Maggio 2022 - Pagina 44 di 58 - Sicilia 24h
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Sono 2.288 i nuovi casi di Covid19 registrati a fronte di 16.929 tamponi processati in Sicilia. Il giorno precedente i nuovi positivi erano 2.771. Il tasso di positività scende al 13,5%. La Sicilia è al quinto posto per contagi fra le regioni italiane. Gli attuali positivi sono 113.164 con un aumento di 404 casi. I guariti sono 2.299 mentre le vittime sono 9 e portano il totale dei decessi a 10.697. Sul fronte ospedaliero i ricoverati sono 754, in terapia intensiva sono 40.

Questa la situazione nei Comuni capoluogo: Palermo 573 casi, Catania 537, Messina 528, Siracusa 240, Trapani 229, Ragusa 213, Caltanissetta 146, Agrigento 216, Enna 30

“Non ho mai usato questi toni nei loro confronti. Certi toni non mi appartengono”.

Così a LaPresse il presidente dell’Ars e coordinatore di Forza Italia in Sicilia, Gianfranco Micciché, che smentisce l’intervista rilasciata al quotidiano ‘La Stampa’.

Per chiarire la questione il coordinatore di Forza Italia in Sicilia ha chiamato sia il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa che il governatore Nello Musumeci.

“Accolgo di buon grado la completa smentita di Gianfranco Miccichè che mi ha telefonato per scusarsi di dichiarazioni che il quotidiano La Stampa gli attribuisce, in cui come disperata arma finale, attacca Musumeci, me e addirittura Giorgia Meloni con la vetusta accusa di fascismo tanto cara alla estrema sinistra orfana del comunismo. Sono certo che Gianfranco è stato travisato, infatti nessun esponente politico cosciente e non disturbato potrebbe sottoscrivere quel testo contrario ad ogni logica umana e politica”.

Lo dice il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa riferendosi all’intervista del leader siciliano di Forza Italia al quotidiano La Stampa in cui tra l’altro gli viene attribuita la frase: Meloni “da fascista qual è si è accodata a La Russa fascista siciliano come Musumeci”.

“Il Presidente dell’Assemblea è incompatibile con ruolo che svolge, che impone sobrietà, equilibrio e senso delle Istituzioni, l’ho detto e continuerò a dirlo in ogni sede, e questo nell’interesse della Sicilia e dei siciliani. Quel che accade oggi determina un punto di non ritorno”.

Al termine della conferenza stampa di ieri mattina per congedarsi e stilare un bilancio dei cinque anni di amministrazione, il sindaco Francesca Valenti ha diffuso una lettera ai cittadini e alla città che pubblichiamo nella sua versione integrale a beneficio dei nostri lettori:

“Cari concittadini,

questi lunghissimi cinque anni di mandato volgono al termine e per me è giunto il momento di lasciare la guida di Sciacca.

E’ stato un onore e considero un privilegio essere stata Sindaco di questa città, dove per amore ho deciso di vivere, di lavorare, di far crescere i miei figli.

Sono stati anni intensi e difficili che mi hanno segnato e che non potrò sicuramente dimenticare.

Ho affrontato – con forza, con coraggio, con determinazione, con serietà – le sfide inimmaginabili che eventi tristi mi hanno imposto: lutti, uccisione di randagi, alluvioni, incendi, crolli e, in ultimo, la pandemia da Covid-19.

Lunghe notti insonni e difficili decisioni da prendere in una costante corsa ad ostacoli e contro il tempo.

Ho lavorato con abnegazione, con compostezza, con sobrietà, con spirito di servizio, con senso di responsabilità per provare a raggiungere gli obiettivi che mi ero prefissata: il risanamento dei conti pubblici; l’equità fiscale; il superamento del precariato dei dipendenti comunali; l’ammodernamento e il ricambio della burocrazia; la trasparenza contro ogni forma di corruzione; la gestione pubblica dell’acqua; l’adozione del PRG; la tutela dei diversamente abili e dei più fragili; la realizzazione di opere pubbliche; l’intercettazione di finanziamenti; la tutela del verde pubblico; l’attenzione per i bambini; il riconoscimento del valore dello sport; la tutela del patrimonio librario; la centralità della cultura; la promozione della ceramica, del corallo e dei prodotti tipici locali; la promozione turistica; la valorizzazione del Carnevale; la sinergia con i Comuni del comprensorio; la tutela dell’ambiente; il potenziamento del servizio rifiuti; le infrastrutture del comparto pesca; ecc…

Sciacca è stata più volte al centro della scena: Dolce & Gabbana, Incastrati, Sicilian Holidays, FerdinanDea,…

Questi e altri obiettivi sono stati raggiunti, sia pure con fatica, sia pure lentamente, sia pure senza visibilità mediatica, sia pure senza boria e senza vanto.

