capace anche lui di gestire eventuali imprevisti e comunque resta un bravo presentatore, a prescindere dalla conduzione di Sanremo.
Certo, mi domando quando la conduzione e ancor più il ruolo di direttore artistico apparterrà ad una donna, che sceglierà magari come co-conduttori uomini che abbiamo qualcosa da dire. Perché tante sono state le critiche ai monologhi della Ferragni, della Egonu, della Francini, ma finché non ci sarà un equilibrio, ben vengano parole che lascino alla donna la libertà di essere, anche di essere più brave di un uomo. Ma in quella direzione ancora non si guarda. E a proposito di direzione, pensiamo anche alla direzione dell’orchestra. Quest’anno ce n’è stata solo una, di donna; tra l’altro una straordinaria musicista e cantante quale è Carolina Bubbico che ha diretto durante l’esibizione di Elodie. E sicuramente avrete fatto caso come nella top five della finale non è arrivata nessuna donna e ben vengano le parole di stima del vincitore Marco Mengoni, che dopo la proclamazione rivolge un gentil pensiero alle colleghe donne che sono state bravissime, senza però varcare la soglia dei primi 5 posti in classifica.
Ma torniamo per un attimo all’altro dettaglio che ci mette in contatto con l’anno 1995, l’anno dei record. Quell’anno una giovane Giorgia, vinceva il festival di Sanremo e quel palco le porterà una fortuna immensa. Pippo Baudo per anni ha continuato a dire che “l’aveva scoperta lui” ed era vero. Perché alla fine un direttore artistico di una kermesse musicale deve scoprire talenti. Quest’anno tra tante critiche Giorgia che non mostra mai alcune forma di dissenso, a parole, ha mostrato una sorta di inquietudine sul palco; probabilmente a causa di una canzone che non era proprio sua, non era adeguata per essere “indossata e sfoggiata”. Nel corse delle serate si è sciolta via via, ha addrizzato il tiro e comunque resta una straordinaria cantante che, a differenza del 1995 ha consapevolezza di questo mondo a volte infame, conosce le sue fragilità e le asseconda, senza pretese.
Troppo lungo il Festival quest’anno, si è detto.
Troppe canzoni.
Vero, forse.
Ma se ci pensiamo bene, c’è un perché.
Amadeus ha letteralmente “tirato dentro” un sacco di giovani, che grazie a quel palco oggi sono famosi e non lo erano 5 giorni fa o meglio, non lo erano a livello nazionale, europeo, mondiale e non lo erano presso tutte le fasce d’età. Bisogna dare merito ad Amadeus di essere stato coraggioso e lungimirante. Alcune delle canzoni che abbiamo sentito nelle prime due serate ci sembravano quasi improponibili ed invece pian piano abbiamo scoperto artisti giovani, che hanno qualcosa da dire, che malgrado la giovane età sanno come provocare una reazione anche tra i politici, che hanno anche un malessere che viene lenito solo con la musica e con il canto, anziché con il pianto.
I tempi cambiano e Sanremo si adegua.
E allora ad Amadeus va un grande plauso per aver portato su quel palco Madame, Lazza, Rosa Chemical, Ariete, Olly, Gianmaria, Colla zio. E poi ancora cantanti conosciuti ma sempre in sordina, come Levante, e quelli archiviati in un cassetto come Gianluca Grignani.
In questi giorni spesso mi sono soffermata sulle difficoltà emotive di Grignani, vi basta recuperare gli articoli precedenti.
Ma Amadeus ha fatto anche altro: ha scelto un grandioso Gianni Morandi come compagno di viaggio, che in ottima forma ieri sera, nella serata finale ha fatto uno splendido omaggio a Lucio Dalla.
E poi le “sue donne”. Sue solo per una sera, ma di tutti per sempre.
Perché ognuna di loro è stata in grado di portare su quel palco e nelle case di milioni di persone un messaggio.
E tutti a dire: Ma ce n’era bisogno? Si ce n’era bisogno.
Perché la Ferragni, fino a pochi giorno prima del festival, è stata vittima di un odio violento diretto al suo corpo, alla sua magrezza, con parole così offensive che ha fatto bene a sfruttare la sua notorietà e quel palcoscenico per raccontare attraverso un linguaggio che era anche visivo, che esiste una libertà inviolabile di una donna, ed è quella di essere come le pare, di non doversi mai vergognare di nulla; e lei stessa si è mostrata in maniera provocatoria ma convincente.
Sì c’era bisogno dei monologhi, perché il razzismo esiste, perché il colore della pelle è ancora il motivo principale di razzismo, perché ancora le donne che arrivano a 40 anni e non hanno figli, vengono stigmatizzate come incomplete, incapaci, inutili.
Le polemiche sono sempre dietro l’angolo e dunque tutti lì a dire che però quei monologhi sono andati a notte fonda. Per me l’importante è che siano andati. Perché la strada è ancora lunga e ha bisogno di momenti di riflessione.
Ma Sanremo è show.
E allora ci sta dentro di tutto, e quel tutto ci sta sempre bene.
Dal gesto stupido di Blanco che distrugge il palco durante una esibizione (preparato o meno non si sa), al bacio che ieri sera Rosa Chemical ha dato sulla bocca a Fedez che è stato al gioco. A qualcuno sarà andato di traverso, ma finché farà ancora scalpore un bacio tra uomini (o tra donne) allora vuol dire che anche in questa direzione c’è tanto da fare.
