Maggio 2023 - Pagina 30 di 42 - Sicilia 24h
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A Palermo ha confessato il delitto Giuseppe La Corte, 77 anni, responsabile ieri mattina dell’omicidio a colpi di fucile di Aleandro Guadagna, 31 anni, muratore, padre di 3 figli. Nel corso dell’interrogatorio La Corte, residente a San Martino delle Scale, frazione di Monreale, ha spiegato di avere avuto dissidi con Guadagna dal 2015, da quando gli ha affittato una casa: pagamenti a singhiozzo e arretrati di diverse mensilità. La Corte ieri mattina ha scritto un sms al figlio.

“Vado a risolvere la questione degli affitti”. Gli si contesta il reato di omicidio aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione.

Se ne è andato Gioacchino Lanza Tomasi, musicologo, uomo colto. Un protagonista. Ne ha dato notizia l’ex sindaco di Agrigento, Calogero Firetto, che lo aveva incontrato più volte in passato quando occupava la poltrona più alta di Palazzo dei Giganti.
Gioacchino Lanza Tomasi era figlio adottivo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
“Nella sua bella casa palermitana – ricorda Firetto – ho avuto occasione di essere suo ospite, ore di lunghissime e instacabili conversazioni. Nel piano nobile con affaccio sul mare, custodiva il celebre Manoscritto. Stare davanti a quelle pagine era una indicibile emozione. Tutti abbiamo letto almeno una volta il Gattopardo che è storia, pensiero e genetica del popolo siciliano”.

Un detenuto di nazionalità russa è deceduto all’ospedale Muscatello di Augusta. La morte sarebbe legata allo sciopero della fame che l’uomo, recluso nel carcere di Augusta, ha attuato per ottenere l’estradizione in Russia. La segreteria provinciale del Sippe, sindacato di Polizia penitenziaria, commenta: “Apprendiamo con rammarico di queste disgrazie che dimostrano come il lavoro del poliziotto penitenziario è unico, delicato e particolare. E come tale deve essere considerato. Purtroppo non sempre è così. Ci troviamo di fronte a una situazione insostenibile. Anche perché abbiamo saputo che nel mese di aprile scorso un altro detenuto originario di Gela che stava facendo lo sciopero della fame è deceduto. Ma non abbiamo avuto altre notizie in merito. E’ una continua emergenza”.

Sabato 13 maggio alle ore 18,00 l’associazione Carpe Diem ospiterà Mari Albanese che presenterà il suo libro (scritto con Angelo Sicilia) dal titolo: “Io, Felicia – conversazioni con la madre di Peppino Impastato” con letture a cura di mentre Luana Rondinelli, Roberta Caly e Giuseppe Di Girolamo. Domenica 28 maggio alla stessa ora sarà la volta del reading teatrale che dà il titolo alla due giorni: presso l’associazione Finestre sul mondo Adriana Parrinello, Giorgia Di Giovanni e Luana Rondinelli daranno la voce rispettivamente a Filippa Di Dia, moglie di Vito Pipitone, sindacalista marsalese ucciso dalla mafia nel 1947;  a Felicia Bartolotta, mamma di Peppino e a Francesca Serio, madre del sindacalista Salvatore Carnevale.
“Filippa, Felicia e Francesca: Tri fimmine contro la mafia”. È questo il titolo della due giorni organizzata a Marsala dalle associazioni: Accurateatro, I Musicanti, Carpe Diem, Libera e Finestre sul mondo in collaborazione con la Navarra editore.
“Abbiamo pensato di offrire alla cittadinanza spunti di riflessione a partire da storie vere, testimonianze, anche attraverso il linguaggio del teatro – spiega Luana Rondinelli, ideatrice dell’iniziativa -. Da qui l’idea di partire dalle dirette parole di una donna che ha lottato tutta la vita per la verità e la giustizia: Felicia Bartolotta, mamma di Peppino Impastato”.
Infatti sabato 13 maggio alle ore 18, presso i locali dell’associazione “Carpe Diem”, in via Diaz n.2, si terrà la presentazione del libro: “Io, Felicia – conversazioni con la madre di Peppino Impastato”, di Mari Albanese e Angelo Sicilia. Volume edito dalla Navarra editore.
Interverrà l’autrice Mari Albanese, mentre Luana Rondinelli, Roberta Caly e Giuseppe Di Girolamo leggeranno i passi del libro che riporta vere conversazioni intrattenute dagli autori con la mamma di Peppino. Le letture saranno alternate ad interventi musicali a cura degli artisti del Carpe Diem. A moderare sarà la giornalista Chiara Putaggio.
“Il libro è testimonianza che ferma il tempo – spiega Gregorio Caimi – e per questo ha la capacità di far tornare chi ne fruisce in quella casa di Cinisi in cui una piccola donna apriva la sua porta a giovani di tutto il mondo in nome del suo Peppino, che già prima del suo assassinio prevedeva che la sua missione non sarebbe stata dimenticata, anzi sarebbe cresciuta dopo la sua morte”.
Domenica 28 maggio alle ore 18 sarà la sede dell’associazione “Finestre sul mondo”, in via Sibilla n. 36 ad accogliere il reading dal titolo: “Filippa, Felicia e Francesca: Tri Fimmine contro la mafia” reading teatrale a cura delle attrici: Adriana Parrinello, Giorgia Di Giovanni e Luana Rondinelli. “Si tratta di una commistione inedita di testi in cui a parlare della loro personale esperienza di resistenza alla mafia saranno tre donne: Felicia (Giorgia Di Giovanni), Filippa Di Dia, moglie di Vito Pipitone, sindacalista marsalese ucciso dalla mafia nel 1947 (Adriana Parrinello) e Francesca Serio, madre del sindacalista Salvatore Carnevale assassinato nel 1955 a cui darà voce Luana Rondinelli.
Gli interventi musicali saranno a cura de I Musicanti di Gregorio Caimi.
“Una sorta di dialogo immaginario – spiegano Chiara Putaggio e Luana Rondinelli – in cui tre donne mostrano la loro battaglia personale, ma soprattutto il loro amore di madri e moglie di uomini che hanno lottato fino alla morte contro la mafia. Una nuova visione del concetto di vittima che va oltre chi muore e diventa invece testimonianza di chi né rimasto e si carica di empatia”. Ad aprire l’incontro sarà Salvatore Inguì, coordinatore provinciale di Libera nonché fondatore dell’associazione Finestre sul mondo, che da circa un anno ospita occasioni di incontro e racconto per storie dei tanti Sud del Mondo.

