Il tormento della spesa dei fondi europei

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Lo stato dell’arte della spesa dei fondi europei in Sicilia tra le agende 14 – 20 e 21 – 27. I dettagli su quanto è stato rendicontato finora dalla Regione.

La spesa dei fondi europei in Sicilia è un tormento costante. Anche perché incombe l’obbligo di spendere i soldi entro un termine, altrimenti si restituiscono al mittente, a Bruxelles. E più volte ciò è accaduto, perché piove tanto denaro e spesso non si è capaci di spenderlo e bene. Nell’agenda europea 2014 – 2020 la Regione Siciliana ha rendicontato 6,5 miliardi di spesa su una dotazione finanziaria complessiva di 14,8 miliardi: sono stati investiti meno del 50% dei fondi. Più nel dettaglio, al 31 dicembre 2023, nell’ambito del Fesr, il Fondo europeo di sviluppo regionale, la Regione ha rendicontato 2,5 su 4,3 miliardi di euro complessivi. Sul Fse, il Fondo sociale europeo, sono stati rendicontati 645 su complessivi 820 milioni di euro. Sul Fsc, il Fondo di sviluppo e coesione, al 30 giugno 2023 la Regione ha rendicontato 1,9 su 2,9 miliardi di euro.

Nel frattempo l’agenda europea 2021 – 2027 è ancora in fase di impegno di spesa, ed è quindi prematuro tracciare un bilancio. Le risorse finanziarie a disposizione sono ingenti: per il Fesr (su innovazione, sostegno alle piccole e medie imprese ed economia a basse emissioni di carbonio) 5,8 miliardi di euro. Per l’Fsc (su trasporti e tutela dell’ambiente negli Stati membri meno sviluppati) 6,8 miliardi. Per l’Fse (su occupazione, istruzione, formazione, inclusione sociale e capacità istituzionale) 1,5 miliardi. E poi 2,6 miliardi per il Feasr (la politica agricola comune), e 116,3 milioni per il Feampa (la politica comune della pesca). Totale: 16,8 miliardi di euro offerti per il progresso della Sicilia, un’occasione più che preziosa, che si auspica non sia sprecata.

E nel merito delle cause che incidono in negativo sull’utilizzo dei fondi europei, la Cgia relaziona e scrive: “Ricorrono gravi criticità che non riusciamo a rimuovere. Ci riferiamo alla lentezza burocratica e all’inefficienza cronica, in particolare delle amministrazioni regionali del Mezzogiorno, che, destinatarie di una buona parte di questi fondi di coesione, spesso non hanno le risorse umane e le competenze necessarie per realizzare i programmi operativi. Ma il vero handicap va ricercato nella bassa qualità dei progetti che presentiamo e che, una volta realizzati, producono un effetto moltiplicatore molto contenuto. Insomma, non sono in grado di generare delle ricadute significativamente importanti per l’economia e la qualità della vita dei territori in cui insistono”.

E poi la Cgia aggiunge: “L’inefficienza della Pubblica Amministrazione ha delle evidenti ricadute negative sul livello di produttività delle imprese private. La produttività media del lavoro delle imprese è più elevata nelle zone (come nel Nord Italia) dove l’Amministrazione pubblica è più efficiente. Diversamente, dove la giustizia funziona peggio, la sanità è malconcia e le infrastrutture sono insufficienti (prevalentemente nel Sud Italia), anche le imprese private di quelle regioni perdono competitività”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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