Maggio 2023 - Pagina 33 di 42 - Sicilia 24h
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Il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Palermo, a conclusione del giudizio abbreviato, ha condannato per associazione mafiosa a 5 anni di reclusione in continuazione con una precedente condanna il boss Giuseppe Guttadauro, conosciuto come il “dottore” perché medico all’ospedale Civico, e 8 anni sono stati inflitti al figlio Mario Carlo. Entrambi sono difesi dall’avvocato Raffaele Bonsignore. Tra l’altro, dopo l’ultimo arresto, a Giuseppe Guttadauro furono concessi i domiciliari per motivi di salute. Poi è stato ricondotto in carcere per ripetute violazioni commesse. In proposito il giudice per le indagini preliminari del Tribunale ha scritto: “Un uomo totalmente incapace di rispettare le prescrizioni imposte da misure giudiziarie diverse dal carcere perché permeato dal bisogno di continuare indisturbato le comunicazioni con diversi soggetti del proprio ampio circuito relazionale. Una personalità che ricerca spasmodicamente canali relazionali e comunicativi attraverso i quali alimentare il proprio status di appartenente a Cosa nostra”.

Il 28 e 29 maggio 2023 si terranno in numerosi Comuni siciliani le elezioni amministrative. Tra i Comuni chiamati al voto – in provincia di Catania – vi sono anche Aci Sant’Antonio e Acireale.
In entrambi i Comuni, la DC di Totò Cuffaro ha presentato le proprie liste, utilizzando come simbolo lo scudocrociato.
La Commissione Elettorale Circondariale di Acireale, tuttavia, ha inizialmente ricusato il “contrassegno della lista “Democrazia Cristiana” sostenendo che tale contrassegno sarebbe “facilmente confondibile con quello notoriamente usato dal partito Nazionale “Democrazia Cristiana”.
La DC di Cuffaro, difesa dagli avv.ti Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia ha proposto reclamo avverso la ricusazione del simbolo.
Nel reclamo gli avv.ti Rubino e Impiduglia hanno evidenziato che, nel caso di specie, nessuna confusione potesse insorgere in capo agli elettori. Il simbolo utilizzato, infatti, è perfettamente identificabile con la formazione politica di cui è neo segretario nazionale Totò Cuffaro. Tale partito è riconoscibile dal corpo elettorale – e non confondibile con altre formazioni politiche -avendo già partecipato a numerose consultazioni elettorali, quali ad esempio l’Elezione relativa al Sindaco e al Consiglio Comunale di Palermo e l’Elezione per il rinnovo dell’Assemblea Regionale tenutasi nell’autunno 2022 (superando, in entrambi i casi, la soglia di sbarramento).
Nel reclamo è stato, inoltre, sostenuto – a riprova dell’evidente ammissibilità del simbolo della Democrazia Cristiana – come lo stesso non sia stato ricusato da nessuna delle altre Commissioni Elettorali Circondariali chiamate a verificare le liste che parteciperanno alle consultazioni elettorali del 28 e 29 maggio 2023.
A seguito del reclamo la Commissione Elettorale Circondariale di Acireale ha riammesso le liste dalla DC.
Pertanto, alle prossime elezioni amministrativa – anche nei Comuni di Acireale e Aci Sant’Antonio – saranno presenti le liste della DC di Cuffaro

