Forza Italia: “Ne resterà soltanto uno”

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Prove di acqua sul fuoco dello scontro tra i due gruppi di Forza Italia in Sicilia. Miccichè: “L’unica soluzione è il commissariamento del partito. Sono pronto a lasciarne la guida”.

Forza Italia siciliana è un campo di battaglia. Si guerreggia tra Guelfi e Ghibellini dei primi del terzo millennio. Da una parte la Forza Italia di Gianfranco Miccichè, e dall’altra la “Forza Italia all’Ars”, così come è stato battezzato il gruppo avversario, benedetto da Renato Schifani e che conta 9 deputati su 13, la maggioranza. E, come recita Highlander, “ne resterà soltanto uno”. La lotta si arroventa. Domenica scorsa a Catania, alla festa del “Tricolore” di Fratelli d’Italia, qualcuno da dietro le quinte, come il gladiatore, ha sussurrato: “Al mio segnale, scatenate l’inferno”. E inferno è stato. L’assessore Marco Falcone, punta del compasso del gruppo ostile a Miccichè, ha appiccato il fuoco, rivolgendosi così al rivale: “Gianfranco, devi andare via da Forza Italia. Sono 5 anni che rompi le scatole alla Sicilia. Prima non era buono Musumeci, adesso Schifani”. Lui, il commissario regionale del partito di Berlusconi, interviene a freddo. Miccichè indica la stella cometa per orientare i Re Magi verso la grotta di Betlemme, ovvero la pace. E afferma: “Probabilmente c’è un modo solo per uscire dalla situazione di stallo che si registra oggi all’interno di Forza Italia: commissariare il partito in Sicilia. Io sono pronto a questa soluzione, ma l’importante è che si stabiliscano regole certe per il periodo commissariale. Insomma, tutti dobbiamo poi seguire le indicazioni del commissario, ma la decisione spetta a Berlusconi”.

Poi solleva ancora lo scudo e la spada, e aggiunge: “Noi siamo nella maggioranza e non andremo via anche se provano a cacciarci. Loro avevano convocato il gruppo senza nemmeno invitarci e non si sa sulla base di quale norma”. Dall’altra parte replicano: “Non è vero. Miccichè e i suoi erano stati invitati. Abbiamo gli screen shot che lo testimoniano”.

Poi, diplomatico, l’ex presidente dell’Assembla aggiunge ancora: “Io non lascerò mai il partito. Sono pronto a lasciarne la guida, ma voglio capire cosa è successo. La sera prima era tutto a posto, l’indomani scopro che non ci hanno dato niente. Io ho sempre cercato la pace, e mi sarei accontentato anche di un segretario di Commissione, ma niente, neanche quello. Probabilmente sto pagando l’aver pubblicamente detto che il candidato non poteva essere Musumeci, ma non ero l’unico a pensarlo. Non lo voleva quasi nessuno, e molti di quelli che non lo volevano ora siedono al governo. Questo governo durerà cinque anni, non ho dubbi. Deve solo smetterla di dire che è in continuità con Musumeci. E’ un’altra cosa. Schifani è mille volte meglio di Musumeci, e già lo si è visto anche nella vicenda Lukoil, solo per fare un esempio. Noi voteremo in aula con la maggioranza a partire dalla manovra. Non faremo tranelli, a meno che non sia una manovra invotabile. Ma non abbiamo nessuna intenzione di andare all’opposizione. Altri vogliono spingerci in quella direzione ma non ci caschiamo”.

E poi, in conclusione, Gianfranco Miccichè ribadisce: “Per il partito la strada è il commissariamento. Ma con regole certe e con una gestione super partes del partito. A meno che Berlusconi non decida che vuole far fuori Miccichè e lo può fare. Lo accetto. Ho avuto tanto dal Presidente che accetto se decide che devo farmi da parte. La pratica è sul suo tavolo. Ha autorizzato lui la nascita del secondo gruppo di Forza Italia, quello chiamato ‘Forza Italia all’Ars’. Inizialmente volevano chiamarlo ‘Forza Italia per Schifani’ ma Berlusconi ha detto no. La pratica Sicilia è nelle sue mani. Io sono pronto a sedermi e discutere. Io voglio la pace, voglio che si esca da questa situazione. Sono pronto ad andare anche a Roma se serve ma si deve ridiscutere tutto. Insomma: o rimpastano il governo o rimpastano Miccichè, e io non mi faccio rimpastare. Però parliamo, discutiamo civilmente e una soluzione si troverà”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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