La Cassazione ha confermato, e quindi reso definitiva, la sentenza emessa il 21 luglio del 2021 dalla Corte d’Appello di Palermo che ha condannato a 6 anni di reclusione l’ex senatore e sottosegretario agli Interni, Antonio D’Alì, imputato di concorso esterno alla mafia perché avrebbe contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa nostra, offrendo a disposizione dei boss le proprie risorse economiche, e, successivamente, il proprio ruolo istituzionale di senatore della Repubblica e di sottosegretario di Stato. E poi: il politico trapanese, fin dai primi anni ’90, avrebbe intrattenuto rapporti con le cosche e con esponenti di spicco dell’organizzazione mafiosa come il superlatitante Matteo Messina Denaro, Vincenzo Virga e Francesco Pace, cercando l’appoggio elettorale delle “famiglie”, e svolgendo un ruolo fondamentale nella gestione degli appalti per rilevanti opere pubbliche. Fu il secondo processo d’Appello dopo l’annullamento della sentenza di assoluzione con rinvio da parte della Cassazione. D’Alì sconterà la condanna in carcere dopo la costituzione.
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