Non si sta qui a dividere i buoni dagli stupratori

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Eh mai io no, io non sono così.

Non si sta qui a dividere i buoni dagli stupratori.

C’è bisogno di una collettiva presa di coscienza; perché alcuni accadimenti sono frutto di una metodica errata, che disconosce la responsabilità di educare i giovani al rispetto dell’altro.

Non esiste più il dialogo tra genitori e figli, non esiste l’educazione sessuale, non esistono più filtri e tutto questo è aberrante tanto quanto gli ultimi fatti di cronaca che raccontano di uno stupro di gruppo da parte di giovanissimi – completamente fuori da ogni limite e da ogni regola – ai danni di una ragazza che oltre al danno, ha subìto l’umiliazione da parte di chi pensa di avere il diritto di giudicarla e di apostrofarla in maniera subdola e meschina.

Vi è una responsabilità collettiva; in primis genitoriale, perché questi ragazzi violenti, stupratori, esaltati, sono il frutto di una completa assenza genitoriale, perché non vi è solo una mancanza di educazione alle regole, ma spesso sono figli di genitori che incitano alla virilità, che non mettono freno a delle abitudini malsane, che alterano la realtà, come se ogni giorno si debba superare un qualche limite, per vedere come va a finire. Sono figli di madri che apostrofano le vittime come poco di buono, ma che nelle stanze dei propri figli però, non sono mai entrate e non si sono mai interessate a come quei figli, oggi stupratori, passassero il tempo, immersi in una dimensione alterata, distorta, che crea dipendenza e sfida i giovani a ciò che non è e non sarà mai solo una bravata.

È colpa di un sistema che “concede attenuanti” lì dove la pena massima non sarà mai neanche abbastanza, perché confessare uno stupro di gruppo con quella portata di violenza, non merita un premio, ma una punizione esemplare.

È colpa dei circuiti della comunicazione – giornali compresi – che alimentano la spettacolarizzazione del male, la curiosità verso tutto ciò che è fuori da ogni limite. Perché la cronaca deve fare altro e la ricondivisione di frasi dette, che raccontano uno scempio senza l’analisi sociologica di un problema che è reale, è esso stesso un problema … ed anche serio.

E questo perché a volte è solo un caso che queste notizie vengano a galla, ma chissà quante se ne consumano ogni giorno, senza che la cronaca o la platea dei social lo sappia. E perché alcuni episodi di tale portata non si consumano a volte solo per un puro caso, ma esistevano invece le intenzioni. E quindi si ritorna all’origine di tutto: la mancanza di una presa di coscienza collettiva. Perché continuiamo a parlare dello schifo assurdo che si è consumato, ma poco si pensa alla vittima che resterà mutilata per sempre; mutilata in tutto ciò che rende liberi, perché la libertà di dire di no, viene violata tanto quanto il corpo; mutilata nella considerazione di sé stessa come donna che ha vissuto un orrore profondo, emotivo oltre che fisico e che vedrà tutto alterato, per sempre; perché gestire dolore, rabbia, sete di giustizia e rapporti interpersonali futuri, sarà come vivere un perenne inferno, sarà come vivere con un mostro sotto il letto pronto ad uscire e a sbranare in un giorno qualunque di quel che resta dell\’esistenza.
La donna vista come un oggetto non del desiderio, ma di un istinto carnale.
La donna come pezzo di carne da usare se serve, quando se ne ha voglia. Orrore.

Io non sono così.
Io non lo farei mai.
Continuano a dire gli uomini.
Non è questione del singolo, ma di una collettività che deve riscoprire una coscienza, che riguarda tutti, nessuno escluso.

Rieducare al rispetto dell’altro, del no dell’altro, delle scelte dell’altro.

Non le riporto le frasi di quegli stupratori. Mi rifiuto di farlo.

Mi viene da pensare non solo all’atto subdolo, violento, meschino consumatosi, ma anche alla completa mancanza di umanità nel non chiamare i soccorsi, nell’esaltazione del voler condividere l’accaduto e la pretesa affinché la vittima non denunciasse.

Sono i tasselli del mosaico di una società incancrenita, alla deriva, fuori controllo e forse irrecuperabile, se non ci si prende ognuno le proprie responsabilità.
Vorrei che si comprendesse la gravità di ciò che è accaduto, ma senza sconti.
Lo stupro è un crimine gravissimo non solo verso il singolo ma verso l’umanità e allora mi domando quale debba essere la pena da infliggere.
Forse la pena dovrebbe toccare a tutti noi, fin quando non ci interrogheremo su ognuno dei nostri sbagli, primo fra tutti come educhiamo (o non educhiamo) i giovani a gestire emotività, sesso e relazioni … ognuno dal proprio ruolo.

 

 

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