Non ci ruberete gli ideali

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È sempre così, quando una persona – con tutti i suoi limiti di essere umano – finisce nel fango, trascina con sé anche gli ideali. E questo non va bene mai. Perché gli ideali proteggono il futuro, ci aiutano a pensare ad un mondo migliore, a credere che ce la si possa fare, e che il male prima o poi perirà sotto il peso dell\’altruismo, dell\’onestà e della gratitudine.
Ed è per questo che prendiamo le distanze dagli eventi che portano le persone a sbagliare, tenendoci stretti gli ideali.
Per noi giornalisti è davvero molto difficile dover tornare sui propri passi come ci è toccato fare nei giorni scorsi, ed è ancora più difficile per noi giornalisti che raccontiamo la terra di Sicilia, la terra di mafia.

E così in questi giorni ci è toccato raccontare una storia, un fatto di cronaca, molto diverso da quello che avevamo raccontato nel 2020, in piena pandemia; era la storia di Daniela Lo Verde, la preside della scuola \”Falcone e Borsellino\” nel quartiere Zen 2, uno dei più disagiati di Palermo, dove lei si recava ogni mattina per coordinare gli aiuti alle famiglie dei suoi studenti.

Per tutti quella preside era la faccia bella e pulita di una terra messa sotto scacco dalla mafia, veniva intervistata dalle tv di mezzo mondo e nominata Cavaliere del Lavoro dal Presidente Mattarella ed ogni volta ripeteva sempre lo stesso \”Slogan\”: \”noi insegniamo legalità persino durante la ricreazione\”.
Tutti abbiamo creduto alle sue parole, anche Bruxelles tanto che ogni volta che la preside Lo Verde partecipava ai bandi europei per avere dei fondi destinati ai suoi ragazzi, li otteneva sempre e nessuno mai aveva dubitato della sua \”buona volontà\”.

Eppure, malgrado sia stato difficile crederci, la realtà era molto lontana da ciò che lei stessa raccontava, e a sbugiardarla non solo le accuse di peculato e corruzione che l\’hanno portata ad essere arrestata, ma proprio le intercettazioni che non lasciano scampo a dubbi e che fanno rabbrividire

\”Ci arrivano soldi da tutte le parti – esultava con il suo vicepreside – e tu lo devi dire che io sono quella speciale\”.

Ma questo non era un perdonabile sussulto di vanità di una persona che si ritrova al centro dell\’attenzione per merito, ma era la malsana euforia di chi si crede onnipotente e quindi in diritto di fare ciò che vuole, anche rubare.

Ma non è vero che vince il male, non sempre.
Non è vero che in terra di mafia sono tutti corrotti e collusi.
Non è vero.
È vero invece che esistono gli ideali di legalità che si nutrono di gesti quotidiani e coraggiosi, come quello di una ex collega della preside Lo Verde, che qualche settimana fa si è presentata dai carabinieri, denunciando (parola sconosciuta a chi pensa che sia meglio la protezione della mafia che della giustizia) perché – come lei stessa dirà – non può più tacere e racconta che \”Daniela ruba ai ragazzi\”.

I carabinieri piazzano le telecamere e capiscono subito che le parole della donna non sono pettegolezzo o maldicenza, ma la cruda, becera, disgustosa realtà, quella che tenta di distruggere gli ideali di legalità e giustizia.

Le intercettazioni sono agghiaccianti.
Le parole che Daniela proferisce alla figlia fanno davvero cadere le braccia perché la dimostrazione di quanto per davvero lei fosse così bassa ed infima da rubare ai suoi ragazzi:

Questa cosa di origano mettila pure, per casa. Quei gelati puoi prenderli e metterli nei sacchetti. La giardiniera e le patatine per la casa al mare

E poi ancora dice alla figlia:

lo vuoi il computer? ora ce lo grattiamo. 

E poi a tradirla sono anche le telecamere che la riprendono mentre carica tutto il \”malloppo\” nel bagagliaio della sua auto.

La preside Lo Verde aveva messo le mani su tutto ciò che era destinato ai ragazzi e ai corsi europei che non sono però mai stati realizzati, e dopo aver falsificato anche le firme dei suoi alunni che a quei progetti non hanno mai partecipato.

Questa storia – una come tante, direte – ci fa male, ci fa sentire traditi ed anche un po\’ stupidi, soprattutto noi giornalisti che abbiamo raccontato una \”faccia pulita\” che non esisteva e che in realtà, era completamente accordata ai gesti beceri e disonesti, che sono il distintivo della filosofia mafiosa.

E fa male anche quella chiacchiericcio che si insinua nel racconto di questa storia, la voce di quella parte di Sicilia – dalla quale noi da sempre prendiamo le distanze – che ridicolizza i paladini della giustizia, facendo passare il concetto che tanto la giustizia non vincerà mai, che tanto la legalità in quella terra non esiste e chi vi crede è solo un illuso, perché le cose non cambieranno mai.

Ma ognuno di noi fa le cose che sa fare nel proprio piccolo e noi lo facciamo dalle pagine del nostro giornale, perché può cadere un simbolo (o presunto tale) della giustizia, ma potrà mai cadere un ideale, per il quale in molti ci battiamo, nel silenzio di giorni comuni, raccogliendo sforzi e storie, credendoci ancora, fino in fondo. E non sarà il fallimento di un singolo a toglierci la forza di continuare a raccontare e ad insegnare ai giovani a capire bene da che parte stare.

 

 

 

 

 

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