Mafia 1, Stato 0, e palla al centro!

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Indignazione unanime a seguito dell’eclatante suicidio dell’imprenditore Rocco Greco. Le reazioni e i commenti. L’intervento della Prefettura di Caltanissetta.

Il suicidio dell’imprenditore di Gela, Rocco Greco, baluardo storico della ribellione e della lotta al racket, solleva unanime indignazione. L’ex procuratore di Palermo e nazionale antimafia, già presidente del Senato, Piero Grasso, commenta: “E’ una sconfitta per lo Stato. Però le norme ci sono, ci sono tante misure, bisogna mettere a disposizione le risorse. La diminuzione delle risorse su questo aspetto è un elemento da rivedere. Il problema del racket è soprattutto del venire incontro, attraverso l’assistenza, a chi subisce. Questo è uno dei principi fondamentali di cui uno Stato si deve occupare”. Rocco Greco si è sparato alla tempia il giorno dopo il no del Tar alla sospensiva dell’interdittiva antimafia a suo carico in attesa del giudizio di merito. E il figlio Francesco ribadisce: “Mio padre è stato ucciso da una giustizia ingiusta e superficiale perché nessuno ha mai letto i nostri ricorsi. Se non sei nella ‘white list’ non lavori più. Di colpo, mio padre si è trovato da cittadino coraggioso che aveva denunciato, fatto arrestare e condannare 11 esponenti del racket, a imprenditore senza appalti, costretto a licenziare i suoi 50 dipendenti e chiudere i cantieri. In due mesi mio padre perse 25 contratti e la stima dei fornitori che ci guardavano come se avessimo un marchio in fronte. La Raffineria dell’Eni ci ha cacciati fuori costringendoci a smantellare il cantiere di sabato e di domenica”. E poi, le parole di Magda Scalisi, battagliera giovane imprenditrice che ha denunciato la mafia dei Nebrodi, sono: “Purtroppo, e ripeto purtroppo, capisco il gesto estremo di Rocco Greco. Io maledico il giorno in cui ho denunciato. Dovevo mollare tutto e scappare ed, invece, ho commesso il grande errore di restare. Quando denunci, firmi anche la tua condanna a morte. Se avessi saputo quello che poi mi è accaduto, non lo avrei mai fatto. Posso dire di avere scoperto che nei Nebrodi non esiste la mafia…”. E l’agrigentino Ignazio Cutrò, imprenditore di Bivona, testimone di Giustizia, e presidente dell’Associazione nazionale testimoni di Giustizia, rilancia: “La morte dell’imprenditore antiracket Rocco Greco getta un’ombra su come le nostre Istituzioni hanno inteso e intendono sostenere gli imprenditori che resistono alle mafie. Rocco Greco ha avuto il coraggio civile di interrompere, in un territorio come quello di Gela devastato dalla violenza e dalla prepotenza della Stidda e di Cosa Nostra, l’odiosa catena del pagamento del pizzo. Il suo coraggio e la sua dignità di padre e di imprenditore ha dovuto dapprima subire l’onta delle accuse dei suoi carnefici, poi dimostratesi false, per poi vedersi negare dallo Stato quel doveroso sostegno che si deve a coloro che denunciano le mafie”. E la Prefettura di Caltanissetta ha diffuso un intervento precisando che Rocco Greco è stato assolto in primo grado dal Tribunale dalle imputazioni di condiscendenze alla mafia risalenti agli anni tra il ’90 e il ’96. La Procura Generale ha presentato Appello, ancora da svolgersi e con prima udienza il prossimo 3 aprile. E il Tar nel frattempo ha negato la sospensione dell’interdittiva. Commento io, se me lo si consente: “L’interdittiva antimafia spezza le gambe, se non la vita, ad un imprenditore, come è accaduto a Rocco Greco e a tanti altri. E se l’interdittiva è inflitta ancora prima che si concluda un processo connesso, ovvero molto prima che intervenga una sentenza definitiva in Cassazione, allora l’interdittiva è una grave ingiustizia, che provoca un altrettanto grave corto circuito dell’assetto Costituzionale del Paese Italia, fondato sulla presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva. E se poi tra 3 o 4 anni la Cassazione, come il Tribunale, avesse assolto Rocco Greco? Come risarcirlo dell’enorme danno subito nel frattempo? Sempre se fosse stato ancora vivo.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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