Nel momento più difficile, insoddisfazione di medici ospedalieri e dirigenti sanitari: la metà di loro hanno dichiarato di non voler più lavorare in ospedale

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L’epidemia ha solo amplificato la situazione che era già insostenibile da tempo.

E così, sottoposti al questionario promosso da Anaao Assomed, solo il 53% dei medici di strutture ospedaliere, dalla Lombardia alla Sicilia, hanno risposto che si vedono ancora a lavorare in ospedale pubblico, nei prossimi 2 anni.

E’ evidente la grave sofferenza non solo dei professionisti ma di tutto il sistema sanitario, nel complesso.

I carichi di lavoro con la pandemia da covid-19 hanno minato lo spirito di sopravvivenza.
E così se solo  il 54,3% dei medici ospedalieri, pensa di lavorare ancora in un ospedale pubblico nei prossimi due anni, il 75%  ritiene che il proprio lavoro non sia stato abbastanza valorizzato durante la pandemia.

Il fenomeno però non è tutto italiano, perché lo stesso è già stato registrato in Inghilterra e in Svezia, e poi ancora in Germania.
Le ragioni sono le medesime e si riassumono in un comprensivo senso di sopravvivenza, considerata la causa che risiede nella carena numerica di soggetti operanti, nella confusione sui numeri delle assunzioni e sul rischio del lavoro posto in essere, con in aggiunta la cattiva organizzazione e una retribuzione decisamente non adeguata.

Medici e dirigenti, hanno dichiarato di sentirsi schiacciati da una macchina che esige troppo e che non ascolta la loro voce.
Si sentono svalutato. frustrati da un’organizzazione del lavoro che non sembra avere come priorità i bisogni e le necessità dei soggetti, sia nel ruolo personale che professionale.

Se si guardano solo bilanci e indicatori numerici, se si riducono le risorse disponibili, si smarriscono anche mordente e resistenza, soprattutto in un periodo in cui non ci si possono permettere errori o mancanze.

L’emergenza da Covid-19, sottolinea l’Anaao, “ha messo dolorosamente a nudo questa fragilità e il quadro che emerge lascia presagire un avvenire difficile per la sanità pubblica italiana, il cui declino potrebbe arrivare entro pochi anni se le scenario prospettato dagli stessi medici ospedalieri dovesse realizzarsi. Per evitare il disastro serve un cambiamento radicale rispetto alle politiche del passato, cominciando a rinunciare all’illusione di potere governare un sistema complesso esclusivamente attraverso un illusorio controllo dei conti. Occorre certamente aumentare le risorse e le retribuzioni ma, fattore altrettanto importante, secondo il nostro campione, anche coinvolgere i professionisti nei processi decisionali che governano la macchina ospedaliera”.

La categoria più in difficoltà resta quella delle donne.
Il 75% delle donne si dichiara insoddisfatta, incapaci ormai di conciliare vita privata e lavoro.
Il 20% si è dichiarato “molto insoddisfatto”.

Il sindacato pertanto conclude che la politica dovrebbe valorizzare le spinte positive e il grande capitale di qualità umane e professionali.

La risposta alle sfide – come quella che si è avuta nel 2020 con la pandemia da covid-19 – dipenderà in futuro anche da come si tratteranno i medici ospedalieri, i dirigenti sanitari durante questa emergenza ma anche al termine della stessa.

 

 

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