Questi e altri obiettivi sono stati raggiunti nonostante la forte contrapposizione politica, l’ostilità esasperata, gli attacchi spesso gratuiti. Ho subito pressioni, spintoni, ricatti politici ai quali non mi sono mai piegata e che non mi hanno mai impedito di continuare a testa alta, forte della dignità di una persona libera e forte dei valori in cui credo fermamente: uguaglianza, legalità, trasparenza, onestà.

Altri obiettivi non sono stati raggiunti e non posso nascondere il rammarico per ciò che non sono riuscita a fare.

Vi ringrazio tutti. Ringrazio i cittadini che mi apprezzano e mi testimoniano stima, vicinanza e affetto. Ma ringrazio anche i cittadini che mi giudicano e mi condannano. Le nostre vite si sono incrociate e abbiamo percorso insieme, ciascuno nel proprio ruolo, un tratto della storia della nostra città di Sciacca, la città più bella del mondo”.

Francesca Valenti

Il 34enne saccense, assistito dall’avvocato Accursio Piro, è stato condannato per lesioni personali semplici, atti osceni ed evasione. I giudici della Corte di Appello di Palermo hanno riconosciuto l’incapacità parziale. dall’avvocato Accursio Piro

Fu la Polizia di Stato del Commissariato di Sciacca a condurre le investigazioni. Per gli inquirenti, il saccense avrebbe conosciuto su Facebook una donna residente nel centro Italia. Alla donna si sarebbe presentato come lavoratore offrendo anche possibilità di ospitarla per un certo periodo nel corso del quale, magari, sarebbe potuta nascere una storia d’amore con lei.

Ma passarono pochi giorni e la donna avrebbe scoperto di avere a che fare con tipo assai diverso. Secondo gli inquirenti, il saccense avrebbe tentato di usarle violenza e l’avrebbe chiusa a chiave nel suo appartamento. La donna sarebbe riuscita ad avvisare il fratello che si è rivolto alle forze dell’ordine. La donna al processo si è costituita parte civile, assistita dall’avvocato Maurizio Gaudio.

Il processo che si è svolto nel 2017 ha riguardato anche altri fatti contestati al saccense. Atti osceni per i quali il saccense è stato assolto. La Corte di Appello ha confermato l’assoluzione anche per il reato di danneggiamento che veniva pure contestato al saccense.

Le fiamme si sono propagate dopo un incidente. Ferito in modo non grave il conducente, un imprenditore castelvetranese A. C. di 53 anni, trasportato all’ospedale di Castelvetrano. Il conducente ha avuto la forza di scendere dall’auto prima che le fiamme si sprigionassero. La Poresche è stata completamente distrutta dalle fiamme. Sulla strada non c’erano altre vetture in transito. A causa dell’incidente si è creata una lunga coda di auto in direzione.

Fonte Castelvetrano News

L’ordinanza è stata emessa dall’ufficio di sorveglianza del tribunale di Agrigento. I carabinieri di Campobella di Licata lo hanno preso e riportato nel carcere di Noto.

Si tratta di Paolo D’Auria, disoccupato di 63 anni, il quale non ha rispettato l’affidamento in prova ai servizi sociali. L’ufficio di sorveglianza, infatti, ha così scritto: “Reiterate violazioni alle prescrizioni dell’affidamento in prova ai servizi sociali”.

Il provvedimento del tribunale è stato emesso in sostituzione della misura alternativa, già in atto, dell’affidamento in prova ai Servizi sociali. Una volta notificato il provvedimento dell’ufficio di Sorveglianza al campobellese, i carabinieri della stazione cittadina lo hanno poi trasferito nel Siracusano e collocato – così per come disposto dall’autorità giudiziaria – nella casa circondariale di Noto.

 

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Sono stati identificati i protagonisti di una rissa scoppiata, per futili motivi, lo scorso 16 aprile, nei pressi di un bar, lungo la strada statale 115, in territorio di Porto Empedocle. Si tratta di un trentaduenne, di un quarantaquattrenne, e un quarantatreenne.

I tre sono disoccupati, e a parte il primo, gli altri due hanno precedenti di polizia. Sono stati denunciati, in stato di libertà, alla Procura della Repubblica di Agrigento, per l’ipotesi di reato di rissa.