Finalmente è stata messa la parola fine ad una lunga battaglia combattuta da Mareamico contro le esercitazioni militari al poligono di tiro Drasy, area confinante con Punta Bianca, dichiarata riserva naturale lo scorso giugno dall’allora Presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci.
L’esercito lascia il nostro territorio, la provincia di Agrigento, e si trasferisce in un luogo decisamente più adeguato al suo addestramento.
Ieri è stato siglato un accordo tra l’Esercito italiano ed i comuni di Ganci, Nicosia e Sperlinga in provincia di Enna. Questa saggia soluzione ha trovato l’apprezzamento da parte dei tre Comuni interessati, da parte dell’Esercito italiano, da parte degli agrigentini e di Mareamico.
Per anni Mareamico si è battuta per la valorizzazione e la tutela di Punta bianca. 64 anni di “spari” hanno alterato questa area naturalistica unica nel suo genere. In un momento storico in cui la città di Agrigento si appresta a diventare capitale della cultura nel 2025, non poteva esserci epilogo migliore. Oggi possiamo dire che ha vinto la ragionevolezza, forse anche grazie a quella che possiamo definire la “madrina di Punta Bianca”: Belen Rodriguez. Era stata l’apprezzata show girl a scegliere la nostra marna bianca come luogo iconico per presentare il suo brand di moda e questo ha acceso i riflettori sulla nostra richiesta di istituzione della riserva. Belen ha conquistato i cuori ed acceso i motori della politica che aveva accantonato il nostro fascicolo in un cassetto per ben 26 anni. Considerato il riverbero mediatico che riceverà la riserva naturale ci auguriamo che Agrigento e Palma di Montechiaro, comuni in cui ricade, si facciano trovare pronti. Occorre lavorare insieme ad esempio per la manutenzione e la rigenerazione dell’ex caserma della guardia di finanza. Ci auguriamo che questa struttura possa diventare fiore all’occhiello della riserva: museo del mare, punto d’incontro e di formazione ambientale per i giovani. Vanno implementati ed organizzati dei percorsi di trekking, attività sportive a cavallo e in sup, vanno sistemate le vie d’accesso, la segnaletica e va approvato immediatamente il piano di gestione ed utilizzazione del sito.

La Regione invia alla cabina di regia nazionale un elenco di opere urgenti a rimedio dell’emergenza idrica. I dettagli sulle priorità ravvisate da Tardino al ministro Salvini.

La Regione ha definito l’elenco degli interventi necessari da trasmettere alla cabina di regia ministeriale incardinata presso la Presidenza del Consiglio e al commissario straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica. Si tratta di opere urgenti sulle infrastrutture idriche della Sicilia per oltre un miliardo di euro, prioritarie e strategiche per fronteggiare nel migliore dei modi la siccità che ha colpito il territorio siciliano, così come tutte le altre regioni d’Italia, a causa dei cambiamenti climatici e della sensibile diminuzione delle precipitazioni. Gli interventi che la Regione presenterà all’organismo nazionale saranno finalizzati al recupero della capacità degli invasi, al potenziamento, completamento e interconnessione delle infrastrutture idriche, al loro adeguamento alle mutate necessità, all’aumento dei sistemi idrici, alla riduzione delle dispersioni idriche, all’individuazione di fonti di approvvigionamento, all’efficientamento e al potenziamento dei potabilizzatori. Nel frattempo l’Autorità di bacino, oltre alla definizione dell’elenco di interventi da rendere coerenti con le finalità del decreto legge “Siccità” del 14 aprile, è all’opera per accelerare le procedure di approvazione dei piani di gestione degli invasi, condizione essenziale perché possano essere tenute in considerazione le relative richieste di intervento. Ed in riferimento all’impegno della cabina di regia sull’emergenza idrica nazionale, presieduta dal Vicepremier e ministro Matteo Salvini, interviene l’eurodeputata agrigentina della Lega, Annalisa Tardino, che ha già posto all’attenzione di Salvini alcune priorità. E spiega: “Ho già avuto modo di evidenziare al ministro il quadro critico in cui versano le reti e le infrastrutture idriche in Sicilia. Solo il 30 per cento degli invasi gestiti dalla Regione è in esercizio. Su 26 invasi, 3 risultano fuori esercizio: Gibbesi (Licata), Comunelli (Caltanissetta) e Pasquasia (Enna). Altri 5 sono sottoposti a limitazioni per ragioni di sicurezza e ben 10 attendono il collaudo, con cantieri aperti dal 1998 o ‘prime pietre’ poste nel lontano 1989, come nei casi di Cannamasca, in provincia di Agrigento, e Pietrarossa, in provincia di Enna. Per questo si deve procedere con passo spedito per trovare soluzioni, anche a breve termine, per gli agricoltori, i cittadini e le aziende, che non possono attendere ancora per avere ciò che gli spetta di diritto. Le maggiori criticità si registrano nel territorio agrigentino, in primis per la diga Gibbesi, eterna incompiuta da 30 anni, nel trapanese, per la diga Trinità, nonché a Siracusa, per l’invaso Biviere, tutti casi in cui gli agricoltori attendono risposte da decenni. Il governo regionale e il tavolo tecnico permanente istituito in materia devono individuare le opere da finanziare, collaudare e progettare. E assumere tutti i provvedimenti necessari, inclusa la nomina di commissari ad acta, per sbloccare una situazione che si trascina da troppi anni”.

