“Adagio” di Sollima: eroi ed antieroi per caso o forse per scelta

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Domenica sera ho visto “Adagio” di Sollima.
Parto col dire che non ho capito appieno perché si chiami così, il film. Forse perché si addentra adagio nelle vicende narrate. Non è un grande film, se non fosse che è stato girato benissimo e che vi recitano degli attori straordinari (come sempre).
La Roma che accoglie la storia è ben lontana dalla Roma turistica e l’incendio che fa da sfondo alle vicende e che paralizza a tratti la città, rende tutto un po’ noir un po’ distopia.
La storia semplice e di facile acchito è quella di 3 ex mafiosi, che ormai fanno i conti con le loro misere vite, che si trovano a dover difendere un giovane che scappa da poliziotti corrotti che lo inseguono perché ha disobbedito ad un incarico che gli era stato dato in cambio del silenzio circa la sua omosessualità.
In effetti il film punta l’occhio sull’omofobia, sul potere politico che sguazza in un mondo di sotto fatto di soldi e perversione, sulla mascolinità di uomini che pensano che un ruolo ricoperto possa renderli invincibili.
Ed invece perdono.
Perdono tutti.
Il film si muove nei luoghi ma anche nelle vite dei personaggi, ammanettati ad un passato del quale vorrebbero sbarazzarsi, salvo poi doversene servire per divenire da antieroi ad eroi per caso, o forse per scelta.
Bravissimi Mastandrea, Servillo, Di Leva, Giannini e poi Favino, quasi irriconoscibile nei panni di un gigante ormai sfatto e malato, calvo e curvo su sé stesso, che prova a prendersi l’ultimo morso di vita che gli resta.
Un film che devi guardare con più occhi e con la giusta intenzione; un film impeccabile, girato nei vicoli di Roma e con panoramiche aeree suggestive.
Piani sequenza e poi la camera che gira nei vicoli, dentro ambienti angusti dove il caldo torrido e la fuliggine dell’incendio in corso sono anch’essi protagonisti.
Un film dove i buoni diventano spietati e i cattivi redenti. In mezzo il bene e il male che si insinua, che tiene le redini di un gioco e dei suoi colpi di scena.
Sollima è coerente con il suo modo di raccontare;

Potere, interessi criminali, degrado sociale, istituzioni corrotte.
Non fuochi e fiamme però, ma “colpi sparati” sulle vite dei personaggi, tra precise traiettorie e mirini che mettono a fuoco.
C’è Califano che sui titoli di coda canta “tutto il resto è noia” mentre scorrono foto dei tempi andati, quando il male aveva fattezze giovani e audaci e il domani era certezza.

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