Dopo alcune indagini a individuare i tre agrigentini sono stati i carabinieri della Stazione di Porto Empedocle. Non è escluso che l’episodio possa nascondere questioni personali, e privati, e che i tre avessero un appuntamento chiarificatore.

“Musumeci? Mai più. Guardi…”.

Lo ha detto, in un’intervista al quotidiano La Stampa, Gianfranco Miccichè, coordinatore di Forza Italia in Sicilia e presidente dell’Ars. “Cinque anni fa subimmo un’imposizione. Ma a condizione che non si ricandidasse”. “Cinque anni a rompere la m….. Ha trasformato i nostri assessori in ascari. A me ne ha tolti tre su quattro…”.

“Musumeci odia partiti, parlamento, stampa. ‘Di lei si occuperanno ben altri palazzì, ha detto a un deputato dell’opposizione. D’altronde è coerente: lui è pur sempre un fascista catanese”. “Palermo è troppo nobile e intellettuale per il fascismo”. Secondo il presidente del parlamento Siciliano Musumeci non lo vogliono neanche i centristi: “Cuffaro e Lombardo sono pronti ad andare con il Pd, se c’è Musumeci”. E…non lo vogliono “nemmeno quelli di Fratelli d’Italia! Siamo tutti matti?”.

Meloni però lo difende. “Da fascista qual è, si è accodata a La Russa, fascista siciliano come Musumeci”. L’accordo sul Comune (di Palermo, ndr) è il viatico per la Regione? “Macchè. Berlusconi mi ha detto: fai la mossa del cavallo e chiudi sul Comune sul loro candidato. Fatto, fregandocene della signora Meloni che ci vuole distruggere tutti. Ma Musumeci non passerà. Mai”. E se Meloni andasse da sola? “E’ fortissima, ma qui non si fanno colpi di mano. Vuole diventare il capo della Destra europea dopo la Le Pen, trattando con quella americana. L’ho vista a Milano. Io ero a Fiuggi nel ’95. Una vera svolta. Fini era più avanti di lei oggi…”. Meloni vuole prendersi la sicilia per poi prendersi l’Italia? “Per prendere la Sicilia servo io”. Come finirà? “La mia sensazione? Lei vuole rompere con il Centrodestra: sapendo che il Premier non lo farà mai, preferisce stare da sola all’opposizione come ora…”.

ITALPRESS (PALERMO)

Ultima giornata di Pool Salvezza da pazzi. Un sabato pallavolisto vietato ai malati di cuore culminato con un risultato che in pochi credevano alla vigilia: la Seap Dalli Cardillo Aragona conquista la permanenza in A2 grazie alla vittoria casalinga in prima serata contro il Modica per 3-1 e grazie, soprattutto, alle concomitanti sconfitte nel primo pomeriggio del Club Italia Milano in casa contro il Marsala e del Sant’Elia sul campo del Vicenza. Incredibile, ma è tutto vero: un sabato perfetto, indimenticabile che entra di diritto nella breve ma intensa storia della Pallavolo Aragona. È festa al PalaMoncada per un traguardo sognato, sperato e raggiunto con grande sacrificio, umiltà, determinazione e una Pool Salvezza giocata in maniera quasi perfetta. Le aragonesi ci hanno creduto e alla fine hanno gioito, hanno pianto, consapevoli di aver compiuto un autentico miracolo sportivo.
Contro il già retrocesso Modica, la Seap Dalli Cardillo Aragona è partita contratta, disorientata, commettendo parecchi errori. La tensione ha giocato un brutto scherzo al sestetto di casa, incapace di tenere testa alle avversarie. Sapere di essere le artefici del proprio destino ha praticamente ammorbidito le braccia di Caracuta e compagne, che hanno perso malamente il primo set, 21-25. Poi il sestetto di Giangrossi si sveglia e inizia tutta un’altra partita. Il pubblico di casa dà una grossa mano di aiuto e la partita cambia padrona. La Seap Dalli Cardillo Aragona mura e attacca con alte percentuali, serve con precisione e potenza, difende con il coltello fra i denti ed il Modica cede di schianto. Tutti i parziali certificano il predominio aragonese: 8-4, 16-12, 21-18. Qualche brivido nel finale, ma il “pari set” è servito: 25-22. La battaglia prosegue nel terzo set ed è ancora dominio delle ragazze di casa: 8-7 e 16-11. Il Modica non riesce a tenere il passo indiavolato della Seap Dalli Cardillo Aragona che sbaglia il minimo sindacale: 21-15. Tutto gira alla perfezione in casa Aragona ed è sorpasso nel conto dei set: 25-19.
Il quarto set, il più importante della stagione, inizia nel segno dell’equilibrio. Si gioca punto a punto fino al 5-4. Il tie-break penalizzerebbe la Seap Dalli Cardillo Aragona che per salvarsi deve conquistare l’intera posta in palio. E allora il derby siciliano torna prepotentemente in mano alle padrone di casa che buttano il cuore oltre l’ostacolo. Grinta e tecnica consentono alla Seap Dalli Cardillo Aragona di confezionare l’allungo decisivo, il più bello e importante della stagione: 16-10. Il finale è pura poesia per i tifosi di casa. Aragona corre verso il traguardo della permanenza in A2 senza grosse difficoltà e capitan Caracuta firma la straordinaria salvezza mettendo a terra il pallone del 25-16, che “vale come la conquista dello scudetto”, dirà a fine gara l’ex palleggiatrice della nazionale italiana.
A fine gara la società della Seap Dalli Cardillo Aragona ha premiato la migliore in campo e la migliore top scorer del match, grazie alla fattiva collaborazione degli sponsor CVA di Canicattì e Blanco Azienda Dolciaria di Niscemi. Il premio Top Scorer del match CVA Canicattì, con il prestigioso vino Centuno in versione magnum, è andato alla schiacciatrice del Modica, Marika Longobardi, mentre il premio MVP, miglior giocatrice del derby, “Dolcemente Blanco”, la confezione di gustosissimi dolci di produzione artigianale, è stato vinto dal libero della Seap Dalli Cardillo Aragona, Federica Vittorio Entrambi i riconoscimenti sono stati consegnati dalla docente del liceo classico Empedocle di Agrigento, Annalisa Gibilaro, moglie di Sergio Vella dell’azienda Seap, main sponsor della Pallavolo Aragona.

