Andrée Di Foggia ha partecipato al contest In-Tune di Luca Jurman e nella mia intervista dice: “Sogno Sanremo ma non mi piegherò mai alla musica scatoletta”

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Con coraggio e determinazione, sfidando i famosi talent che vanno in Tv, Luca Jurman, mucisista, cantante, arrangiatore, vocal coach, mette in piedi, alla fine di marzo scorso, la prima edizione di In-Tune, contest canoro per cantautori ed interpreti e la manda in onda sul suo canale Twitch. Un’ottima opportunità per giovani artisti, che hanno vinto 5 mila euro per categoria e che hanno accettano di partecipare al contest che nasce per promuovere il talento e le voci senza alcun artefizio sonoro. Da quella bella fucina di studio, scambio culturale ed esibizione, abbiamo scoperto dei giovani talentuosi. Tra essi Andrée Di Foggia, cantautrice, che non ha vinto ma che ha le idee chiare circa il mondo della musica. L’ho intervistata ed è venuta fuori tutta la sua verve e l’anima di chi la musica sa come vestirla e portarla in giro per il mondo.

SS: Andrée dove nasci, quando, in che contesto familiare e cosa fai nella vita.

ADF: Nasco, cresco e tutt’ora vivo in un piccolo paese di campagna, in Toscana, con papà e mamma di origini casertane e due sorelle molto più grandi. Ho dei bellissimi ricordi della mia infanzia. Nella vita frequento il Conservatorio di Firenze studiando canto jazz; nel tempo “libero” mi dedico al mio progetto solista a cui tengo molto; sto curando gli arrangiamenti, la scrittura dei testi e sto preparando il progetto live da portare in giro quest’estate.

SS: Quando capisci che la musica è il tuo mondo, come hai iniziato e come sei poi diventata una cantautrice?

ADF: Sin da piccola ho avuto una forte passione per la musica, quando avevo 2 – 3  anni riproducevo le suonerie dei telefoni dei miei genitori e mi incollavo davanti alla TV ascoltando i programmi radio e cantando le canzoni che davano, che più o meno erano sempre le stesse, e quindi questo facilitava l’apprendimento.
All’età di 8 anni implorai mia mamma di portarmi a lezioni di canto e da quel 15 marzo 2013 non ho più smesso.
Ricordo ancora le prime tre canzoni che provai a lezione: “Hallelujah” di Leonard Cohen, “Listen” di Beyoncé e “Russian roulette” di Rihanna.
Ovviamente questo percorso si è poi evoluto, fino ad oggi, mentre percepisco di essere in continua evoluzione personale giorno dopo giorno. Poi all’età di 14 anni ho iniziato a scrivere le mie prime canzoni, accompagnandomi al pianoforte o alla chitarra.
Ho poi seguito dei corsi di perfezionamento e di songwriting con importanti maestri che mi hanno aiutato a trovare la mia dimensione, il mio linguaggio e il mio stile. Quindi si può dire che sono diventata cantautrice col tempo.
Non penso che basti scrivere una canzone per definirsi cantautori, considerando che attribuiamo questa parola a Lucio Dalla, Pino Daniele e Lucio Battisti; però penso che il percorso di crescita e di conoscenza di noi stessi aiuti molto la consapevolezza che un’artista o cantautore deve conoscere di sé per poterla poi donare agli altri; è come un messaggio che solo lui sa esprimere, in quel preciso modo, ed è in quel messaggio che poi gli ascoltatore si riconoscono.

SS: Quanto è importante lo studio per essere una musicista, una cantante?

ADF: Tantissimo. Penso che un’artista debba – prima o poi – imparare a sentirsi autonomo. La tecnica in primis … e poi si impara a produrre le proprie canzoni con tutti quegli accorgimenti come saper editare i video delle proprie canzoni o delle cover. Bisogna ascoltare tanta tanta musica, bisogna conoscere, documentarsi e non in ultimo, bisogna sapersi accompagnare con uno strumento (questo fondamentale), perché sennò si incontrano infinite limitazioni nel percorso e la limitazione uccide l’ispirazione; pertanto invece di favorirne il processo artistico e musicale è come se lo rallentasse.

SS: In che direzione va, la tua musica? Ci sono delle sfumature, un genere, degli accenti che la caratterizzano?

ADF: Certo, la mia musica devo dire che prende delle pieghe molto particolari, a discrezione di ciò che sento in quel momento e dei tanti pensieri o credi che posso avere in quel periodo. Per esempio, “Savana”, la mia prima canzone già pubblicata, è stata scritta di sera, mentre sentivo di avere di getto una grande ispirazione però non a caso. Era un periodo nel quale mi stavo avvicinando alla musica afro, tribale e in generale tutto ciò che appare sotto la denominazione di “musica africana”, ascoltando questa musica ho iniziato a percepirla come radice, e da lì è arrivato il pensiero che mi sussurrava che siamo tutti figli dell’Africa, proveniamo da lì e tutti abbiamo le nostre radici là, e quindi ho voluto scriverci una canzone.
In generale, i generi a cui mi sento più vicina sono il bossanova, il Latin Jazz, Il tribale e tutta la musica africana, motivo per il quale studio jazz, che appunto deriva da lì.

