Corte di Appello di Palermo: legittimo il licenziamento disposto dal Civico “Di Cristina – Benfratelli” di Palermo nei confronti di un dipendente in possesso di un titolo di accesso falso

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I Giudici della Corte di Appello di Palermo, Sez. Lavoro, con Sentenza del 02 marzo 2023, hanno rigettato il ricorso in appello proposto dal sig. R.M. confermando la piena legittimità del provvedimento con cui l’ARNAS Civico “Di Cristina – Benfratelli” di Palermo, nell’agosto del 2021, aveva risolto il rapporto di lavoro intercorso con il sig. R.M.
La singolare vicenda ha inizio nel 2017 quando l’ARNAS Civico di Palermo diede avvio ad una procedura selettiva per il conferimento di incarichi libero professionali con il profilo professionale di Operatore Socio Sanitario.
A tale selezione prese parte il sig. R.M dichiarando, a tal fine, di essere in possesso dell’attestato di qualifica di Operatore Socio Sanitario conseguito a seguito del superamento di un corso di formazione di durata annuale.
Tuttavia, a seguito di controlli di ufficio eseguiti al fine di appurare la veridicità delle dichiarazioni rese dai vincitori della selezione, l’ARNAS Civico riscontrò che il sig. R.M. risultava privo del titolo di accesso alla procedura selettiva poiché il titolo dichiarato risultava essere falso.
In esito a tali controlli, pertanto, con deliberazione del 10.09.2021 l’ARNAS disponeva la revoca dell’incarico conferito al lavoratore.
Contro tale decisione il sig. R.M. proponeva ricorso innanzi al Tribunale di Palermo, Sez. Lavoro, con il quale richiedeva l’annullamento della delibera del 10.09.2021 e la propria reintegra nel posto di lavoro con condanna dell’Amministrazione sanitaria al risarcimento dei danni subiti.
Tale azione veniva avversata dall’ARNAS Civico di Palermo – in persona del suo legale rappresentante pro-tempore Dott. Roberto Colletti – che, costituendosi in giudizio con il patrocinio dell’Avv. Girolamo Rubino, evidenziava la piena legittimità della delibera di revoca dell’incarico già conferito al sig. R.M. in quanto diretta ed immediata conseguenza della dichiarazione non veritiera dallo stesso resa in merito al possesso dell’attestato professionale di Operatore Socio Sanitario risultato del tutto mancante.
In corso di causa, inoltre, l’Avv. Rubino rilevava come il rapporto di lavoro tra l’A.R.N.A.S. ed il sig. R.M. doveva considerarsi nullo ab origine, in quanto lo stesso non aveva mai conseguito il titolo di operatore O.S.S. e, pertanto, non avrebbe mai potuto partecipare alla selezione pubblica indetta dall’ARNAS, essendo privo del requisito specifico richiesto dal bando ai fini dell’ammissione alla selezione.
Il giudizio di primo grado si concludeva con Sentenza del 20 ottobre 2022, con cui il Tribunale di Palermo, Sez. Lavoro, condividendo le argomentazioni dell’Avv. Rubino, rigettava il ricorso proposto dal sig. R.M. condannandolo anche al pagamento delle spese di lite in favore dell’Amministrazione sanitaria.
Il sig. R.M., pertanto, proponeva appello avverso la superiore Sentenza affermando l’erroneità della decisione resa dal Tribunale sia per non aver esperito alcun preliminare tentativo di conciliazione sia per non avere tenuto conto della sua buona fede all’atto di rendere la dichiarazione sostitutiva in merito al possesso del titolo di Operatore Socio Sanitario.
Tale gravame veniva avversato dall’Amministrazione Sanitaria che, sempre con il patrocinio dell’Avv. Girolamo Rubino, deduceva innanzi alla Corte di Appello di Palermo, la palese infondatezza di tutte le argomentazioni del sig. R.M.
Più precisamente, l’Avv. Rubino evidenziava non solo come il proposto appello fosse da ritenersi inammissibile – non essendo stata impugnata la sentenza conclusiva del giudizio di prime cure nella parte in cui aveva dichiarato la mancanza del titolo professionale di Operatore Socio Sanitario in capo all’appellante – ma anche che nessuna norma del codice di procedura impone al Giudice – a pena di nullità della sentenza – di esperire il tentativo di conciliazione tra le parti.
Inoltre, l’Avv. Rubino – richiamando molteplici precedenti giurisprudenziali – rilevava come in tema di dichiarazioni mendaci il soggetto che ha reso una dichiarazione non veritiera decade da ogni beneficio conseguito per effetto di essa e ciò indipendentemente dalla condizione soggettiva del dichiarante (dolo o colpa), essendo la decadenza dall’impiego un effetto automaticamente conseguente all’accertata falsità della dichiarazione.
Ebbene, la Corte di Appello di Palermo, ritenendo fondate le pertinenti argomentazioni dell’Avv. Rubino, con Sentenza del 02.03.2023 ha rigettato il gravame proposto dal sig. R.M. condannandolo, anche in questo caso, al pagamento delle spese di lite in favore dell’Amministrazione sanitaria.

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