di Toto Cacciato
Sarebbe significativo, per la nostra storia e cultura agrigentina, vedere le opere dei Pittori di Girgenti, compiutamente raccolte da donazioni, da eredi e collezionisti, in una mostra permanente in una Galleria Civica agrigentina, quale memoria di storia e d’arte della città.
I pittori di Girgenti, perché nati prima del 1927, vissero una parte della propria esistenza a Girgenti, dato che così si chiamava la loro città; al cambiar del nome di Girgenti in Agrigento, divennero tutti quanti agrigentini.
Come hanno accolto il mutato toponimo?
Accolto bene, supponiamo, perché la nuova denominazione rivalutava in qualche modo le origini della storia prestigiosa dell’antica Città, e insieme la classicità dell’era romana, Agrigentum, appunto.
Come era Girgenti nei primi decenni del Novecento? La immaginiamo quieta e solitaria, (la bufera arriverà negli anni Quaranta con la guerra e i tragici bombardamenti, ma qui restiamo nel recinto degli anni Trenta), viveva intensamente degli eventi locali che si manifestavano all’interno della forte tradizione, come le feste religiose, e tutti gli altri riti di costume sociale, attese ricorrenze che puntuali si presentavano nell’alternarsi delle stagioni.
I pittori girgintani, nati prima del 1927, abitavano presumibilmente in centro storico e suppongo in soddisfacenti appartamenti, tanto da poter dedicare un angolo al loro laboratorio di pittura; appartenevano giusto ad una classe sociale borghese, che pur con modesti sostentamenti consentiva a questi artisti la serenità soddisfacente per poter coltivare nella mente problemi estetici e cromatici e di conseguenza operare con virtuosi scatti di creatività.
Per esempio. Alcuni pittori erano insegnanti di disegno nelle scuole locali, come il Prof. Sebastiano Bianchini. Insegnate e pittore abitava in una bella casa posta in una traversa a pochi passi dalla allora trafficata via Garibaldi; le stanze dell’abitazione erano precedute da un giardino dove al centro si elevava un grande albero, forse un pino marino.
Girgintano del 1902, svolse intensa attività espositiva tra gli anni Venti e Trenta, e pur frequentando i Futuristi siciliani la sua attenzione creativa è stata poi rivolta al paesaggio mediterraneo, solare e di intense e armoniche cromie.
Molti pittori di quell’epoca coglievano i loro soggetti dal vero, che raffiguravano an plain are con l’armamentario di tele e tavolozze, colori e pennelli; coglievano le immediate sensazioni visive dell’ambiente circostante: le affascinanti tavole cromatiche del paesaggio dalle infinite e suggestive variazioni, frammisto di ruderi archeologici.
Nella figura prediligevano il ritratto, i volti di donna morbidi e sensuali. Nella plasticità del disegno, come nelle cromie dello spatolato, le figure apparivano recondite, quasi in dimensione surreale, lontane, come i sapori sfumati di una stagione che passa e tutto porta via.
Anticipiamo subito che le presenti descrizioni sono da me evocate per conoscenze sociali e non per contenuti critici poiché è scarsa la documentazione di testi critici, di immagini, e scarsissime sono le bibliografie ragionate.
Elenchiamo, con breve nota, i pittori di quell’epoca che hanno operato con continuità tra personali e collettive e le cui opere sono ancor oggi presenti in collezioni private, mentre altre sono custodite dagli eredi, solo alcune appartengono nella raccolta del Comune.
Attilio Vella, artista, critico d’arte e saggista, (Girgenti 1901, Milano 1979), appartenne alla scuola dell’Astrattismo geometrico. Ha frequentato lungamente gli ambienti artistici milanesi, intervenendo nelle rassegne con le sue innovative composizioni. Ha partecipato alle Biennali di Venezia del 1949 e del 1951.
“L’ho sempre stimato uno dei più integri rappresentanti della ricerca pura della pittura italiana”, scrive di Vella Raffaele De Grada.
Ettore Castagnolo, (Girgenti 1918 – Roma 2003), ha svelato magistralmente le intense tonalità del paesaggio, è stato un costante operatore della ricerca pittorica con buoni esiti cromatici. Spettacolari le trasparenze del cielo e delle anse acquatiche. Ha esposto in numerose mostre romane e alla Quadriennali di Roma del 1952 e 1959.
Vincenzo Schembri, talento riconosciuto da pregevoli giudizi critici, (Girgenti 1911- Agrigento 1998), ha ordinato numerose mostre con la sua produzione artistica. Nella sua pittura sono palesi i richiami alle composizioni architettoniche della sua città, Agrigento.
Il paesaggio è il tema ricorrente di Salvatore Di Fede, (Girgenti 1904, Palermo 1969), fine e sensibile colorista ha saputo cogliere l’aerea delicatezza dei toni segreti della natura mediterranea. La Valle, con i suoi templi e fraqmmenti archeologici, sono i temi ricorrenti nelle composizioni.
Franco Di Fede, (Girgenti 1913 – Roma 1995), sceglie le suggestive composizioni figurative e il paesaggio di vedute urbane. Numerose le sue mostre negli anni Quaranta e Cinquanta.
Manfredo Greco, (Girgenti 1882 , Agrigento 1966), è stato artista sensibile alla pittura degli Impressionisti, ma evolve successivamente la sua rappresentazione verso i temi della natura e del paesaggio mediterraneo. Il colore lucido e luminoso anima le marine di suggestivi riflessi.
Nicola Greco (Girgenti 1912 – Agrigento 1992), originale paesaggista, ha arricchito la sua produzione artistica con suggestive “nature morte”, preziose composizioni di abili scelte cromatiche. Attilio Greco, anch’egli componente di questa famiglia di artisti agrigentini, sceglie la figura composta, e anatomicamente precisa.
Gli interni rappresentati, velati di luce soffusa, sono propri della cultura pittorica del Novecento. Concludiamo queste note, certamente non esaustive degli artisti nati prima del 1927, e che si sono dedicati alle arti visive, con Remigio Butera, (Girgenti 1903 – Agrigento 1989), visse lungamente a Mestre, con cattedra di pittura all’Istituto d’Arte della città Veneta. Partecipa a molte Biennali d’Arte di Venezia nel corso degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta. Partecipa anche alla Quadriennali di Roma, la prima nel 1935, l’ultima nel 1959. Butera è fra gli artisti più importanti del Novecento, la sua opera attende una forte rivalutazione critica.
Le riconsiderazioni sull’opera degli artisti girgintani-agrigentini vogliono auspicare un nuovo interesse culturale per le arti visive, poiché è vero che le manifestazioni artistiche emergono da un clima sociale e culturale, e appartengono, quindi, pienamente alla storia e alla cultura della Città.
La nostra Città, pur periferica e lontana dalle grandi rassegne delle arti visive, ha manifestato comunque la sua anima creativa e la insopprimibile e fantastica ispirazione universale alle poetiche dell’arte.
Delle opere degli artisti ricordati, e altri da recuperare nelle loro personalità e nelle loro opere, è auspicabile una raccolta, una mostra permanente presso la pubblica istituzione comunale.