“Cattedrale”, Firetto scrive a Montenegro

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Il sindaco di Agrigento, Calogero Firetto, ha scritto una lettera al cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, poco dopo la messa celebrativa della restituzione della Cattedrale di San Gerlando ad Agrigento dopo 8 anni di chiusura.
Ecco il testo integrale:

“Eminenza Reverendissima, Le scrivo col cuore, quale figlio di questa Chiesa e di questa terra, prima ancora che da sindaco.

Sento oggi di condividere i sentimenti e il tumulto pensieri che ha suscitato in me la riapertura della Cattedrale. Da venerdì ho in mente ancora le Sue parole: riavere la nostra Cattedrale non significa solo riaprire un tempio di preghiera, non solo uno scrigno architettonico di tesori. Riaprirne le porte ha un valore ben più profondo: ripropone una riflessione sulla storia religiosa, ma anche quella civile del nostro territorio e della nostra gente. Ripropone con forza i nostri valori ed è un appello all’unità e alla concordia, alla solidarietà e alla comunione d’intenti per guardare al futuro con più fiducia. La Cattedrale ha aperto le sue porte come una madre apre le braccia ai suoi figli. Una gioia grande”.

“Un obiettivo caratterizzante della storia della nostra città per il quale ho dato me stesso e per il quale ho passato tante notti insonni. Senz’alcun dubbio l’impegno che in questi anni più mi ha procurato tensione e preoccupazione.
Come Lei, Eminenza, ho sentito il timore di non veder più riaprire quelle porte. Ho avuto paura di dover perdere per sempre un simbolo e un valore. Non soltanto il timore di dover vedere la nostra Cattedrale abbandonata progressivamente ad un destino di rovina. Ma la paura di veder gravare sulla città un segno di resa totale: la perdita definitiva della speranza, di ogni possibilità di futuro. Come ha giustamente ricordato, abbiamo sentito a volte spegnersi ogni speranza, e anch’io, tra vacui annunci, inutili passerelle, tavoli regionali vuoti di contenuti, drammatici responsi e rimpalli di responsabilità ho sentito il soffiare di venti contrari. E in quelle circostanze devo dar atto che la determinazione, la forza incrollabile dell’intrepido Don Giuseppe Pontillo, direttore dell’ Ufficio BB.CC.EE. ed Edilizia di Culto, le sue impetuose parole mi hanno incoraggiato e spronato ad andare avanti.
È così che credo debba essere intesa una comunità: quella che lavora con buon senso, con sincero trasporto, che si sostiene e s’incoraggia a vicenda in un cammino comune di crescita; una comunità che crede nei valori che uniscono, che guarda con fiducia al bene di tutti.
C’è ancora tanta strada da fare per la nostra Cattedrale, per mettere in sicurezza il costone su cui si erge maestosa. Ma adesso possiamo essere ancor più fiduciosi, perché questo segno, la sua riapertura, ci guida verso una strada più sicura e più luminosa.
Con la mano sul cuore, Don Franco, mi sento di dirle che ancor oggi quei venti contrari soffiano su Agrigento. E non soltanto sulla Cattedrale. Non mi riferisco di certo alle critiche, sempre incombenti, o alle polemiche, alle dicerie, alle ricerche spasmodiche di capri espiatori, su tutto e per qualunque cosa. Esse sono sintomo di un malessere comprensibilissimo in una realtà così depressa come la nostra e, purtroppo, sono raccolte, neanche fossero fiori, rilanciate e sparse come semi per fomentare odio, disprezzo, livore, contro tutto e tutti. No, non è questo a tenermi sveglio certe notti.
Sono invece quegli atteggiamenti, non sempre interpretabili, di cui Lei ha riferito ai fedeli, quelle molte e deludenti parole prive di conseguenze: promesse che si traducono in intralci, ritardi colpevoli che si ripercuotono su un’intera comunità per fini, a dir poco, tornacontisti, se non spudoratamente insani per la città. Ho rinunciato a una carriera da deputato per servire Agrigento, la città in cui sono nato, la città in cui ho studiato, in cui mi sono formato, in cui ho lavorato, in cui sto crescendo ed educando i miei figli, perché credo nella bontà di un impegno fuori da schemi ingombranti e da imbarazzanti ricatti. Un percorso giusto, sano, corretto, che non è visto bene da chi non ama Agrigento e vorrebbe che questa città non guardasse mai in alto, ma fosse sempre con gli occhi fissi per terra.
Da venerdì 22 febbraio Agrigento può guardare in alto alla sua Cattedrale, può guardare alla speranza. I venti contrari spireranno invano. Indietro non si torna. Questo dice la Cattedrale. Il futuro è migliore.
È un sollievo doppio. Una speranza e una certezza: la speranza di non dover guardare più a chi riemerge dal passato per tentare di adombrare e ingombrare il nostro presente a scapito di un’intera città; la certezza, con la Vostra guida e il Vostro esempio, di poter aiutare la comunità civile a sentire il bisogno dell’unità e della concordia.
C’è ancora molto da fare. Non siamo soli. Ecco che cosa ho pensato. Possiamo credere che si può discernere le cose buone e giuste, vincere le resistenze di poteri oppressivi che non hanno a cuore Agrigento, dentro e fuori le mura.
Per tutto questo mi sento di dirle grazie, a nome mio e degli agrigentini. Grazie, Don Franco, per quell’esempio di bontà e di fede che è per la nostra comunità.
Mi unisco alla sua preghiera: che il Signore “ci doni di vivere una comunione più convinta e più operosa nella collaborazione e nella corresponsabilità”.
Non è facile, Lei afferma, Eminenza. Ed è vero. L’importante è provarci, non lasciare nulla indietro di intentato e non lasciarsi scoraggiare, non farsi abbattere. E, proprio come ha fatto don Giuseppe, imporre una strenua resistenza quando l’obiettivo è buono e giusto per tutti e non per un singolo.
“Il tempo è superiore allo spazio” ci rammenta don Carmelo Petrone, direttore dell’Amico del Popolo, citando Papa Francesco.
È così: non è stato riaperto soltanto uno spazio, un luogo di culto. Ci si è riappropriati di un principio, che è quello del Tempo. “Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone” scrive don Carmelo.
Priorità al Tempo.
Iniziare processi. È stato questo il cambiamento. È questo l’insegnamento che proviene dalla Cattedrale. È quel che abbiamo voluto iniziare ad Agrigento e che con fatica enorme portiamo avanti. Non si torna indietro. Non possiamo permetterlo.
Come un processo è fatto di una serie di azioni, così sono le persone che generano il cambiamento: tutte insieme, gruppi di persone, con chiaro all’orizzonte un obiettivo comune che è Agrigento in un contesto sempre più ampio e più sano. Gruppi di persone che agiscono e che non si lamentano, che non si ostacolano, ma si spronano tra loro, che condividono una visione e che non guardano più in basso per uscire dal pantano. Guardano in alto, programmano, progettano, investono, credono e lottano perché questa terra non sia irredimibile. Guardano ai migliori esempi. Senza ansia, senza fretta, ma decisi, determinati, indomiti. Non si può tornare indietro.
Eminenza, questi pensieri hanno affollato la mia mente e hanno accresciuto la mia gioia nel veder riaperta la Cattedrale. Ancor più oggi, nella festa di San Gerlando, nostro patrono. Persone e Tempo, sono le parole che sintetizzano questo mio messaggio. Il Signore ci dia la forza e illumini sempre il nostro cammino. Evviva San Gerlando. Evviva Agrigento”.

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