Giuliana Miccichè

Dopo la sentenza definitiva assolutoria al processo “Trattativa”, Giovanni Fiandaca rilancia le proprie tesi già espresse in un saggio nel 2012. L’intervento.

Giovanni Fiandaca

Giovanni Fiandaca, professore emerito di Diritto penale all’Università di Palermo, garante dei detenuti della Regione Sicilia, nel 2012 pubblicò un saggio intitolato: “Il processo sulla trattativa é una boiata pazzesca”. E fu tra i pochi a smontare da principio il teorema della cosiddetta “trattativa Stato – mafia”. Adesso, dopo la sentenza assolutoria definitiva emessa dalla Cassazione, ribadisce: “La sentenza della Cassazione conferma che questo processo non sarebbe mai dovuto esistere. E mostra le distorsioni del sistema giudiziario e mediatico. E, insomma, alla fine avevo ragione a sostenere che il processo sulla cosiddetta trattativa Stato – mafia fosse una boiata pazzesca, un pasticcio giuridico, che non si sarebbe mai dovuto fare. Per quanto possa essere compiaciuto che le mie critiche fossero giuridicamente fondate, questa vicenda è una fotografia che ci aiuta a riflettere sulle storture della giustizia italiana, perché è stata frutto di una indebita enfatizzazione estremistica dei pubblici ministeri: far prevalere i processi politico – mediatici rispetto a quelli giudiziari non giova al sistema democratico e neppure alla lotta alla mafia. I pubblici ministeri, con un certo pregiudizio negativo e una inclinazione moraleggiante, hanno provato a fare gli storici. Ma nelle aule dei tribunali si processano i reati, non la storia. Dovrebbe essere scontato, ma casi come questo dimostrano che così non è. Sul piano giuridico, la difficoltà principale dell’indagine è consistita sin dall’inizio nell’individuare una pertinente e plausibile figura di reato. Da questo punto di vista, un giurista come me può giungere a sostenere che l’indagine andava archiviata senza arrivare a un processo. A mio giudizio si è creata una confusione o sovrapposizione tra pregiudiziale disapprovazione etico – politica della trattativa e propensione a elevarla a delitto. E anche la stessa disapprovazione etico – politica non è scontata in partenza: se il fine di uno scambio tra mafia e Stato è davvero quello di bloccare una strategia stragista per salvare vite umane, questo scambio non è necessariamente illecito, immorale o turpe; dipende dai modi e dai contenuti. Io a causa dei miei scritti critici sulla trattativa sono stato pubblicamente definito, persino da qualche pubblico ministero impegnato nell’indagine e poi nel processo, ‘negazionista o giustificazionista’. Mi pare abbastanza grave che sia potuto accadere nel nostro Paese, come cosa pressoché normale, che fosse con questi termini discreditanti etichettato un giurista che, criticando l’impostazione giuridica di un processo, non fa altro che il suo mestiere. L’indagine ‘trattativa’ ha costituito oggetto, specie nei primi anni, di una narrazione multimediale (attraverso articoli giornalistici, trasmissioni televisive, libri, pezzi teatrali e film), che ha insistentemente veicolato nel pubblico la convinzione non solo che una trattativa tra Stato e mafia ci fosse stata, ma che costituisse anche un grave crimine. Ed è anche per questo che io ho subìto aspre critiche per aver avuto l’ardire di porre in dubbio la fondatezza del processo. In realtà penso che oggi buona parte del sistema mediatico dovrebbe fare autocoscienza e autocritica. E’ sbagliato e dannoso, per i cittadini, fornire un’informazione mediatica con modalità tali da dare per dimostrate verità giudiziarie tutt’altro che incontrovertibili. Anche per i giornalisti contribuire alla lotta alla mafia non può equivalere a sostenere acriticamente ogni processo penale per fatti di mafia”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

L’assessorato regionale della Salute ha dato il via libera alla sottoscrizione del contratto per la fornitura del servizio clinico della cardiochirurgia del Policlinico.