Poche volte accade che un film che tratti eventi realmente accaduti sappia colpire emotivamente in maniera così profonda lo spettatore, che vorrebbe che quelle immagini fossero solo un film. Ed invece “Gli Stati Uniti contro Billie Holiday” non è solo un film è uno spaccato autentico e toccante della vita di un’artista straordinaria, di colei che fu una delle voci jazz più belle di sempre, forse l’unica davvero inimitabile, ed è per questo che l’interpretazione di Andra Day -al suo debutto cinematografico che le ha portato però una nomination all’Oscar come migliore attrice e un Golden Globe – risulta essere estremamente coinvolgente. Per quel ruolo la Day, non ha dovuto solo studiare ogni movenza ed espressione (non solo canora) della grande artista, ma anche “cambiarsi i connotati” con un significativo dimagrimento e iniziando a bere e fumare, per provare ad incarnare nella maniera migliore possibile (cosa riuscitissima anche grazie a trucco, parrucco e outfit) colei che visse una vita che le diede fama internazionale, ma anche una immensa dose di dolore e che fu vittima di una vera e propria persecuzione da parte del Governo americano che per mano della sezione narcotici dell’FBI, ha provato fino alla sua morte, a distruggere ogni suo tentativo di utilizzare la sua notorietà per risvegliare le coscienze, per difendere i diritti del suo popolo, per denunciare i linciaggi ai danni della comunità dei neri nel Sud degli Stati Uniti.
E questo lo faceva attraverso ciò che meglio le riusciva ossia cantare e in quel suo famoso quanto censurato pezzo, Strange Fruit, pezzo scritto nel 1939 da un insegnante del Bronx, che raccontava proprio dell’impiccagione, nella metafora di strani frutti, con sangue sulle foglie e sulle radici, appesi agli alberi di pioppo.
Questa immagine viene evocata nel film di Lee Daniels, come se fosse un momento onirico, e vede una Billie Holiday sconvolta e in preda alla disperazione. È questa però una delle scene che sembrano slegate da tutto il resto.
Quasi tutta la vita artistica della strepitosa cantante gira intorno a quella canzone, che lei inserisce nei suoi concerti, quelli dove i neri e i bianchi la considerano una vera star, quelli che la osannano, che la fanno sentire importante, come forse mai si era sentita, considerata la vita difficile e assurda che il destino le aveva riservato fin quando non è giunta la notorietà. Ma anche quel momento della sua esistenza, è destinato ad essere una continua lotta contro chi la vuole distruggere, affossare, annientare.
L’Fbi finisce per infiltrare i suoi uomini, neri, quelli che mai avrebbero potuto salire le scale del ruolo di comando ma che erano ideali per essere le pedine che fanno il lavoro sporco, con l’unico scopo di fermare Lady Day e la sua canzone di denuncia. E l’avrebbero fermata a qualunque costo, compreso usando letteralmente la sua dipendenza dalla droga.
Sarà l’agente federale Fletcher (Trevante Rhodes) ad incastrarla prima e ad innamorarsene poi. Ma Billie Holiday non riesce a godere dell’amore, pensa di non meritarlo, usa il sesso come merce di scambio, così come aveva fatto sin da bambina nei bordelli. Si fa usare, picchiare, annientare e questo dolore e questo suo modo di vivere il confronto con l’altro sesso lo canta anche nelle sue canzoni. Anche quel tipo di rapporto è tossico.  E Andra Day è capace di rendere percepibile tutta la malinconia e la tristezza di quel personaggio così eccessivo, sensuale e sfrontato, è in grado di far pulsare il corpo e la mente di Billie Holiday, da gran diva sui palcoscenici di tutto il mondo, a quando si spoglia nuda per evitare una perquisizione, dalle innumerevoli scene in cui viene mostrata una Lady Day che si droga perché senza l’eroina proprio non sapeva vivere, alla forza del suo essere, che la pellicola riesce a consegnare al pubblico.
