“Vite di Ginius” di e con Max Mazzotta, una scrittura drammaturgica di grande rilievo

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“Vite di Ginius”, un lavoro enorme, difficile e di grande rilievo drammaturgico quello portato in scena da Max Mazzotta al Piccolo Teatro Unical dal 30 novembre al 5 dicembre, già apprezzato la scorsa estate al Campania Teatro Festival e che continua la sua tournée nei teatri italiani nei prossimi giorni: il 10 dicembre al Teatro Comunale di Badolato (Cz)  e il 17 e 18 gennaio a Roma al Teatro Sala Umberto. 

Una tridimensionalità artistica che impatta in maniera assai coinvolgente sul pubblico che si trova ad attraversare quello spazio in cui non è possibile non immedesimarsi, non riflettere, non apprezzare.

Max Mazzotta, attore e drammaturgo di grande levatura, che negli anni si è cimentato con testi importanti senza deludere mai, cuce su di sé il ruolo di un’anima che si relaziona con una dimensione altra, sconosciuta, che intraprende un viaggio di purificazione e di sconforto, ma anche di consapevolezza. Ginius si lascia guidare da una voce che lo assiste durante quel passaggio e che lo aiuta a scavare dentro la sua anima, a capire come sia stata davvero l’esperienza in vita – e in questo caso nelle vite – nelle vite diverse vissute da Ginius che ha condotto la propria esistenza da codardo, da vigliacco, incapace di fare la cosa giusta. E tutto questo, attraverso il ricordo, che Mazzotta porta in scena, con 4 tempi, raccontando le esperienze del personaggio, crudelmente, mostrando tutti i limiti avuti in vita e coinvolgendo il pubblico con una prorompente carica empatica.

Diversi linguaggi si fondono in scena. Una musicalità avvolgente e il ritmo incalzante della prima parte declamata in terzine, con una metrica tanto difficile quanto appassionante, che richiede però una massima attenzione per comprenderne a pieno il significato e la potenza. E poi i suoni, le immagini proiettate, le scene rappresentate in video capaci di riprodurre i luoghi e i momenti storici raccontati dall’attore, che vive in scene le vite di Ginius, nell’arco temporale di mille anni.

Il linguaggio usato da Mazzotta in scena va dai dialetti all’italiano forbito, e il tutto è fatto in maniera magistrale.
Ogni parola scritta e poi declamata di questo spettacolo racconta non solo la sua capacità di concepire il teatro come quella dimensione di magia e di possibilità di riflessione, ma anche la sua bravura come attore che in scena regala ogni parte di sé. Le sue tante voci, le sue espressioni facciali, la sua energia, la sua carica carismatica, rendono tutto perfetto. 

La dimensione onirica, il ricordo, la paura, che si trasformano in stille di emozione.
Neanche una parola scontata, e se quando arrivi a teatro non sai bene cosa ti aspetterà, quando vai via, sai di aver fatto anche tu un viaggio; un viaggio culturale ed emozionale. Ti prende la voglia di ricordare la tua vita passata, chi sei stato e come hai vissuto.
Anche la scelta di che personaggi delineare, di che carattere attribuire loro, è stata geniale. Ognuna delle vite di Ginius consegna la consapevolezza, che forse per imparare a fare la cosa giusta, non basti una vita sola, ma poiché solo una ce ne viene data, allora si finisce per essere alla continua ricerca tra l’intenzione di ognuno e il destino che regola alcune dinamiche del vivere.

La grandezza della scrittura di Max Mazzotta sta proprio nella sua capacità di essere colto e comprensibile, di scrivere con la capacità di connettere le diverse sfumature e i diversi elementi che compongono lo spettacolo teatrale.

 

Simona Stammelluti 

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