Trova finalmente soluzione definitiva una complessa vicenda rimasta bloccata per lungo tempo.

La gara era stata aggiudicata nel giugno 2022 all’impresa EPS S.p.A. per un importo di 18.221.000,00 più IVA. L’appalto aveva per oggetto l’affidamento per sette anni del servizio clinico di cardioangioperfusione per mezzo di personale specializzato in interventi di cardiochirurgia, nonché di tutto il personale di sala operatoria con fornitura dei correlati materiali di consumo, tecnologie ed apparecchiature biomedicali necessarie all’attività di cardiochirurgia.

La sottoscrizione del relativo contratto era stata sospesa nel settembre successivo a causa di alcune criticità sollevate dal Dipartimento per la Pianificazione strategica dell’Assessorato. 

“Dopo varie interlocuzioni con l’impresa aggiudicataria – spiega Iacolino – abbiamo raggiunto una decurtazione del canone mensile per l’erogazione del servizio da € 96.394,26 oltre IVA ad € 76.600,00 oltre IVA, prevedendo, al contempo, servizi e prestazioni aggiuntive e, in particolare, l’acquisizione al patrimonio aziendale delle attrezzature elettromedicali, compreso il servizio di upgrade con il connesso aggiornamento tecnologico per l’intera durata del rapporto contrattuale.  L’assessorato ha così preso atto della definitiva risoluzione delle criticità segnalate sulla procedura di gara e formalmente autorizzando la stipula del relativo contratto”.

Con la revisione complessiva dell’assetto contrattuale, il Policlinico ha, dunque, tagliato i costi e al contempo potenziato il servizio. Secondo le stime aziendali, le aspettative derivanti dal servizio appaltato fanno presumere di poter effettuare circa 500 interventi annui con un fatturato annuo lordo di circa € 10 milioni, e con un incremento dell’attività del 22% rispetto al 2022. 

L’accordo raggiunto tra l’Azienda ospedaliera universitaria e la Società prevede, senza alcun costo o aggravio di spesa, tra i servizi aggiuntivi offerti dalla ditta aggiudicataria, l’integrazione dello staff del Policlinico con l’aggiunta di due infermieri specializzati per incrementare la capacità produttiva dell’U.O.C. con l’utilizzo pieno delle due sale operatorie; l’impiego di una risorsa alla qualità e sterilizzazione, per garantire la corretta gestione delle attrezzature e delle apparecchiature fornite; la formazione delle risorse di staff; l’applicazione dello sconto del 10% sul prezzo degli interventi cardiochirurgici con circolazione extracorporea che eccedono 300 annui previsti in conformità alle previsioni del capitolato di gara. 

Il “Paolo Giaccone“, al contempo, ha anche potenziato l’organico dell’unità operativa, punto di riferimento per il bacino della Sicilia Occidentale, con quattro infermieri e un medico, in tal modo il direttore della cardiochirurgia, Vincenzo Argano, può contare su uno staff di 12 unità di personale.

“Il nuovo accordo – continua Iacolino – prevede il miglioramento e l’implementazione delle prestazioni della UOC di Cardiochirurgia, sia in elezione che in urgenza, e, pertanto, un servizio più veloce e una maggiore varietà di interventi con la conseguente riduzione dei tempi d’attesa e della mobilità passiva verso altre regioni. Il via libera dell’Assessorato regionale della Salute alla stipula del contratto con l’EPS – conclude il manager – garantisce certezza e solidità a un partneriato che registra con successo il costante miglioramento dei rendimenti e dei risultati di salute”. 

di Dorotea Rizzo

Ci siamo… la “Settimana delle Culture” è pronta a varare la sua dodicesima edizione: una grande attenzione al territorio, il coinvolgimento di otto gallerie d’arte private che proporranno personali e collettive, la collaborazione con realtà del Terzo settore, e piccole chicche preziose nate dall’apporto degli artisti; 160 eventi tra mostre di pittura e di fotografia, spettacoli teatrali, concerti, proiezioni incontri, spettacoli per bambini, tutti autofinanziati e autoprodotti,  valutati e accettati dal Comitato scientifico.

