Mafia, non c’è pace per la memoria delle vittime. Giovanni Brusca ci riprova con i domiciliari

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Giovanni Brusca, in arte “lo scannacristiani”,  mafioso di seconda generazione, è stato uno degli esponenti di spicco di Cosa Nostra.
Ricordato dalla cronaca per la sua efferatezza e crudeltà.  Il Brusca si è reso responsabile di oltre 100 omicidi, ed è stato condannato all’ergastolo prima, e convertita in 30 anni dopo, per la sua collaborazione con giustizia, oggi detenuto presso il carcere romano di Rebibbia.
Il mafioso, oggi pentito, fu arrestato il 20 maggio 1996 ad Agrigento. Da allora ha trascorso 22anni in carcere, usufruendo di 80 permessi premio.
Dal 2002, l’ormai ex boss di Cosa Nostra tenta la strada degli arresti domiciliari, in una località protetta, l’ultima istanza in ordine di tempo nel 2018 quando la Procura Nazionale Antimafia non lo considerò “ravveduto”.
Questa volta, nel 2019, qualcosa è cambiato, la Procura Nazionale Antimafia ha dato esito positivo, considerando Giovanni Brusca “ravveduto”! Di parere contrario rimane  la Procura Generale della Cassazione che ribatte il NO categorico e tassativo. Adesso la parola è passata alla Corte di Cassazione che emetterà il suo verdetto, atteso per domani 8 ottobre.

Il killer Giovanni Brusca è stato condannato tra le altre: per la strage di Capaci dove perse la vita il giudice Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro; per il rapimento del piccolo Giuseppe Di Matteo, ucciso barbaramente e sciolto nell’acido con l’unico obbiettivo di fare tacere il padre Santino ex mafioso e collaboratore di giustizia.

La fine pena per Giovanni Brusca è prevista per il 2022.

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