“Depistaggio”, il ricorso della famiglia Borsellino

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Oltre alla Procura di Caltanissetta anche i figli di Paolo Borsellino hanno impugnato in Appello la sentenza di primo grado al processo sul depistaggio. L’intervento della difesa.

Il 12 luglio del 2022 il Tribunale di Caltanissetta, presieduto da Francesco D’Arrigo, ha emesso la sentenza di primo grado al processo sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio: no all’aggravante mafiosa, due prescrizioni e un’assoluzione. Nessun colpevole tra il funzionario Mario Bo, ex capo del gruppo d’indagine “Falcone e Borsellino” diretto dal defunto Arnaldo La Barbera, e gli ispettori in pensione Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, che si occuparono della tutela di tre falsi pentiti, Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Salvatore Candura. Il Procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, e il pubblico ministero, Maurizio Bonaccorso, hanno impugnato la sentenza di primo grado e hanno depositato i motivi di appello. E adesso così anche la difesa dei figli di Paolo Borsellino, Fiammetta, Lucia e Manfredi. E gli avvocati Vincenzo Greco e Fabio Trizzino tra l’altro scrivono: “La finalità di inquinare e indirizzare, sin dalle primissime battute, le indagini sulla strage di via D’Amelio si è dipanata sullo sfondo di un terrificante scenario istituzionale in cui un ruolo centrale fu rivestito dal procuratore di Caltanissetta, Giovanni Tinebra. Dietro la mancata voluta valorizzazione investigativa di alcune circostanze assolutamente significative, c’è stato il pieno coinvolgimento di più elevati centri di potere decisionale. A fronte di ben precisi spunti di indagine che, già nell’immediato, deponevano per un ampliamento del quadro delle responsabilità e delle cointeressenze rispetto all’esecuzione della strage di via D’Amelio, si scelse di improntare l’azione investigativa verso un basso profilo per impedire che scenari più ampi potessero squadernarsi e rivelarsi in tutta la loro possibile gravità”. Poi gli avvocati Greco e Trizzino invocano la lesione del diritto alla verità subita dai figli del giudice per l’attività di ostacolo all’accertamento delle cause della morte del padre. E scrivono ancora: “La famiglia non ha mai potuto conoscere sino in fondo le cause di tale perdita. La condotta contestata ha determinato un ritardo di decenni rispetto alla intervenuta affermazione della responsabilità sui veri esecutori materiali dell’eccidio e, soprattutto, ha determinato, forse irrimediabilmente, l’impossibilità di un accertamento pieno e completo sulle responsabilità, anche esterne a Cosa Nostra. Tutto ciò con evidenti e intuibili ripercussioni negative incidenti sulle condizioni di vita e sulla qualità dell’esistenza dei figli perché privati della possibilità di una compiuta elaborazione del lutto”. E poi i difensori della famiglia Borsellino aggiungono sul depistaggio: “Era sotto gli occhi di tutti che le indagini si stavano concentrando su soggetti improponibili riconducibili alla famiglia della ‘Guadagna’. Su tutti Vincenzo Scarantino, malacarne di borgata e falso pentito, il ‘pupo vestito’ per confezionare la verità farlocca. Si scelse di non sviscerare le ragioni che spinsero Salvatore Riina a compiere la strage di via D’Amelio, secondo modalità e tempistiche davvero incomprensibili se avesse avuto veramente a cuore le sorti dell’intera organizzazione mafiosa. Si scelse di non approfondire i motivi che avevano indotto Borsellino ad affermare, poco dopo l’uccisione dell’onorevole Salvo Lima, che Riina e Provenzano erano come due pugili in lotta. Si scelse la strada del falso coinvolgimento di Gaetano Scotto ma soprattutto di Bruno Contrada, che ha consentito di indirizzare e restringere verso i cosiddetti ‘servizi deviati’ il tema dei mandanti occulti ed esterni, di fatto precludendo che il fronte delle indagini si concentrasse ed indirizzasse anche verso quei soggetti diretta espressione di quel mondo politico-istituzionale ed imprenditoriale compromesso con il potere mafioso, parimenti ed urgentemente interessati all’eliminazione del giudice Paolo Borsellino”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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