Preceduta da tre anteprime, la Settimana si aprirà ufficialmente la mattina di sabato 13 maggio sulla scalinata del Teatro Massimo di Palermo e durerà fino al 21 maggio, anche se numerose mostre avranno vita più lunga. Gli eventi sono a ingresso libero, tranne alcuni spettacoli per i quali è previsto un contributo. Per informazioni e prenotazioni: 328.8663774.

«Apriremo al Teatro Massimo ma rivolti alla città – spiega Giorgio Filippone, neopresidente in carica da gennaio della Settimane delle Culture-, sarà un modo per rinsaldare il rapporto che da sempre ha connotato la Settimana delle Culture. Il programma è molto articolato e cerca di offrire una panoramica molto ampia sia su quanto avviene in città che sui nuovi artisti emergenti».

«Tantissimi eventi che faranno riscoprire e scoprire la città – sottolinea l’assessore alla Cultura Giampiero Cannella -, luoghi come il Museo Pitrè, antichi palazzi e piazze. Tutti luoghi che fanno parte dello spirito palermitano, vissuti e declinati in termini culturali».

La manifestazione è organizzata in collaborazione con il Comune che ha aperto numerosi siti culturali; con Città Metropolitana di Palermo, Fondazione Sicilia, Fondazione Sant’Elia, Fondazione Barbaro, Fondazione Donà delle Rose e tanti partner privati. Info e prenotazioni a cura dell’associazione culturale Kleis.

Chiudere i reparti di Ginecologia e Pediatria dell’ospedale San Giacomo d’Altopasso “fino a quando l’Autorità proposta non sia nelle condizioni di offrire un servizio sanitario a favore dei bambini di Licata, esente da pericoli.” Lo ha chiesto il professore Vincenzo Di Natali, docente di bioetica e rappresentante dell’associazione Centro di Bioetica Evangelium vitae, in una lettera indirizzata al sindaco Giuseppe Galanti.

“Da alcune segnalazioni pervenute, sembra che la salute dei bambini soprattutto della Sua città sia seriamente a rischio, per il numero inadeguato del personale medico nei reparti di Pediatria e Ginecologia dell’Ospedale di Licata. Senza volere creare allarmismi inutili e volendo salvaguardare la salute – se non proprio la vita dei bambini – le chiediamo, in qualità di Sindaco, e primo responsabile della salute dei cittadini, di verificare se la pianta organica del personale medico ed infermieristico sia nelle condizioni di assicurare un adeguato servizio sanitario alle esigenze del territorio. Nel servizio sanitario, la pianta organica del personale sanitario di ogni reparto ospedaliero è il risultato di un accurato studio che gli esperti nelle varie discipline formulano al fine di assicurare un servizio consono a salvaguardare la salute delle persone. I medici e gli infermieri, contemplati nel numero in organico, infatti, si riuniscono per studiare in modo scientifico le strategie per offrire il servizio migliore alle persone, così come contemplato nella nostra Costituzione e, pertanto, di evitare gravi infortuni, con conseguenze nefaste. Nei reparti di Pediatria e Ginecologia dell’Ospedale di Licata, oggi, svolgono l’attività lavorativa medici che, come numero, sono abbastanza inferiore a quelli previsti dalle piante organiche. Per assicurare una presenza medica continua, si fa ricorso ad altri medici in servizio in altri siti ospedalieri, come una forma di tappabuchi in periodo di emergenza, determinando una serie di rischi nella continuità del servizio medesimo. L’emergenza continua, divenuta ormai cronica, nel presidio ospedaliero di Licata, non permette di pianificare ed organizzare l’attività medica a favore dei bambini e delle gestanti, che sono posti così a gravissimi rischi di cui non desideriamo nemmeno pronunciarci ma lasciamo alla sua immaginazione cosa potrebbe succedere. Gentile signor Sindaco, lei è ben consapevole quanto sia importante, per qualsiasi attività lavorativa l’organizzazione del lavoro. Pertanto ci chiediamo: fino a che punto i reparti di Pediatria e di Ginecologia sono nelle condizioni di pianificare, con opportune riunioni di personale, lo svolgimento del servizio? O dobbiamo aspettare la triste notizia di qualche decesso? Quale famiglia della sua città sarà colpita da una grave sventura per mancanza di un adeguato servizio? Siamo convinti che la Sua sensibilità e l’attenzione verso il territorio, metterà in atto tutto il suo carisma per riportare le piante organiche in modo adeguato o a chiedere diversamente la chiusura dei Reparti sopra indicati.”

