“Non è lui”, scarcerato dopo tre anni

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Il caso del falegname eritreo arrestato perché ritenuto un boss del traffico di esseri umani: la Corte d’Assise di Palermo riconosce l’errore di persona.

Lui ha sempre sostenuto che non fosse lui. “Io non sono lui”. “Sì, lui somiglia tanto a me, ma non sono io. Lui è un’altra persona”. Così ha ripetuto a perdifiato un africano, dell’Eritrea, Medhanie Tesfamariam Behre, 32 anni, detenuto in carcere dal 24 maggio del 2016 perché ritenuto un cinico e spietato trafficante di uomini, il super ricercato Mered Medhanie, 37 anni, conosciuto come “Il Generale”. Adesso la Corte d’Assise di Palermo, presieduta dal giudice Alfredo Montalto, ha riconosciuto l’errore in sentenza: “Sì, lui, l’arrestato e carcerato, non è il ricercato. Sono molto somiglianti, ma il detenuto non è il trafficante”. Il calvario in terra di Sicilia dell’eritreo innocente inizia alla mezzanotte di martedì 7 giugno del 2016, quando a Roma è atterrato, in volo dal Sudan, da dove è stato estradato, lui, presentato e accolto come Mered Medhanie, lo spregiudicato trafficante di essere umani, boss alle redini delle galoppate dei migranti, dall’Africa, la Libia, il mare, alle coste siciliane, verso il nord Europa. Alcuni amici del presunto Mered Medhanie si affannarono a spiegare: “Non è lui la persona che cercano.

E’ stato uno scambio di identità, e il giovane arrestato è innocente”. I suoi compagni di gioventù aggiunsero: “Non credo possa essere coinvolto in niente del genere. E’ una persona buona”. Finanche una giornalista svedese di origine eritrea, che nel 2015 ha intervistato il vero Mered Medhanie, ribadì che il giovane arrestato ritratto nelle fotografie non è lui, il boss Medhanie, e giurò: “E’ solo un rifugiato che si trovava a Khartoum”. Dunque l’eritreo, che è un falegname, è stato scagionato. Il giudice Montalto lo ha condannato a 5 anni di reclusione per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina perché avrebbe contattato e pagato denaro ad un trafficante per la traversata di due suoi cugini. La misura cautelare per tale reato non è applicabile oltre i 3 anni, e, pertanto, l’eritreo, difeso dall’avvocato Michele Calantropo, è stato scarcerato.

 

A testimonianza dello scambio di persona è stato il confronto tra il dna dell’eritreo e il dna del figlio di 3 anni del “generale”. Il prelievo del dna, che ha rivelato la non paternità dell’eritreo, è stato eseguito dalla difesa dell’imputato. Tuttavia non è stato accolto come prova dalla Corte d’Assise. E la Procura ha invocato la condanna del falegname a 14 anni di reclusione per associazione a delinquere pluriaggravata, additandolo come il capo di una delle maggiori organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di migranti tra l’Africa e l’Europa.

 

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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