E’ accaduto che la sala operativa della Questura di Agrigento ha avvisato il Commissariato di Gela di un furto commesso in un’abitazione ad Agrigento e della fuga dei due ladri verso Gela. Gli agenti hanno descritto il mezzo, poi intercettato dai colleghi di Gela all’ingresso della città. Loro non hanno obbedito alla paletta rossa, e sono fuggiti a velocità. Sono stati inseguiti e bloccati. Durante il controllo, uno dei due ha tentato di scappare a piedi lungo la strada statale 115, ma è stato inseguito e acciuffato. Sono stati arrestati. Uno ha 29 e l’altro ha 31 anni. Sono entrambi gravati da pregiudizi di polizia.

A seguito della firma di una convenzione tra l’assessorato regionale alla Sanità e l’Ordine dei Medici di Palermo, diversi medici tirocinanti perfezioneranno la loro formazione negli ospedali agrigentini, interagendo con il personale di reparto ed elevando la quantità e la qualità delle prestazioni erogate. Si tratta di 15 medici già operativi per 28 ore settimanali in 4 giorni: per 6 mesi in medicina interna, 6 nei poliambulatori, 4 in pediatria, 3 in pronto soccorso, 3 mesi in chirurgia e 2 in ginecologia.

La Corte d’Appello del Tribunale per i minorenni di Palermo ha confermato la condanna a 2 anni di reclusione a carico del ragazzo di 17 anni di Caltanissetta imputato di omicidio del consenziente a seguito della morte di Mirko La Mendola, 26 anni, che si è suicidato la sera del 25 agosto del 2021 sulla spiaggia di “Punta Grande” tra Porto Empedocle e Realmonte. Nel capo d’imputazione si legge: “Si tratta di aiuto al suicidio perché, condividendo con Mirko La Mendola, a lui legato da profonda ed intensa amicizia, il programma da lui ideato di porre fine alla propria esistenza a seguito di una cocente delusione per il mancato superamento di un concorso, prestando assistenza morale e materiale nelle fasi preparatorie ed esecutive dell’atto finale, coadiuvando la vittima nel realizzare le ultime volontà in relazione alle persone a cui dire addio, accompagnandola nel luogo prescelto per il suicidio, rimanendo sul posto fino al compimento del gesto estremo e dandogli materiale aiuto nella relativa esecuzione, rafforzava e comunque agevolava l’esecuzione del proposito di suicidio attuato da La Mendola attraverso l’esplosione di un colpo di pistola alla tempia sinistra, in conseguenza del quale riportava gravi lesioni cranio-encefaliche che ne determinavano il decesso”.

