La Palestina, ostaggio di un mondo che fa finta di non vedere

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Ti accorgi subito di essere in Palestina, sia dal paesaggio che dall’architettura. Un deserto con 4 palme e due case, ti dice che sei in Palestina. Paesaggio che contrasta con il territorio israeliano che è sempre rigoglioso e abbondante di vegetazione. L’architettura israeliana è monotematica e monocromatica. Sembra di stare in una immensa caserma a cielo aperto, mentre in Palestina le case sono più elaborate dal punto di vista estetico – ma siamo lontani dal buon gusto – e dall’immancabile presenza di dossi artificiali.

Nei cieli palestinesi, non vola nulla che non sia israeliano o che gli israeliani non vogliano.

Ma la cosa che colpisce di più sono proprio i contrasti.
I palestinesi saranno pure più rozzi ma più affabili, gli israeliani stanno sempre lì con quell’aria austera che ti guardano dall’alto in basso, perché si sentono in cima ad una ideologica catena alimentare. Le scene sono quelle in cui la freddezza lascia il posto solo alla prepotenza, alla supponenza. Nei supermercati i militari e i civili armati israeliani, mostrano come in far west le armi, con atteggiamenti che ricordano il famoso personaggio interpretato da Lee Van Cleef.

Si pensi a Gerico: è deserto. Eppure sulla collina si intravede tra verde e palmeti la parte di territorio israeliano.

Questi i racconti di chi sul territorio si alterna, per lavoro, per turismo o per motivi umanitari. E anche se vai per motivi umanitari, però puoi fare ben poco, perché comunque non puoi far entrare in Palestina nulla che gli israeliani non vogliano. Si è dunque vittime dei capricci – o forse di esigenza? – degli israeliani che centellinano e razionano qualunque bene di prima necessità al popolo palestinese; dall’acqua all’energia elettrica, soffocando anche quel minimo di economia locale.

E poi c’è lei, Pina Belmonte, (leggi qui l’intervista) che vive da anni tra l’Italia e la Palestina dove lavora. La conosco e la stimo da un po’ di tempo ed è colei che con estrema lucidità mi racconta una realtà che è così tagliente da divenire invisibile.
Lei, che ha la possibilità di vedere cosa accade in Palestina, da vicino, vicinissimo.

Dal mese di maggio nella striscia di Gaza la situazione è sempre più complicata. Le notizie in Italia arrivano sempre un po’ distorte, quando arrivano.  Israele ha ristrutturato i check-point che sono più umani solo a livello estetico, ma la sostanza non cambia. Ristrutturati, con la musica di sottofondo, tutto computerizzato con la possibilità di un maggiore controllo da parte degli israeliani. Così quando un palestinese da Gerusalemme va a Betlemme, gli viene fatta la foto digitalizzata. Sui display le facce di tutti, anche quella di Pina che per fortuna mostra solo il suo passaporto senza essere passata letteralmente allo scanner.

I pellegrini non mancano mai, in quei luoghi, anche fuori dalle festività religiose. E’ una terra così bella, ma così tanto difficile – racconta Pina –  dove le maggiori religioni convivono per forza o per volere, insieme. E’ una terra che non si ferma mai, soprattutto Gerusalemme, tranne che un paio di ore a notte. E’ sempre in movimento, è un mix tra la preghiera del muezzin che si innalza, mentre sulla città vecchia di Gerusalemme nello stesso tempo suonano le campane, mentre gli ebrei vanno a pregare al muro del pianto.

Quando varchi la porta della città vecchia di Gerusalemme, potresti capire in quale quartiere ti trovi anche solo dagli odori, senza usare la vista.

E’ il luogo più sacro che possa esserci, eppure è bagnato dalla violenza, dal sangue.

E’ una terra piena di contraddizioni. La libertà religiosa non viene rispettata, nessun permesso è stato concesso ai cristiani per poter uscire dalla striscia di Gaza e recarsi a pregare a Gerusalemme. E’ la terra della violazione dei diritti umani. Le perquisizioni vengono fatte per strada, soprattutto ai palestinesi, dai 14 anni in su; alcune volte vengono fermati nelle postazioni, ma spesso vengono fermati per strada, sbattuti contro un muro e perquisiti, mentre i passanti guardano; e questa è una grande violazione dei diritti umani. Tutta questa violenza per semplici controlli.