SS: Qual è la tua opinione sulla musica contemporanea, quella che ormai gravita quasi solo su Spotify, quella intrisa per la maggior parte di autotune?

ADF: Risponderò a questa domanda senza peli sulla lingua, perché ci vuole tanta sincerità su questo argomento: Penso che ci siamo un po’ tutti adeguati e adagiati alla comodità della musica “scatoletta”, così ho sentito chiamarla e così mi piace definirla, perché è musica secondo me priva di emozione, senza nessun tipo di ricerca, tant’è che spesso le progressioni armoniche e le melodie si confondono facilmente tra loro.
Il fatto è che ricorrere a effetti come l’autotune (personalmente è una cosa che non posso sopportare) cambia proprio le caratteristiche della voce, che risultano artificiali e personalmente, un cantante che lavora sodo per esserlo e studia ogni giorno, non penso e non credo debba ricorrere a questi espedienti.
Penso anche che sia una fase e che probabilmente tra un po’ inizierà ad uscire di nuovo bella musica. Già dall’ultimo Sanremo abbiamo visto una bella scalata di cantautori, anche se poi in radio magari girano più quelle canzoni che simboleggiano il tormentone o la hit estiva.
Detto ciò, io in macchina preferisco quasi sempre ascoltare o un CD di Pino Daniele, o qualche radio con musica anni 70/80, che mi regala delle vere emozioni.

SS: Ormai è disputa sul significato di autotune. Se lo domando a te, cosa mi rispondi? Lo hai mai usato?

Allora, non l’ho mai usato sulla mia voce, ma è capitato un evento molto divertente ultimamente, dove stavo lavorando a una collaborazione con un mio caro amico, e aveva lui in mano tutta la produzione della canzone e non mi sono fatta problemi, sarà che gli è venuto di istinto, mentre sistemava un po’ di cose, mi ha messo alla voce un goccio di un effetto simile all’autotune, quando poi mi ha mandato la canzone, gli ho chiesto subito di togliermelo, mi era preso come un schizzo di nervi a sentire la mia voce con l’autotune, ci ha fatto molto ridere questo momento, ma è stata anche un’esperienza! (sorride)

SS: Hai deciso di partecipare al contest organizzato da Luca Jurman In-tune. Conoscevi già il maestro,  la sua battaglia? Cosa ti aspettavi dalla partecipazione a quel contest? Cosa hai portato a casa come esperienza umana e professionale?

ADF: Certo, sì, lo conoscevo già. Da piccola ero una grande fan di “Amici” e lì conobbi Luca Jurman in quanto Vocal Coach incredibile; e poi da grande mi sono documentata sul suo percorso di studi e su tutte le belle cose che aveva fatto, tra cui frequentare la Berklee, una scuola meravigliosa, il sogno di tutti i cantanti.
Quando venni a conoscenza della sua battaglia lo stimai ancora di più perché ero completamente d’accordo ed è anche per questo che ho smesso di seguire il programma, perché come ho detto prima, si incita alla creazione della musica “scatoletta” e a una carriera che nel migliore dei casi dura per 12/13 mesi e poi va a scemare, come abbiamo visto dai recenti vincitori e non.
Non sapevo cosa aspettarmi dal contest “IN-TUNE”; ero molto incredula quando ho scoperto di dover andare a Milano per la semifinale ed ero veramente emozionata! Mi sono preoccupata per ogni minima piccolezza!
Quando poi sono andata lì, ho conosciuto dei ragazzi stupendi, Matteo e Daniele, che anche loro sono stati altrettanto stupendi; e poi Chiara Blue, che in quanto cantautrice ci ha fatto fare una masterclass sulla scrittura e sul peso delle parole, che è stata veramente bella e utile e poi Luca, che anche lì, ci ha dato un sacco di bellissime e importanti nozioni per chi vuole affrontare una carriera come questa. Ho portato a casa tantissime belle cose, spunti di riflessione e esperienze.

SS: La canzone che hai portato al contest, “Boheme” l’ho sentita cantare  anche con una orchestra. Quando e in che contesto è stata realizzata?

ADF: Sì, l’ho portata anche in finale a Percoto Canta 2023, un Contest a cui ho partecipato a Udine, che si è rivelato anche quello un bellissimo contest pieno di belle persone e sincerità e sì, in finale si aveva l’occasione di cantare un brano inedito e una cover con l’orchestra, e in quella occasione scelsi “Boheme” come brano inedito.

SS: Premi vinti?

