“La Barbera pagato in nero dal Sisde e dai Madonia”

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Conclusa la requisitoria al processo d’appello sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio. Invocata la condanna degli imputati. Il pubblico ministero: “La Barbera pagato dai servizi segreti e dai Madonia”.

Al processo di secondo grado, in corso innanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta, sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio contro il giudice Paolo Borsellino, la Procura Generale ha invocato la condanna dei tre imputati: 9 anni e 6 mesi di reclusione per l’ispettore Fabrizio Mattei, 11 anni e 10 mesi per il commissario Mario Bo e 9 anni e 6 mesi per l’agente Michele Ribaudo. Gli si contesta il reato di calunnia aggravata dall’aver favorito l’associazione mafiosa Cosa nostra. E nella parte finale della requisitoria il pubblico ministero applicato alla Procura generale, Maurizio Bonaccorso, si è soffermato sul capo della Squadra Mobile di Palermo all’epoca, Arnaldo La Barbera, capo del pool investigativo “Falcone e Borsellino” di cui sono stati parte anche Mattei, Bo e Ribaudo, e presunto primo burattinaio e manovratore del falso pentito Vincenzo Scarantino.

Bonaccorso tra l’altro ha affermato: “Il dottore Arnaldo La Barbera era finanziato dai servizi segreti del Sisde in nero. Sono soldi che lui prendeva non per pagare i confidenti ma per cose personali. Per pagarsi l’albergo, dove amava stare: un tenore di vita assolutamente considerevole in relazione a quello che poteva essere la capacità reddituale di un funzionario di polizia. Situazione di una gravità inaudita. Il fatto che La Barbera venisse sovvenzionato vi sembra poco? A raccontarci un episodio fondamentale è stato Vincenzo Pipino. Era in carcere, dopo essere stato detenuto a Venezia con Vincenzo Scarantino, e vede Scarantino in televisione e dice: ‘ah, il collaboratore dei servizi segreti’.

E dunque dobbiamo partire dalle risultanze su Arnaldo La Barbera che ci danno l’immagine di un soggetto che è un ponte tra due mondi, quello di Cosa nostra e quello dei servizi deviati, entrambi interessati al mancato accertamento della verità. Vi è stata un’anomala, per non dire inquietante, collaborazione tra la procura di Caltanissetta e il Sisde nella fase preliminare delle indagini. Questa collaborazione nasce dall’ostinazione del procuratore di Caltanissetta, il dottore Tinebra, che all’indomani della strage sollecitò una collaborazione con il Sisde. La cosa singolare è che l’attività del Sisde, anziché entrare in collisione con l’attività della Squadra mobile di Palermo, si salda perfettamente con essa. Quindi il Sisde veste di mafiosità Vincenzo Scarantino, che fino ad allora era stato un delinquente comune”.

E poi Bonaccorso ha aggiunto: “Arnaldo La Barbera era a libro paga dei Madonia. Aveva un tenore di vita altissimo. Abbiamo accertato che versava continuamente soldi sul suo conto corrente. In un anno circa 100 milioni di lire. Difficile credere che si potesse trattare di trasferte. Neanche avesse fatto il giro del mondo. Quello che è significativo sono le modalità in cui questo contante viene versato. Nel ’91 c’è un solo versamento di 8 milioni di lire, nel ’92 questa persona di colpo cambia abitudini rispetto alla sua attività bancaria e comincia a fare versamenti continui per importi davvero consistenti. Certamente non sono tutti proventi illeciti ma questo dato ci conferma quello che hanno detto i collaboratori Vito Galatolo e Francesco Onorato e cioè che La Barbera era a libro paga dei Madonia. Quindi abbiamo un personaggio ambiguo, che da un lato viene costantemente finanziato dal Sisde, e dall’altra parte abbiamo i collaboratori che ci raccontano di un rapporto con la mafia”.

E poi sull’angenda rossa il pubblico ministero rileva: “Fondamentale è il tema dell’agenda rossa e la sua presenza nella borsa di Borsellino il 19 luglio 1992, il giorno della strage. Abbiamo sul punto le dichiarazioni della figlia di Borsellino che ci dice: papà aveva tre agende, una marrone, dove metteva qualche dato e numeri di telefono, l’altra grigia, dove annotava alcune cose, e quella rossa che per lui era importantissima. Il 19 luglio Borsellino aveva portato con sé l’agenda rossa perché non verrà ritrovata a casa dei familiari. Quando Borsellino scende dalla macchina in via D’Amelio non ha con sé in mano l’agenda rossa. Primo perché lui guida la macchina e poi dalle testimonianze emerge che il dottore Borsellino, prima di andare a citofonare alla madre, si accende una sigaretta. Quindi aveva in una mano la sigaretta e nell’altra l’accendino, quindi non poteva avere l’agenda in mano. E l’agenda non è stata più trovata, quindi qualcuno se n’è appropriato. E non è qualcuno di Cosa nostra. Perché non è pensabile che sulla scena della strage ci fossero dei mafiosi intervenuti per appropriarsi dell’agenda rossa. Altro dato è che la borsa ricompare nella stanza di Arnaldo La Barbera a mesi di distanza, in maniera irrituale, senza che sia stato fatto un verbale di sequestro, e soprattutto viene riconsegnata in maniera irrituale alla famiglia di Borsellino”.

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