“Anno giudiziario”: i rilievi in Sicilia

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L’inaugurazione dell’anno giudiziario in Sicilia e alcuni temi di rilievo che sono emersi: carenze d’organico tra i magistrati, intercettazioni, abuso d’ufficio e la partecipazione al dibattito pubblico.

Il procuratore generale di Palermo, Lia Sava, intervenendo in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha denunciato le gravi carenze d’organico che attanagliano e pregiudicano il funzionamento della giustizia. Lia Sava tra l’altro ha affermato: “L’arresto del boss Matteo Messina Denaro è un successo investigativo che va ricordato e i cui sviluppi sulle articolazioni della rete mafiosa stanno proseguendo: ebbene tutto questo la Direzione distrettuale antimafia di Palermo lo sta portando avanti con soli 12 sostituti procuratore su un organico previsto di 25. Anche il mio ufficio deve garantire i giudizi di secondo grado con soli 12 sostituti su 16. La mia preoccupazione è che si rischi declinare una giustizia non adeguata alla poliedricità delle sfide in corso, pregiudicando inoltre l’immane lavoro compiuto in questi ultimi 30 anni. Non vorremmo che si arrivasse ad una giustizia che non riesce ad individuare gli autori dei reati più gravi”.

E poi in prospettiva Lia Sava ha aggiunto: “Le mafie sono oggi ipertecnologiche. Fanno meno ricorso alla violenza per puntare agli affari, utilizzando in modo criminale anche le criptovalute. L’organizzazione mafiosa è fluida e resta sommersa per accumulare capitali, reinveste in attività pulite attraverso insospettabili, ma mantiene sempre un connotato di violenza, non dimentichiamolo altrimenti la confonderemo con un comitato d’affari. La mafia può sempre compiere atti violenti per mantenere credibilità. Registriamo inoltre un significativo turn over tra arrestati che entrano in carcere e chi esce, e ciò ci allarma”.

E il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, tra l’altro ha difeso a spada tratta le intercettazioni contro le paventate restrizioni normative. E ha spiegato: “Ritengo sia necessario difendere gli strumenti normativi che abbiamo e che, a mio avviso, sono irrinunciabili. Mi riferisco ad esempio alle intercettazioni. Sicuramente è vero che hanno un costo, ma basta pensare che lo scorso anno la procura di Palermo vi ha investito 30 milioni a fronte di confische di beni alla mafia per 400 milioni. I risultati in termini investigativi dello strumento mi sembrano evidenti. Cosa nostra vive un momento di crisi, ed è un momento che va colto. Non bisogna cedere all’idea che la mafia sia finita, e si deve comprendere che le risorse a disposizione della giustizia sono limitate. Quindi l’azione di contrasto va pianificata e razionalizzata”.

Ed il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca, anche lui in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, si è espresso contro l’abolizione del reato di abuso d’ufficio per debellare il fenomeno della “paura della firma”, ovvero i ritardi e gli stop amministrativi e burocratici legati alla paura di amministratori e burocrati di incorrere nel reato d’abuso d’ufficio. E Frasca ha affermato: “La ‘paura della firma’ è un falso problema. La verità è che si temono i controlli. Il pubblico ufficiale esercita un potere a cui deve corrispondere una responsabilità. Il buon andamento della pubblica amministrazione si raggiunge non con l’impunità, ma con la trasparenza e la professionalità. Consideriamo, infine, che la maggior parte delle denunce per abuso d’ufficio riguarda i magistrati che, senza strepito o senza parlare di giustizia a orologeria, continuano comunque a svolgere la loro attività difendendosi nel processo”. E poi Frasca ha rivendicato il diritto, se non il dovere, della magistratura ad intervenire nel dibattito pubblico. Ed è intervenuto così: “Il conflitto con lo Stato non nasce da biechi obiettivi corporativi o, ancor peggio, dal misero tentativo di difendere privilegi di casta, ma dalla consapevolezza della rilevanza costituzionale della funzione attribuita alla magistratura. E quando questi capisaldi della democrazia sono anche soltanto posti in discussione, la magistratura ha il potere e il dovere di intervenire nel dibattito pubblico contribuendovi in modo equilibrato, limpido e comprensibile, senza scendere nell’agone della competizione partitica che è e deve rimanere estranea alla magistratura”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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