Quel meccanismo di autoritarismo che passa dentro i codici della democrazia

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Il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione per aggiungere il diritto all’aborto alla carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
È una carta politica, è una scelta politica perché all’interno dell’Europa abbiamo posizioni molto diverse sulla libertà di scelta delle donne; messaggio dato soprattutto a quei paesi come l’Ungheria e la Polonia dove ad una donna non è concesso abortire neanche a seguito di uno stupro.
È dunque un messaggio politico ma non un invito ad andare ad abortire, anche perché sappiamo tutti quanto può essere doloroso, per una donna andare ad abortire. La scelta delle donne deve essere sempre al centro di ogni dibattito, oltre che della vita vera, perché ci sono donne che scelgono la maternità, altre che non possono viverla, altre ancora che scelgono di non diventare madri o di rinunciare ad esserlo.
Le donne sono meravigliose e sono tante cose.
Basta dunque, alle polemiche sulle donne.
Bisogna lavorare sulla libertà e sulla libertà delle scelte.
Non è vero che in Italia – come dice la Meloni – esiste “una campagna culturale contro la maternità”. Non è vero.
Posizioni diverse su tutto, vero, su utero in affitto che oggi si chiama GPA (gestazione per altri), ma questo non significa che ci sia una cultura contro la maternità. Anzi. Ci sono delle richieste che vengono proprio dalle donne che chiedono di essere messe in condizioni di fare figli, se vogliono, e socialmente e politicamente e strutturalmente in condizioni di farlo.
Sempre sono stati chiesti asili nido, sostegno e provvedimenti a sostegno alla maternità. Ma cosa è stato fatto?
E comunque ancora oggi esistono i pregiudizi contro chi non ha figli.
Come se non avere figli, significhi avere qualcosa che non va.
Il problema oggi è la rete di sostegno alla donna su tutto il territorio nazionale.
La rete di consultori che andrebbe potenziata, con personale non obiettore di coscienza per poter espletare tutti i servizi a garanzia e tutela del benessere della donna, che deve essere supportata durante un percorso di scelta, che può essere un prosieguo o anche una interruzione di gravidanza.
Ed invece no, il nostro governo forgia un nuovo attacco all’autonomia riproduttiva delle donne e con l’ennesimo decreto, prevede che le regioni, nell’organizzare i servizi dei consultori, possano “avvalersi senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel settore alla maternità”.  Ma anche oggi i consultori possono avvalersi della collaborazione di associazioni di volontariato. La questione dunque, è politica, perché lo slogan “Dio, patria, famiglia”, va dritto dritto verso la tutela della vita a qualunque costo, e sin dal concepimento. E tutto questo ovviamente si schianta frontalmente con l’autonomia procreativa delle donne, che va proprio dal concepimento, a tutte le scelte che da esso susseguono.
Nella legge 194 è vero che leggiamo: “valore sociale della maternità”, “tutela della vita” ma la stessa legge reca in sé anche “la tutela sociale della maternità e “l’interruzione volontaria di gravidanza”.
E i consultori per legge, devono agire “nel rispetto della dignità e della libertà della donna” (art.5) per garantirne “l’integrità fisica e psichica”.
Pertanto, lo Stato deve assicurare che i colloqui previsti con le donne che si rivolgono ai consultori, non siano finalizzati a far desistere la donna dal proseguire l’iter legale stabilito per l’aborto.
La democrazia o la si gestisce nel modo stabilito dalla costituzione oppure chiamiamola diversamente, come ci diceva Michela Murgia, che sottolineava come siamo portati a pensare che la democrazia ci protegga proprio perché democratica, ma esiste un meccanismo di autoritatismo che passa dentro i codici della democrazia che raggiunge però gli stessi risultati di controllo, di negazione delle libertà personali, di riorganizzazione del sistema sociale, ottenuti attraverso strumenti democratici   

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