La Sicilia e il governo Draghi

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L’equilibrio sociale in Sicilia a rischio qualora non fossero confermati reddito di cittadinanza, blocco licenziamenti e cassa integrazione. I dettagli.

Secondo gli ultimi dati a disposizione, il reddito di cittadinanza in Sicilia mantiene a galla circa 550mila siciliani. E poi, se non si blocca lo sblocco ai licenziamenti, in Sicilia rischiano il posto di lavoro 37mila persone. Ecco i due nodi al pettine di Mario Draghi, e del suo nascituro governo, che interessano la Sicilia e, in particolare, secondo matematica, un siciliano su otto. Lui, l’ex presidente della Bce, ha già prospettato un taglio all’assistenzialismo e ai sussidi. Le parole di Draghi: “I sussidi sono una prima forma di vicinanza, servono a sopravvivere, a ripartire. Ma finiranno, e ai giovani bisogna dare di più”. E ciò, ovviamente, ha posto sulla graticola il reddito di cittadinanza, e il Movimento 5 Stelle ha sollevato le barricate, anche perché proprio in virtù del reddito di cittadinanza i 5 Stelle hanno sbancato i collegi elettorali siciliani alle scorse elezioni Politiche. E poi, invece, i sindacati hanno sollecitato la proroga del blocco ai licenziamenti e della cassa integrazione oltre il mese di marzo prossimo. Sono istanze ritenute essenziali al fine di garantire nell’Isola coesione ed equilibrio sociale. Infatti, secondo l’EuroStat, la Sicilia è la regione d’Europa con il più elevato rischio di povertà, e dove, in base all’ultimo bollettino Inps, aggiornato a dicembre, si sorreggono sul beneficio del reddito di cittadinanza 551.915 persone. E la Svimez conferma scrivendo nel suo report: “Il reddito di cittadinanza ha contribuito significativamente a ridurre la platea dell’esclusione e della marginalità fornendo un reddito minimo garantito”. Ed il segretario regionale della Cgil, Alfio Mannino, rilancia e aggiunge: “Un milione di siciliani vive almeno in condizione di povertà relativa, se non assoluta. Se dovessero finire cassa integrazione e blocco dei licenziamenti, è a rischio non solo la tenuta sociale, ma anche quella democratica della Sicilia”. Dunque, il prossimo 31 marzo scadono sia il blocco dei licenziamenti che la possibilità per le aziende di accedere gratuitamente alla cassa integrazione. L’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, conferma il dato dei 37mila posti di lavoro a rischio in Sicilia e aggiunge: “Entrambe le misure, blocco e cassa, andrebbero prorogate fino a tutto il 2021. Le richieste delle aziende, invece, sono opposte: facoltà di licenziare, ma senza interrompere la cassa integrazione covid”. Nel frattempo, il governo regionale batte già cassa al nuovo governo nazionale non ancora partorito. La giunta Musumeci, in particolare, oltre al già concluso accordo con Roma per pagare a rate in 10 anni il disavanzo da 1 miliardo e 700 milioni di euro, pressa per un altro accordo con lo Stato che consenta di tamponare il buco da 300 milioni di euro emerso nella finanziaria 2021, e che l’assessore all’Economia, Gaetano Armao, addebita alle entrate tributarie che la Regione ha previsto in eccesso.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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