Sanremo 2022: Lo ricorderò per …

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Ho trovato questa 72esima edizione del Festival di Sanremo estremamente amabile e tirando le somme, sono più le cose che mi sono piaciute, alcune delle quali anche tantissimo. E per la prima volta, in una vita che seguo Sanremo per lavoro e per diletto, ho un bel po’ di cose da ricordare.

Però prima di raccontare cosa mi sia particolarmente piaciuto, volevo sottolineare quanto sia stato sobrio (malgrado le giacche!) e professionista Amadeus. Quel suo essere sé stesso, a volte anche impacciato, lo rende adeguato al palco sanremese e anno dopo anno, è diventato quasi uno di famiglia. È vero anche che lo vediamo spesso in prima serata e quindi abbiamo imparato a conoscerlo. E sebbene ci si sia interrogati spesso sul suo ruolo di direttore artistico, ossia colui che sceglie chi debba fare cosa, guardando a questa edizione del Festival mi viene da dire che Amadeus ha saputo osare, portando sullo stesso palco, la storia della musica (Ranieri, Morandi, Zanicchi) con il nuovo che avanza.   E a tenere tutto insieme, a farli convivere e coesistere su quello storico palco, è stato proprio lui.

Sul podio finale tre generazioni, in perfetta sintonia, che si sono tenuti per mano e si sono scambiati quel che erano.

Gianni Morandi al terzo posto, indietro agli altri, che quasi regge con l’esperienza il futuro dei più giovani e che vince il premio Lucio Dalla della sala stampa sinonimo del fatto che sia stato molto apprezzato.

Elisa seconda, che tornata dopo 21 anni al Festival lo fa senza pretese, conservando quel disincanto e quel suo modo di cantare che è sempre lo stesso dimostrando come sia ancora capace di scrivere belle canzoni e non a caso vince il premio Giancarlo Bigazzi per la migliore composizione musicale, dato proprio dai maestri dell’orchestra.

E in cima la nuova gioventù, Blanco e Mahmood che rappresenteranno l’Italia all’Eurovision e che non sono certo degli sprovveduti. Sono la nuova generazione che ha altro da raccontare, che lo fa a proprio modo, con i mezzi che ha a disposizione, e tra questi ci sono le loro voci e i loro sentimenti, le loro vite che si affacciano al domani come i cantanti al balcone dell’hotel dove sotto tutti per giorni i fan hanno cantato “Brividi”.

Mi è sembrato tutto come da pronostico ma anche tutto molto equilibrato, considerato anche il premio Mia Martini consegnato ad un immenso Massimo Ranieri, artista di grande calibro, così teatrale, dotato di presenza scenica e capace di grande magia.

Dissento sul premio miglior testo a Fabrizio Moro quando avevamo a disposizione quello di Giovanni Truppi.

Amadeus quest’anno ha portato sul palco di Sanremo 2022 le attrici, lasciando a casa le vallette canoniche e dunque lo stereotipo del “bello e basta”.
Anche qui se ci fate caso, ha mischiato il vecchio e il nuovo, dalla Muti alla Giarretta, la Ferilli e la Cesarini. E poi Drusilla Foer, che merita una riflessione a parte. Artiste tutte diverse, che hanno gestito lo spazio a modo loro, con quello che avevano da dare e da dire, in maniera più o meno spigliata (la Giarretta più, la Cesarini meno), con in tasca ricordi del passato, esperienze di vita vera, esperienze lavorative, consigli su come gestire la propria unicità e infine, come ieri sera, una Ferilli sobria e spigliata allo stesso tempo, che ammette di non avere un monologo, che non serve, che lei è lì perché ha con sé la sua carriera, quel che ha fatto, e che sceglie la leggerezza, che non è superficialità.

A proposito di leggerezza tocca dirlo che in queste 5 lunghissime serate, abbiamo abbandonato ansie e preoccupazioni, non ci siamo interessati di curve pandemiche, di virologi, di regole da seguire, né di diatribe politiche.  Non abbiamo letto post di chi fosse o meno ancora a favore del vaccino; abbiamo solo condiviso gusti musicali, pronostici e divertimento. Perché sì, al netto di chi puntualmente ogni anno, denigra chi guarda il Festival, la Kermesse è uno spazio nel quale divertirsi.