“La decisione di tenere domani presso l’isola di Lampedusa una seduta della Commissione Salute, Servizi sociali e sanitari dell’Ars, che mi onoro di presiedere, è apparsa quanto mai doverosa a tutti i suoi componenti. Lo scopo è quello di discutere e affrontare le problematiche sanitarie e sociali che si riscontrano nella particolare situazione in cui versa l’Isola, anche in considerazione della frequenza sempre più intensa degli sbarchi delle persone migranti”. Lo afferma Pippo Laccoto, presidente della VI Commissione legislativa del Parlamento regionale. “Mi preme sottolineare – aggiunge – l’importanza della presenza fisica della Commissione nella realtà lampedusana. L’emergenza continua che affronta l’Isola, che è frontiera d’Europa, merita un segnale tangibile di impegno e solidarietà da parte dei suoi rappresentati. Ascolteremo,dunque, nel corso della seduta la testimonianza delle autorità locali impegnate in prima persona nello sforzo quotidiano di fornire la migliore risposta sanitaria possibile, e lo faremo insieme al Prefetto di Agrigento e al Commissario straordinario dell’ASP di Palermo. Al termine della seduta, inoltre, la Commissione visiterà il poliambulatorio diretto dal dott. Francesco D’Arca per poi recarsi all’interno dell’hot-spot dove, come è noto, trovano prima accoglienza le persone migranti. Essere presenti, come ho detto, è un segno di solidarietà e la solidarietà sottintende azioni positive. L’auspicio è quello di trovare, con l’impegno comune, soluzioni concrete. Lampedusa non è sola – conclude Laccoto”.

Il primo a dire no è stato un democristiano di lungo corso come l’ex ministro Gianfranco Rotondi che pur facendo gli «auguri a Totò Cuffaro per il ritorno sulla scena nazionale», ha accusato l’ex governatore siciliano di essersi impadronito di qualcosa che non era suo. « La sua iniziativa usurpa un nome – quello della Dc – già presente e a buon diritto nella competizione politica. Domani daremo mandato ai legali di difendere i nostri diritti, sarà un tribunale a decidere chi ha ragione», ha scritto su Twitter Gianfranco Rotondi.

L’elezioni di Cuffaro non è piaciuta nemmeno a Fabio Desideri, portavoce e coordinatore politico nazionale di un’altra Democrazia Cristiana: «L’adunanza di oggi organizzata a Roma da Cuffaro e dai suoi sodali finirà come sono finite le sue liste ricusate in Sicilia. Nelle prossime ore gli atti della riunione fatta quest’oggi a Roma, dai sodali di Cuffaro – ha detto Desideri – , saranno impugnati già domani nelle sedi competenti. La cosa certa è che né Cuffaro, né i suoi sodali, rappresentano in alcun modo la Democrazia Cristiana”.

Il neo segretario nazionale Totò Cuffaro risponde per le rime . «Desideri rimanga con il suo desiderio di poter rappresentare la Dc, tranne la sua fantomatica Dc. Noi, gente normale, siamo soliti risolvere contenziosi politici ragionando e riflettendo – risponde Cuffaro – , ma questo lo facciamo con chi ha possibilità di ragionare e riflettere. Immagino, da come scrive, che non abbia neanche la facoltà di capire cosa significa sodale. Si è messo d’accordo con il suo amico Rotondi su chi prima dovrà portarci in tribunale?».