Morte della piccola Diana: particolari agghiaccianti vengono fuori durante l’interrogatorio in carcere

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Gli uomini li conosceva su Tinder, con loro instaurava rapporti e forse proprio con uno di questi ha avuto Diana.
Gli investigatori hanno trovato la bambina morta, con piaghe sul corpo, segno dei pannolini lasciati addosso per interi giorni, considerato che non era la prima volta che Alessia Pifferi lasciava sua figlia da sola per interi fine settimana. Il biberon vuoto, i segni di latte sul volto, il pannolino strappato e lanciato oltre le sbarre del lettino da campeggio.

Davanti al gip Fabrizio Filice e l’avvocato Raffaella Brambilla, la donna è stata interrogata per circa due ore nel carcere di San Vittore a Milano. Interrogatorio di convalida di fermo con l’accusa di omicidio volontario aggravato anche dai futili motivi e dalla premeditazione per aver lasciato la sua bimba di quasi un anno e mezzo sola in casa per quasi una settimana, causandone la morte per stenti. La Procura ha chiesto per Alessia Pifferi la custodia in carcere. Il Pm De Tommasi, ha ribadito come la Pifferi non si sia fatta scrupoli nel lasciare da sola la piccola Diana, senza interessarsi a lei e pur sapendo che avrebbe potuto cagionarle la morte; tutto per portare avanti le varie relazioni e divertirsi. La donna è ritenuta pericolosa, e capace di reiterazione del reato.

Per gli inquirenti non vi è necessità di perizia psichiatrica considerato che la Pifferi è apparsa lucida e presente a sé stessa, durante gli interrogatori. Mai ha pianto, né mai ha perso il controllo, era lucidissima nel ricostruire i fatti anche durante l’interrogatorio avvenuto nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi.

In attesa dell’autopsia, i primi accertamenti hanno stabilito che la piccola è morta per stenti e mancanza di accudimento.

“Sapevo che poteva finire così”

Questa  la frase cardine della sua colpevolezza alternata a silenzi davanti al alcune domande circa il suo comportamento.

“Le avevo dato delle gocce di tachipirina, la vedevo nervosa e sbavava, pensavo fossero i dentini”. 

Ma nessuna flacone di antipiretico è stato rinvenuto sul luogo.

Dopo sei giorni è rientrata e circa il momento in cui ha scoperto che la figlia era morta dice:

“Ho visto che non si muoveva. Le ho dato una pacchetta sulla schiena ma niente. Allora le ho messo i piedi nel lavandino per bagnarla ma non reagiva”.

Poi scende chiede aiuto ad una vicina, chiama il 118 e nel cortile dice:

“Non sono una cattiva madre”.

Il giudice, dopo l’interrogatorio di oggi, dovrebbe depositare domani il suo provvedimento.

Dalle prime ricostruzioni sembrerebbe che Diana fosse il frutto di una gravidanza indesiderata. Non è stato accertato alcun degrado o stato di tossicodipendenza della madre, e quella azione – secondo gli inquirenti – è stata dettata dalla volontà di annientarla, quasi a fingere di non averla mai avuta.

Secondo le indagini nel tardo pomeriggio del 14 luglio, la Pifferi avrebbe lavato la bambina, l’avrebbe cambiata, poi messa nel lettino da campeggio con un biberon di latte, forse somministrandole anche un potente tranquillante, considerato che gli investigatori hanno rinvenuto una boccetta di benzodiazepine vuota per metà.

Poi si sarebbe allontanata alla volta di Leffe e al suo nuovo compagno avrebbe detto che la piccola era con sua sorella.
Il giornale “L’eco di Bergamo” riporta la notizia che la donna, era solita raccontare in giro di essere una psicologa infantile.

Campava di bugie. Lo scorso anno aveva detto che sua madre era morta di Covid, ad un negoziante. Prima aveva raccontato che doveva andare fuori con il compagno, che la piccola sarebbe rimasta con la mamma ma che però poi non si era fatto nulla perché la mamma si era ammalata e poi era morta.

Il fratello dell’attuale compagno di Alessia Pifferi ha dichiarato agli inquirenti di non sapere assolutamente nulla, se non quello che sanno tutti attraverso la cronaca.

 

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