“Non trattativa Stato – mafia, ma rapporti confidenziali”

Condividi

“Più che di trattativa Stato – mafia, parlerei di rapporti confidenziali. Io da poliziotto ne avevo”: riflessioni di un poliziotto memoria storica, Pippo Giordano.

Pippo Giordano, ex ispettore della Dia Direzione investigativa antimafia, memoria storica della lotta alla mafia, già a lavoro alla Squadra Mobile di Palermo con Ninni Cassarà, Beppe Montana, Roberto Antiochia, Lillo Zucchetto e Natale Mondo, e che ha conosciuto e lavorato con Chinnici, Falcone e Borsellino, è intervenuto nel merito dei crimini eccellenti di Cosa Nostra ancora irrisolti e, in particolare, sulla presunta “trattativa” tra Stato e mafia all’epoca delle stragi. In estrema sintesi la tesi di Giordano è: “Più che di trattativa Stato – mafia, parlerei di rapporti confidenziali. Io da poliziotto ne avevo”.

E spiega: “Questi crimini eccellenti, su cui finora non si è riusciti a fare interamente luce, hanno alimentato l’idea del ‘terzo livello’, intendendosi con ciò che al di sopra di Cosa Nostra esisterebbe una rete, ove si anniderebbero i veri responsabili degli omicidi: una sorta di super comitato costituito da uomini politici, da massoni, da banchieri, da alti burocrati dello Stato, da capitani di industria, che impartirebbe ordini alla Cupola. Questa suggestiva ipotesi, che vede una struttura come Cosa Nostra agli ordini di un centro direzionale sottratto al suo controllo, è del tutto irreale e rivela una profonda ignoranza dei rapporti tra mafia e politica. Non sono parole mie, ma di un grande uomo, il magistrato Giovanni Falcone. Penso che tanti dovrebbero leggere e analizzare il pensiero di Falcone prima di esporre fatti privi di riscontri. Ora è tutto un talk show: si può affermare tutto e il contrario di tutto per saziare fan plaudenti. Esprimo la mia opinione sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, e lo faccio a bocce ferme visto che ormai l’argomento appartiene al passato. E quindi, da manovale delle investigazioni, vorrei sforzarmi per far capire che il sostantivo ‘trattativa’ è stato impropriamente usato. Gli agenti o ufficiali di polizia giudiziaria sanno bene che quando si parla di trattativa s’intende il rapporto confidenziale che si instaura con personaggi legati alla criminalità spicciola o a quella organizzata. In buona sostanza, li possiamo definire rapporti ‘confidenziali’, piuttosto che trattative. Confesso che spessissimo feci ricorso a fonti confidenziali, con apprezzabili risultati, specie nei confronti di Cosa Nostra.

Questi rapporti, talvolta intensi, non potevano essere connotati come ‘trattative’, atteso che il fine ultimo era il raggiungimento della verità in ordine a responsabilità penali individuali. Nell’arcinota vicenda che ha visto coinvolti il generale Mori e il capitano De Donno, si evince lapalissianamente che ci fu da parte loro un rapporto di interlocuzione con Vito Ciancimino nell’alveo dei compiti istituzionali, e che erano finalizzati alla lotta a Cosa Nostra, soprattutto in ragione del tragico momento delle stragi. Io all’epoca ero alla Dia: se di mia iniziativa o su input del direttore De Gennaro avessi avuto l’incarico di relazionarmi con Ciancimino o con pinco pallino, ebbene l’avrei fatto senza se e senza ma. E sarebbe stata trattativa? No, niente affatto. Mi risulta che oggi questi rapporti confidenziali non hanno la frequenza del passato, proprio in ragione del polverone sollevato dalla trattativa Stato-mafia. E anche perché taluni magistrati non comprendono appieno tale metodo investigativo. Mi rattristo quando leggo astruse ricostruzioni fatte da esperti che dipingono realtà non corroborate da prove. La cosa che davvero mi fa male è leggere ‘è stato un omicidio di Stato’. Dissento fermamente, sino a quando non si dimostri il contrario”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

Notizie correlate

Leave a Comment