Abbiamo detto e scritto più volte, la povertà e il disagio sociale alimentano la dispersione scolastica. Non basta dire “abbandono” per spiegare il grave fenomeno della dispersione scolastica. Questa non può essere limitata solo nel momento dell’allontanamento dalla scuola, ma anche dalla scarsa fiducia in se stesso, dalla voglia di non fare, di rendersi conto che “lo studio non apparecchia la tavola”, come disse P.S. ex studente di un Liceo Scientifico di Palermo. La fame era tanta, ed anche i figli. Sul contrasto alla dispersione scolastica, l’art. 34 della Costituzione Italiana è chiaro e prevede l’obbligatorietà dell’istruzione inferiore, impartita per almeno 8 anni. Ma è soltanto scritto dice P.S. la realtà è profondamente diversa. Gli chiedo se conosce l’Osservatorio per la dispersione scolastica e se qualcuno è andato mai a cercarlo. La risposta è un secco no. Le analisi degli Osservatori sulla dispersione scolastica hanno evidenziato le cause principali: disagi socioeconomico-culturali, problemi di integrazione collegati al fenomeno migratorio, disagi psico-emotivi e situazioni critiche familiari che interferiscono con la serenità dello studente. Quella serenità persa anni fa dall’ex studente P.S. Ben vengano i convegni che mirano ad approfondire diverse sfaccettature afferenti alla dispersione scolastica. Il fenomeno nel suo complesso così come misurato da altri indicatori europei è strettamente connesso ai territori economicamente e socialmente più svantaggiati, vedi Campania, Sicilia, Puglia. Necessita una sinergia tra provveditorati, prefetture e Comuni, altrimenti dei Convegni, tavoli ecc. rimane soltanto un “elegante” ricordo e qualche foto dichiara Aldo Mucci dirigente SGS Scuola.
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