Visitando Gibellina nel ricordo della tragica notte del 15 gennaio 1968

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Cretto di Gibellina completato, 2015

E’ risorta nel segno dell’arte con tante opere di artisti contemporanei e il “Grande Cretto” di Alberto Burri.

Nella tragica notte del 15 Gennaio 1968 un’onda sismica di magnitudo 6.4 attraversò la Valle del Belice  e sfarinò come niente le case, casette e casupole dove, in quel breve declivio di collina, stava Gibellina. L’urto mandò in frantumi quelle case dai muri di pietra, pareti di sassi, travi di legno, tegole d’argilla; ruppe le brocche e le anfore, le vetrine, i lumi e i lampadari nel breve dondolio poco prima del buio e della paura. Tutto andò in polvere, proprio tutto il paese. Ad emergenza terminata si è dovuto constatare che nulla vi era da ricostruire, il paese sarebbe stato ricostruito in un altro luogo, nella stessa valle a poca distanza.

Cosi pensarono e così fecero, infatti, la Nuova Gibellina  sorge a undici kilometri in linea d’aria, dal luogo originario.

Gibellina ha il nome, per dirla con Wikipedia, di origine araba, composto da  Gebel, (montagna), e Zghir (piccola), “piccola montagna”; in epoca medievale  fu un piccolo paese edificato intorno al castello della famiglia dei  Chiaramonte.

Nella tragica notte di Gibellina il terremoto fu di tale forza che distrusse e spopolò il paese e altre contrade; provocò 370 vittime, 1000 feriti e 90.000 sfollati.

Di Gibellina rimasero soltanto le macerie.

Alberto Burri, artista di fama internazionali, che si era già misurato con vasti allestimenti e grandi opere, sopra  le pietre disgiunte e sfarinate delle case e delle chiese di Gibellina volle creare, (1984-1989), un Grande Cretto, un’opera plastica, di memoria e di ricordo, in cui sono fissate le spaccature del cretto ad indicare gli antichi percorsi urbani; una costruzione alla Land-art: estesa per 134.000 metri quadri. Infine è un’opera partecipe del dramma accaduto che appare, infatti, in uno scenario suggestivo: il vasto cretto, bianco e segnico, nel verde della collina, come un sudario, una colata di cemento bianco che tutto va a coprire.

Il Cretto ispirò lungamente Alberto Burri, li visitò in natura, li elaborò in studio, ricreò la magica composizione segnica che appare nei terreni riarsi, abbandonati dall’acqua che è vita.

Nella ricostruzione, Gibellina Nuova, accolse l’architettura moderna  con il corredo di opere di artisti di fama internazionale, che vollero essere presenti e crearono espressamente imponenti opere per la rinascita di quel paesino nella valle del Belice, violentemente distrutto da tanta spropositata forza della natura.

Oggi Gibellina Nuova  è un grade museo a cielo aperto, una raccolta significativa di opere  che ripropongono lo spazio urbano in modo unico e originale.

Le opere architettoniche sono “La Porta del Belice” di Pietro Consagra, “La Torre Civica” di Alessandro Mendini,  “La Chiesa Madre” di Ludovico Quaroni, “I Giardini Segreti” di Francesco Venezia, “Edificio Comunale” di Vittorio Gregotti, Giuseppe e Alberto Samonà, decorazioni architettoniche di Carla Accardi, la scultura in travertino “Citta del sole” di Mimmo Rotella

Mentre le opere di pittura e scultura, ceramica e mosaico e altri materiali, sono presenti con i lavori di Andrea Cascella,  Mimmo Paladino, Franco Angeli, Arnaldo Pomodoro, Mario Schifano, Giulio Turcato, Fausto Melotti, Gino Severini, Giuseppe Uncini, Leonardo Sciascia.

Gibellina  attende e riceve turisti e viaggiatori da tutto il mondo per visitare la notevole rassegna d’arte contemporanea  e per le tradizionali “Orestiadi”: un festival internazionale  con manifestazioni teatrali, concerti, mostre di pittura e scultura, cinema e narrativa.

 

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