Il Tribunale di Siracusa ha assolto, con la formula “perchè il fatto non costituisce reato”, Gaspare Vecchio, 43 anni, di Favara, imputato di detenzione di sostanze stupefacenti. Lui, come ha sostenuto in dibattimento il suo difensore, l’avvocato Fabio Inglima Modica, non avrebbe avuto alcun ruolo nella spedizione, a lui diretta all’interno del carcere dove è stato detenuto, di una busta contenente 0,3 grammi di cannabis. Per una vicenda analoga è stata invece condannata la moglie, Silvana Munì, 37 anni, di Favara, denunciata perché una poliziotta penitenziaria in servizio nel carcere di Siracusa si è insospettita per un rigonfiamento sotto il francobollo su di una sua lettera. Sotto, in effetti, fu trovato un pezzo di droga essiccata. La Procura di Siracusa, per verificare che fosse stata effettivamente la favarese a inviare la droga, ha disposto una perizia grafologica, che ha confermato la circostanza.

Depositate le motivazioni della sentenza di primo grado in abbreviato nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Xydi”, per le quali, tra l’altro, è stata condannata l’ex avvocato canicattinese Angela Porcello.

Lo scorso 5 dicembre il Tribunale di Palermo ha emesso la sentenza a carico dei 20 imputati giudicati in abbreviato nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Xydi” sfociata il 2 febbraio del 2021 nell’omonimo maxi blitz antimafia dei Carabinieri nell’Agrigentino contro il mandamento mafioso di Canicattì e il tentativo di riorganizzazione della Stidda nella provincia. E 15 anni e 4 mesi di reclusione sono stati inflitti all’ex avvocato di Canicattì, Angela Porcello, 52 anni, che, dopo avere ammesso le proprie responsabilità, ha più volte manifestato la volontà di collaborare con i magistrati. Il primo aprile del 2022 i pubblici ministeri della Procura antimafia di Palermo, Claudio Camilleri, Gianluca De Leo e Francesca Dessì, hanno proposto al Tribunale la condanna della Porcello a 18 anni di carcere, e, in occasione dell’arringa accusatoria, non hanno concesso alcuna attenuante, tra l’altro affermando: “Angela Porcello ha strumentalizzato la toga dell’avvocato per coltivare gli affari della famiglia mafiosa in cui aveva un ruolo di primo piano il compagno, Giancarlo Bugea, già condannato per mafia. E ciò anche per incontrare il boss Giuseppe Falsone, detenuto al 41 bis, e veicolare i suoi messaggi. Nel suo studio legale ha tenuto summit e messo insieme i capimafia di diverse province e realtà territoriali per discutere di strategie e dinamiche: una vera e propria consigliori e cassiera del clan”. Ebbene, adesso sono state depositate le motivazioni della sentenza di primo grado firmata dal giudice per le udienze preliminari del Tribunale, Paolo Magro, che, tra l’altro, in riferimento ad Angela Porcello ha scritto: “Evidente e diffusissimo, in ogni caso, è il di lei contributo associativo, che si è apprezzato attraverso la sua attiva e continuativa partecipazione al sodalizio criminale, contribuendo alla sua perpetuazione e al suo rafforzamento. Ciò appare ancora più significativo in relazione al dato che Porcello abbia sistematicamente asservito il proprio ruolo di avvocato – funzione che ha certa rilevanza costituzionale essendo posta a presidio dei diritti individuali, di democraticità e di funzionamento dello Stato di diritto – mettendo a disposizione il proprio studio legale quale base operativa e persino tentando di deviare le investigazioni celando dietro chiamate espletate nell’ambito della propria funzione (e, talvolta, del proprio mandato) delle vere e proprie convocazioni di riunioni mafiose”. Poi il giudice Magro non riconosce alla Porcello un effettivo ruolo di vertice, e aggiunge: “Va detto, conformemente ai rilievi avanzati dalla Difesa in sede di discussione, come non si abbia avuto prova dell’apicalità dell’imputata, non potendosi escludere – sulla scorta del tenore delle conversazioni – che la Porcello si sia limitata a operare come diretta promanazione di Buggea, non partecipando ai momenti topici delle riunioni che ella, di tutta evidenza, provvedeva a convocare in esecuzione di un ordine (viceversa, vi avrebbe partecipato in prima persona). Non può, infatti, non evidenziarsi come la Porcello non si ponesse in un piano di parità con Buggea, Boncori, Di Caro e Sicilia, non concorrendo alle decisioni più importanti afferenti al gruppo. ma limitandosi a commentare e a fornire supporto anche in termini di pareri legali”. E poi, a fronte dell’espressa volontà di collaborare con la Giustizia da parte della Porcello, il giudice commenta: “Invero, in tale solidissimo quadro probatorio si inseriscono le modeste, in termini di rilevanza probatoria, affermazioni dell’imputata, che altro non fa se non ammettere l’ovvio”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

Emessa la sentenza di secondo grado al processo sull’incidente ferroviario che nel 2014 uccise tre operai agrigentini a Butera: una condanna e cinque assoluzioni.