Israele sta attento a garantire la sicurezza ai pellegrini e ai turisti, perché meno turisti arrivano meno soldi ci sono per Israele. Pina guarda oltre, si sofferma a guardare i soldati, a vedere cosa c’è oltre la divisa. Spesso è una scelta, poche altre volte no.

Per molti è una sorta di “previdenza sociale”. La maggior parte di loro a stento arriva a 20, 22 anni, e che imbraccia armi più grandi di loro e quasi ti viene da chiederti se siano realmente capaci di gestirle in piena sicurezza.

“Mi ha toccato una scena di un soldato – mi racconta Pina – Era in turno, in servizio. Era il venerdì della settimana santa ortodossa. C’era una marea di gente; ho notato questo soldato che si è messo in disparte e sotto il berretto aveva nascosto un libro e con la mano davanti alla bocca, pregava. Non so dirti di che religione fosse. Non penso fosse ebreo. Non tutti i soldati o poliziotti sono israeliani, ci sono anche arabi e te ne accorgi quando salgono sul pullman, perché sono più gentili e fanno la carezza ai bambini, anche”.

E poi ci sono quelli che abituati solo a dare ordini, non si aspettano il rimprovero di chi si cura del decoro dei luoghi, mentre viene detto loro che nel Santo Sepolcro non si può entrare con un gelato in mano.

E’ di domenica la notizia di incidenti e cariche di polizia sulla Spianata delle moschee. La Mezzaluna Rossa, riferisce di 20 palestinesi feriti e contusi. Attraversando la città vecchia di Gerusalemme, si respira un clima di perenne tensione. Polizia e soldati israeliani ovunque, dislocati anche sui tetti della città; tensione alla porta di Damasco, alla vigilia della festa islamica dell’Al-Adha. I Palestinesi protestano per il possibile ingresso – non autorizzato dalla polizia – di religiosi nazionalisti israeliani sulla spianata della moschea di Al Aqsa in occasione del Tisha B’av, la ricorrenza ebraica della distruzione del Tempio. Intanto coloni ed estremisti ebrei, hanno sfilato con le loro bandiere e canti, in prossimità della città vecchia.

Eppure gli occhi di Pina sanno scorgere sempre immagini di speranza, di piccoli dettagli di rispetto della vita. E così ci mostra le immagini di un mendicante che dona la sua elemosina, per omaggiare la bellezza della musica, suonata per strada, da una violinista.

E mentre Pina continua ad osservare con i suoi splendidi occhi neri, questa terra così bella e così piena di contraddizioni, il mondo, fa finta di non vedere.

Su questa terra a diritto alla vita, su questa terra, signora alla terra, la madre dei principi, la madre delle fini. Si chiamava Palestina si chiamava Palestina. Mia signora ho diritto, che sei mia signora, ho diritto alla vita.

[M. Darwish]

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5 Thoughts to “La Palestina, ostaggio di un mondo che fa finta di non vedere”

  1. Maria

    Così si fa la cronaca. Così si raccontano i fatti dal mondo. È giusto che si sappia cosa accade in medioriente. Forse sarà difficile o scomodo, ma io vorrei leggere più spesso articoli che mostrano i fatti per come sono.

    1. Grazie sig.ra Maria, commenti con il suo sono fonte di soddisfazione e sono la bussola del mio “andare”, in questo lavoro così bello e difficile, nel quale dobbiamo difendere con le unghie e con i denti la libertà di poter raccontare la cronaca, dando voce anche a chi voce non ha.
      Grazie per l’attenzione che ha dato a questo mio articolo e spero che continuerà a seguirmi.

  2. Finalmente ho letto un articolo che profuma di libertà e di dignità, per la giusta Causa del popolo palestinese. . Agostino Spataro

  3. L’ho condiviso su FB. Grazie e cordiali saluti. (as)

    1. Che onore ricevere la sua attenzione, Dott Spataro. Un tale commento da una personalità come lei, che ha una conoscenza profonda del mondo arabo e mediorientale, è per me fonte di grandissima soddisfazione e mi da la percezione di come io sia sulla buona strada; in questo lavoro così bello ma difficile.
      L’abbraccio
      Simona

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