A chi nuoce? Domandiamoci se a noi nuoce quel bacio, se umilia o offende qualcuno.
La risponda non devo suggerirvela.
E poi ci sono stati gli ospiti.
Lontanissimi gli anni in cui su quel palco arrivavano ospiti internazionali: Whitney Huston, David Bowie, Grace Jones, Madonna, i Duran Duran. Nel 95 ad esempio ci furono Ray Charles, Cindy Lauper, Amii Stuart e Sting.
Insomma un po’ diverso da questi ultimi anni e da quest’anno dove a fare gli ospiti è stata la vecchia guardia: Ranieri, Al Bano, i Pooh, Gino Paoli, la Vanoni, Peppino di Capri che ha ricevuto anche il premio alla carriera.
Un po’ amarcord un po’ nostalgia. Ma va bene così.
Ci sono stati anche i Maneskin e ieri sere i Depeche Mode.
Insomma un concentrato di “vecchio” e di nuovissimo.
Perché malgrado le canzoni quest’anno non siano state particolarmente belle, abbiamo assistito a molte belle performance, soprattutto nella serata dei duetti, quando su quel palco sono arrivati artisti straordinari come Edoardo Bennato, Alex Britti.
Si sa, la vittoria di Sanremo è bella ma relativa.
Al netto della partecipazione del vincitore all’Eurovision, alla fine sono le radio e gli streaming a dire chi davvero abbia vinto.
E allora diciamolo: Vince Marco Mengoni, e pure a mani basse.
L’ho scritto in questi giorni, sembrava che gli organizzatori, i produttori, la casa discografica gli avessero detto: “vieni Marco, andiamo a vincere Sanremo”. La bravura, la presenza scenica, una bella canzone, hanno decretato la vittoria. Non a caso a Mengoni è andato anche il premio Giancarlo Bigazzi per la migliore composizione musicale dato dai maestri dell’orchestra. Però la mancata suspense ha giocato il suo ruolo. Lo sapevamo già che avrebbe vinto Mengoni, lo sapevamo dalla prima sera. In fondo, aveva la canzone giusta, e a volte a Sanremo serve, la canzone giusta.
Eppure sono contenta di aver visto esibirsi Madame, Lazza, grande musicista, arrivato ad un passo dalla vittoria e prodotto da un grandioso Dardust, Rosa Chemical che qualcuno ha provato a denigrare, e poi ancora tutti quei giovani ai quali alla fine ci siamo affezionati, i cui pezzi scaricheremo dalle piattaforme e che ci faranno compagnia durante questi mesi a venire.
Erano troppe 28 canzoni?
Forse sì ma alla fine ci è piaciuto.
Siamo stati lì, incollati fino a notte fonda a prendere parte, a schierarci, a scegliere, a dire la nostra e a canticchiare, perché come sempre dal secondo ascolto, le canzoni ci sembrano tutte carine.
È vero, i gusti non si toccano.
Ognuno sceglie per come gli va.
Alla fine Mengoni ha messo d’accordo tutti.
Io personalmente sul podio avrei voluto Madame, insieme a Lazza.
Ma sono sicura che questi ragazzi sapranno farsi strada, con sempre più incisività, ed anche grazie a Sanremo e ad Amadeus che ha ci ha scommesso su e a vincere sono stati tutti loro.
E allora, al netto delle polemiche solite sugli outfit, sulla durata, sul perché di alcune scelte, Sanremo resta la più grande kermesse Italiana nel mondo, la più conosciuta e quella che come per magia, riesce sempre a tenere insieme un paese in 5 giorni in cui non si pensa ad altro se non a vivere con leggerezza la musica.
“Musica leggerissima” cantavano Colapesce e Di Martino, che ieri sera hanno vinto ben due premi speciali, quelli della critica e quello della sala stampa, e che si accingono a stare in testa alle classifiche dei pezzi più ascoltati durante i mesi estivi. Ma io scommetto anche su “Made in Italy” di Rosa Chemical e su “Il bene nel male” di Madame.
Durante il festival non ci si è dimenticati della guerra, o del disastro in Sira e Turchia.
Si è accolta la lettera di Zelensky, il gruppo musicale ucraino al quale si è data anche la parola, e si sono raccolti fondi per i terremotati.
Ma in fondo Sanremo resta una kermesse canora, possibile solo grazie al lavoro di centinaio di persone e di quella straordinaria Orchestra della Rai diretta da Leonardo De Amicis che conta 40 strepitosi maestri che nel corso delle serate suonano circa 90 brani, in maniera impeccabile.
E allora, archiviata anche questa 73esima edizione del Festival di Sanremo, non resta che goderci la musica che ha partorito e si ricomincia a contare i giorni fino alla prossimo anno.
Perché criticato o meno, Sanremo è Sanremo … pararà.

 

 

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Marco Mengoni Vince la 73esima edizione del Festival di Sanremo.

Al 2º posto Lazza

Sul podio anche Mr Rain

4º posto Ultimo

5º posto Tananai

Premio della critica “mia Martini” va a Colapesce e Di Martino con Splash

Premio della sala stampa “Lucio dalla” a Colapesce e di Martino con Splash

Premio Sergio Bardotti come miglior testo a Coma Cose con l’addio

Premio Giancarlo Bigazzi per la migliore composizione va a Marco Mengoni con “due vite”