Lee Daniels fa però un lavoro “troppo pulito”, quasi didascalico, sorretto però da una fotografia impeccabile e ben curata. Ed usa anche il suo linguaggio, usa “il gergo”, senza piegarsi a tutti i costi ai canoni holliwoodiani. Eppure riesce a raccontarla e a renderla immortale proprio in quel suo essere incapace di un equilibrio personale ma capace di brillare come nessuna mai. La struttura narrativa semplice, considerato che narra di uno specifico spaccato della vita dell’artista, avrebbe potuto aiutare il regista a spingersi un po’ oltre, dentro il personaggio, ed invece insiste molto su palcoscenici, su camerini, sulla droga.
Chi non conosce la storia di Billie Holiday, non sarà in grado di notare come il ruolo di Lester Young (Prez) – che nella vita vera fu non solo un musicista stratosferico ma che ebbe un rapporto empatico e quasi viscerale con Lady Day (fu lui a darle quel soprannome) – è relegato ad amico e musicista che la segue sul palco. Un misero accenno poi viene fatto al passato di Billie Holiday, quando invece un film così lungo (130 minuti) avrebbe potuto utilizzare le anacronie, nello specifico della analessi per far comprendere il motivo di alcune scelte, di alcuni sentimenti, di alcune disperazioni. Ma questo nel film non avviene, si limita ad incentrare la storia cinematografica sulla persecuzione ai danni di Billie Holiday. Il regista si aiuta anche con delle immagini di repertorio, ma lascia che sia la voce originale, meravigliosa e prorompente di Andra Day ad incantare, da sopra quel palco cinematografico, lasciando che lo spettatore venga letteralmente investito da tanta bravura. E se anche conoscendo ogni sfumatura della voce di Lady Day, che aveva quella capacità di rendere sublime quel suo originalissimo “naturale lamento” mentre cantava, si fa fatica a pensare che qualcuna possa imitarla, il pathos è così imponente guardando il film, che se si chiudono gli occhi si finisce dritti dritti in uno dei locali dove era solita cantare. E allora capolavori come All of me, Solitude, Them There Eye, prendono respiro e lì ci si arrende.
C’è una difficoltà a raccontare i personaggi che ruotano intorno alla figura di Billie Holiday.
Però c’è da dire che ci voleva il regista nero statunitense Lee Daniels a riportare l’attenzione su un’artista che non ebbe mai abbastanza rilievo.
Non si rimane indifferenti davanti a scene che sono state ben costruite, come quando Billie Holiday esce con un cappotto e sotto solo una guepiere per andare a cercarsi una dose, e ci si indigna quando un inserviente nero le proibisce di accedere ad un ascensore solo perché nera.
Un film da vedere a prescindere se si è o meno appassionati di jazz. Certo, si fa fatica, se si ama visceralmente Billie Holiday e si è compreso, attraverso la sua musica e il suo modo di cantare, quello struggimento, che ha bisogno solo di orecchi e cuore.

Strange Fruit fu canzone dell’anno nel 1978, ma ad oggi ancora negli Stati Uniti non esiste una legge contro il linciaggio dei neri.