Il 17 luglio del 2014, un giovedì, fu il giorno, alle ore 17:50, di uno sciagurato incidente in provincia di Caltanissetta, in territorio di Butera, nei pressi della zona industriale, tra le stazioni ferroviarie di Butera e Falconara, lungo il tratto della linea ferrata tra Caltanissetta e Gela, da tempo poco utilizzata. Il treno regionale 12852 Gela – Licata – Caltanissetta travolse e uccise tre operai agrigentini di Rete ferrovie Italia. Le vittime: Vincenzo Riccobono, 54 anni, di Agrigento, Antonio La Porta, 55 anni, di Porto Empedocle, e Luigi Gazziano, 57 anni, di Aragona. Vigili del fuoco, Polizia Ferroviaria e Carabinieri intervennero sul posto insieme al personale medico e a un elisoccorso decollato, subito ma inutilmente, dall’ospedale “Sant’Elia” di Caltanissetta. Gli operai sono stati impegnati a lavorare sui binari nella misurazione dello scartamento, che è la distanza tra le due rotaie. E il macchinista del treno, una sola carrozza automotrice con due passeggeri a bordo, non ne sarebbe stato informato. E non vi sarebbero stati strumenti per segnalare la presenza degli operai. Dunque, il treno ha proseguito la sua corsa, investendo i tre mortalmente, appena fuori da una curva. Loro tre, forse perché colti di sorpresa tanto che non avrebbero sollevato nemmeno la testa, non si sono accorti del treno, che ha viaggiato a velocità ridotta, a 80 chilometri all’ora. E alla conducente del treno, una donna, lo spazio frenante non è stato sufficiente, tanto che il treno si è fermato 200 metri dopo l’impatto. Lei, la macchinista, mai indagata, si è difesa così: “Ho suonato, e ho schiacciato il freno al massimo, ma avrei dovuto avere almeno 100 metri a disposizione per bloccare il treno”. Il 7 ottobre del 2021 il giudice monocratico del Tribunale di Gela, Miriam D’Amore, ha condannato due funzionari di Rete Ferrovie Italia, e ne ha assolti altri sette. Sono stati inflitti 2 anni di reclusione ciascuno per omicidio colposo plurimo, con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario, al dirigente centrale operativo della Sala di coordinamento centro controllo della circolazione di Palermo, Pietro Muscolino, e al responsabile della linea operativa della tratta Canicattì-Gela, Rosario Cilluffo. I due imputati avrebbero dovuto valutare il rischio gravante sugli operai a lavoro e interrompere la circolazione ferroviaria. Sarebbe stato violato l’obbligo che impone la sospensione del traffico sulle linee ferroviarie dove si inviano squadre di operai. Sono stati invece assolti l’ex amministratore delegato di Rete Ferrovie Italia, Michele Mario Elia, il responsabile della direzione territoriale di Palermo, Andrea Cucinotta, il dirigente dell’Unità territoriale di Caltanissetta, Concettina Vitellaro, il capo impianto del Reparto lavori, Pietro Messina, il capo reparto pianificazione Unità territoriale di Palermo, Carmelo La Paglia, e Giovanni Costa, responsabile della direzione tecnica. Assolta anche Rete Ferrovie Italia a fronte della contestazione di un illecito amministrativo. Ebbene adesso la Corte di appello di Caltanissetta, presieduta da Maria Carmela Giannazzo, ha confermato la condanna a 2 anni di reclusione (pena sospesa e non menzione) a carico di Pietro Muscolino. E’ stato assolto Rosario Cilluffo. Confermate le assoluzioni di Rete Ferrovie Italia, di Michele Mario Elia, di Andrea Cucinotta, di Concettina Vitellaro e di Pietro Messina, difesi dagli avvocati Francesco Bertorotta, Fabrizio Biondo, Vincenzo Lo Re, Francesco Crescimanno, Salvatore Buggea. Le assoluzioni non sono state impugnate, e pertanto sono definitive a favore di Carmelo Lapaglia e Giovanni Costa.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)