“Confiscati ma non utilizzati”

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Diffusa in conferenza la relazione della Commissione regionale antimafia sulla gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia. “Dati allarmanti”.

La Commissione regionale antimafia, presieduta da Claudio Fava, ha lavorato e approfondito, e poi ha relazionato. In Sicilia sono 5644 gli immobili in gestione all’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati. Tra i 5644 solo 3871 sono già confiscati con provvedimento definitivo. In particolare, a Palermo 1978, Trapani 1370, Messina 699, Caltanissetta 668, Agrigento 441, Catania 275, Enna 114, Siracusa 91 e Ragusa altrettanto 91. Sono 2692, invece, gli immobili confiscati che sono stati destinati negli ultimi 5 anni: 2473, ovvero il 91% sono stati trasferiti al patrimonio degli Enti locali, e 219 allo Stato. Ebbene, tra i 2692 destinati, per il 50,59% dei beni assegnati in Sicilia, quindi la metà, non è ancora stata avviata la necessaria opera di utilizzo. E poi, ancora, sono 780 in Sicilia le aziende sotto il controllo dall’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati. Delle 780, solo 137 sono in confisca definitiva mentre 643 sono in fase giudiziaria. Il maggior numero è concentrato a Palermo, 326, poi Trapani 126, Catania 120, Agrigento 84, Messina 57, Caltanisetta 46, Enna 10, Siracusa 7 e Ragusa 4. Ed a commento di tutto ciò, nella relazione, tra l’altro, si legge: “E’ una fotografia, quella che emerge dallo studio, che delinea un ‘trend drammatico’, caratterizzato da ‘un altissimo tasso di mortalità’ delle aziende confiscate e la perdita di centinaia di posti di lavoro, non solo in Sicilia ma anche nel resto del Paese. Per quanto riguarda le aziende stanziate nel territorio siciliano, infatti, si evince che, delle 459 imprese per cui è stato concluso l’iter di gestione, solo 11 non sono state poste in liquidazione. Una sorte altrettanto infausta è destinata anche alle aziende attualmente in gestione, delle quali solo 39 su un totale di 780 risultano essere attive. A voler ricomporre il quadro tracciato dai dati appena descritti, è possibile trarre alcune indicazioni molto chiare. Gli strumenti ablatori del sequestro e della conseguente confisca per mafia trovano ancora oggi un alto numero di applicazioni. Ed un’enorme quantità di beni potrebbe essere fattivamente restituita alla collettività solo tramite un intervento dello Stato improntato alla massima efficienza ed efficacia. Ma è una finalità che, attualmente, non risulta per nulla soddisfatta. E così centinaia, migliaia di beni, concentrati per lo più in Sicilia, anziché essere restituiti alla collettività, sono stati abbandonati, vandalizzati, dimenticati, o continuano ad essere impunemente utilizzati ed abitati da coloro ai quali sono stati confiscati”. E Claudio Fava commenta laconico: “Serve la volontà politica per intervenire in modo netto nel sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia: vorremmo sapere se per il governo Draghi questa sia una priorità”.

 

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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