Accade a sud dell’Agrigentino

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L’ennesimo caso “Sea Watch” a Lampedusa: lo stop di Salvini, il silenzio dei governanti europei, le spaccature nel governo e l’inchiesta della Procura di Agrigento.

La “Sea Watch” è stata mezzo miglio a sud da Lampedusa. Il semaforo è rosso. La nave sfida Matteo Salvini. E lui risponde: “Finchè io sono ministro dell’Interno, quella nave in un porto italiano non entra”. La “Sea Watch” è una Organizzazione non governativa tedesca. Secondo il diritto internazionale, le navi sono territorio dello Stato di cui battono bandiera, e la signora Angela Merkel finora è stata in silenzio, e così anche gli altri governanti europei. La nave, con 47 soccorsi in mare a bordo, invoca di approdare a Lampedusa per “ragioni umanitarie”. Solo la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia ha offerto accoglienza ai migranti, nella prospettiva di una redistribuzione nelle altre Chiese Evangeliche sorelle in Europa. Adesso, al tavolo dello scontro si è seduto anche l’Onu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, che oggi, lunedì 20 maggio, in occasione dell’esame in Consiglio dei Ministri del “Decreto sicurezza bis” firmato da Salvini, pretende il ritiro del decreto perché le misure a contenimento delle Organizzazioni non governative e degli approdi clandestini “sono potenzialmente in grado – scrive la commissaria per i diritti umani, Beatriz Balbin – di compromettere i diritti umani dei migranti, inclusi i richiedenti asilo e le vittime o potenziali vittime di detenzione arbitraria, tortura, traffico di esseri umani e altre gravi violazioni dei diritti umani”. Venerdì scorso 17 maggio il ministero dell’Interno ha autorizzato lo sbarco a Lampedusa dei soggetti più vulnerabili a bordo della “Sea Watch”, ovvero famiglie con i bambini. E sono a terra 17 persone tra cui 7 minori e una donna con ustioni gravi. Dopodiché il comandante della nave tedesca, Arturo Centore, ha forzato la mano sul timone e si è diretto verso l’isola agrigentina, provocando l’immediata accensione dei motori delle motovedette italiane che hanno opposto lo stop. Il ministro Salvini ribatte: “La nave rimarrà lì dove è. La ‘Sea Watch’ ha disubbidito alle indicazioni di Capitaneria di Porto e Guardia di Finanza. Non può uno Stato farsi dettare le regole dai complici dei trafficanti di esseri umani. Se riaprissimo i porti, come vogliono in Parlamento e spero non al Governo, ricomincerebbero a morire i migranti. Non vedo perché dovremmo aiutare degli scafisti, mi auguro che nessuno ci dica cosa fare anche perché se qualcuno mi chiama per farli sbarcare io dico no”. E nel frattempo, la Procura di Agrigento, già impegnata sul caso precedente della nave “Mare Jonio”, ha avviato l’ennesimo fascicolo d’inchiesta a seguito dell’insorgere del caso “Sea Watch”: indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La nave è stata posta sotto sequestro dalla Guardia di Finanza, e sarà ancorata non a Lampedusa ma a Licata. E, come conseguenza del sequestro, la Procura agrigentina, capitanata da Luigi Patronaggio, ha disposto lo sbarco dei 47 migranti a bordo, provocando la reazione infuocata del ministro Salvini, che dichiara: “Sono pronto a denunciare per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina chiunque sia disponibile a far sbarcare gli immigrati irregolari da una nave fuorilegge. Questo vale anche per organi dello Stato: se questo procuratore autorizza lo sbarco, io vado fino in fondo”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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