Anche la scelta degli ospiti canori tutti Made in Italy è stata vincente.
Bravo Amadeus! Il talento lo abbiamo a casa nostra.
E così Cremonini, Jovanotti, ieri sera un eccellente Marco Mengoni.

Ci sono anche delle cose che non mi sono piaciute, ma lasciano il tempo che trovano, perché tanto ci sarà sempre qualcosa che non riscontrerà il nostro gusto. Sempre.

L’unica cosa che vorrei sottolineare perché non ne ho parlato nella serata dei duetti, è stata la questione “Grignani”.
Giusto o sbagliato farlo salire su quel palco e farlo cantare insieme ad Irama?
Non lo so.
So però che non è stata una bella idea darlo in pasto alla gogna mediatica.
Grignani ha bisogno di aiuto ed anche di non sentirsi solo. Ma l’abbraccio di cui ha bisogno deve essere lontano dai riflettori, perché l’affetto e il sostegno sono dimensioni private.

Veniamo a cosa ricorderò particolarmente di questa edizione del Festival di Sanremo.

Ovviamente e come tutti, penso, la presenza sul palco di Drusilla Foer. E la cosa che più mi ha affascinato oltre alla sua immensa presenza scenica, intelligenza, sagacia, capacità comunicativa, è stata che mentre l’ascoltavo non ho pensato mai che dietro quel personaggio vi fosse uomo, che per dare alito a Drusilla deve avere una spiccata sensibilità verso il prossimo e audacia per farlo nei panni di una donna risultando credibile.
Il messaggio che arriva dal monologo di Drusilla Foer – artista poliedrica che sa passare con disinvoltura dalla recitazione al canto – recitato quasi alle 2 del mattino resta e resterà nel ricordo degli 11 milioni di spettatori che hanno seguito la kermesse. Perché da ricordare non sarà un discorso lungo e arzigogolato ma solo quattro parole: “difendere la propria unicità” oltre all’importanza dell’ascolto. Ha ragione Drusilla, non sappiamo più ascoltare. Ma ascoltando lei, forse recupereremo quella capacità per applicarla nella vita di tutti i giorni.

Ricorderò la lettera scritta da Achille Lauro a Loredana Bertè, che però non era solo per Loredana ma anche per Mia Martini.
Una lettera di “scuse”, a cuore aperto. Nessuno lo aveva fatto mai, e l’occasione era quella giusta. Lui era quello giusto.

Ricorderò il pubblico tutto in piedi per cantare e ballare “5o special” durante la performance di Cremonini. E a casa facevamo lo stesso. Un salto nel passato, un momento spensierato, una goccia di bellezza dentro un momento storico brutto.

Ricorderò il gesto della Michielin che ha diretto l’orchestra durante l’esibizione di Emma, che dona il suo mazzo di fiori al primo violino, un uomo, segno del fatto che il gesto di “omaggiare” qualcuno per quel che fa non deve mai avere genere.

Ricorderò la spensieratezza di Gianni Morandi, quell’essere scanzonato e senza tempo. Dopo la prima serata scrivevo che il cantante era rimasto a “fatti mandare dalla mamma a prendere il latte”. Come se il tempo non fosse passato, stesso sorriso, stessa grinta, stessa semplicità nel fare quello che ama fare. Dovrebbe essere sempre così: continuare finché regge l’entusiasmo e poi mettersi in gioco accettando nuove sfide, senza prendersi mai troppo sul serio.

Ricorderò quel che in pochi hanno apprezzato: l’omaggio a De André fatto da Truppi con Capossela e Pagani nella serata dei duetti. 

Ricorderò la complicità pazzesca tra Blanco e Mahmood durante l’interpretazione di “un cielo in una stanza”. Vi invito ad andarla a rivedere.  La complicità è travolgente, è un collante, è la volontà di stare dalla stessa parte.

Insomma, io promuovo questa 72esima edizione del Festival di Sanremo.
Abbiamo cantato, ballato, discusso.
Ci siamo divertiti, abbiamo riflettuto, ci siamo commossi.
Abbiamo salvato ancora una volta la Musica, che a sua volta ci salva, perché panacea a tutti i mali, e che a volte ci vede d’accordo e spesso in disaccordo, che è espressione di gusti e di sentimenti, che per 5 serate ci ha tenuti tutti insieme appassionatamente.

Perché Sanremo è Sanremo … paràrà!

 

Simona Stammelluti 

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