ADF: Sì, per l’appunto Percoto Canta, l’anno scorso, sono arrivata seconda e ho vinto una borsa di studio, poi ci sono altri concorsi più piccoli che ho vinto, ma la soddisfazione più grande è stata appunto a Percoto l’anno scorso.

SS: Hai mai provato con quelli più famosi che vanno in Tv?

ADF: No, sebbene ci siano tantissime persone intorno a me che mi fanno sempre la fatidica domanda: ”perché non vai anche tu in Tv?” Ed io rispondo sempre che non penso un contesto come quello possa valorizzarmi, ed io non mi sento valorizzata per i motivi che ho detto prima, vorrei per la mia musica un tipo di percorso diverso.

SS: Come nascono le tue canzoni? Prima la musica e poi le parole? Qual è la destinazione della tua musica? O meglio quale destinazione sogni per la tua musica?

ADF: In generale prima le parole, mi piace dare tanto spazio al testo e alla storia (come un bravo cantautore comanda) – sorride –
Però anche l’aspetto della musica è importante, e di questo sono molto felice perché con il conservatorio, studiando armonia, sto imparando tante cose che prima non sapevo dal punto di vista tecnico e sono certa che questo mi aiuterà nella stesura delle prossime canzoni.

SS: È vero che un cantautore si debba ispirare al contesto socio-culturale in cui si trova o basta una esperienza personale? Ci sono musicisti, cantanti o cantautori ai quali ti sei ispirata?

ADF: Io penso sia fondamentale ispirarsi al proprio contesto, sia sociale che culturale, io sono innamorata da sempre di Pino Daniele e penso che lui sia nella rosa dei cantautori italiani che hanno fatto in assoluto più denuncia sociale. Pino raccontava la Napoli degli anni 80, i parcheggiatori abusivi, la camorra e tutto ciò che non andava detto; lui lo scriveva e ci cantava su. Io amo il suo coraggio e il suo modo di denunciare tutto ciò che non va.
Poi … per questo l’autore ha ampia scelta, per esempio c’è chi scrive i testi delle canzoni basandosi sulla pura fantasia, o immedesimandosi in altre situazioni non proprie, o chi come me si ispira alle esperienze personali.
A volte ho scritto qualcosa anche sul contesto socio-culturale che ho vissuto, ma quelle sono canzoni ancora nel cassetto.

SS: Sogni un palco come Sanremo?

ADF: Ebbene sì, Sanremo è il mio grande sogno. La settimana in cui c’è Sanremo dormo 5 ore per notte e rimango incollata alla TV anche durante la pubblicità perché adoro Sanremo, e sarà sempre il mio grande sogno; spero un giorno di andarci.

SS: Come si svolge la tua giornata tipo?

ADF: Mi sveglio e faccio colazione rigorosamente con i cereali al cioccolato (sennò non mi sveglio proprio), corro a prendere il treno e vado al conservatorio, pausa pranzo, in genere ho lezione anche dopo pranzo, verso le 3 prendo il treno e torno a casa e mi preparo per andare a dare lezione di canto ai ragazzi, torno la sera a casa, ceno, se ho tempo mi metto ad arrangiare qualche pezzo oppure a sistemare qualche produzione, leggo un libro e vado a letto.

SS: Questo mondo è lastricato di compromessi, cosa saresti disposta ad accettare pur di arrivare lì dove ti sei prefissata?

ADF: Bella domanda. Sicuramente non rinuncerei mai a cantare ed esprimermi in un modo diverso da come sono, quindi mai vorrei sentirmi un’artista confezionata con la canzone scatoletta che gira in radio; preferisco fare la gavetta e farmi conoscere poco a poco ma per quella che sono e per la musica che voglio portare; tanto meno rinuncerei alla mia immagine autentica. Vedo che nelle artiste donne c’è tanto la ricerca di una apparenza estetica, che ovviamente per quanto riguarda la salute, l’agilità vocale e l’agilità fisica ovviamente è giusto, ma per quanto riguarda l’abbigliamento ( il tipo di vestito scollato, piuttosto che il tacco 12) è una cosa che non mi appartiene e so che limiterebbe il mio essere artista che sta cercando di trasmettere qualcosa.
Dall’altro lato, sono aperta a ogni tipo di esperienza, mi piace tanto imparare dalle cose nuove, e sono disposta a accettare ogni sfida, ma come artista.
Ho recentemente partecipato a un convegno sul tema delle carceri; lì ho scritto una canzone basandomi sulla storia di un libro di un ex-detenuta, con una storia bellissima, e anche da lì per esempio ho imparato tantissimo.

SS: Prossimo traguardo?

SDF: Sto lavorando a qualche canzone da far uscire nei prossimi mesi, e ci sono dei bei progetti in arrivo, sempre però concentrandomi su ciò che adesso è la mia priorità, quindi sullo studio e sul conservatorio.

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