Sindacato Sgb: “Rivoluzione siciliana, ripartiamo da Danilo Dolci”

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Sulla tradizione rivoluzionaria siciliana gli storici hanno speso fiumi di inchiostro. La Sicilia è sempre stata una meta obbligata di intellettuali, artisti, poeti etc i quali l’hanno assunta come tappa del loro stesso itinerario culturale, della loro ricerca interiore. L’isola come percorso interiore dunque, alla ricerca delle ragioni della propria funzione sociale. Tra i poeti, sociologhi ed attivisti della non violenza, il mio pensiero và a Danilo Dolci, Dolci nacque a Sesana, provincia di Trieste, a ventisette anni si trasferì tra Palermo e Trapani, uno dei territori più poveri e dimenticati d’Italia, in un paese poverissimo di pescatori e contadini: voleva partecipare in prima persona alla rinascita del Meridione.  Nel 1952 sceglie di trasferirsi nella Sicilia occidentale –Trappeto – Partinico – dove promuove lotte nonviolente contro la mafia, la disoccupazione, l’analfabetismo e la fame endemica, sospinti dall’assenza dello stato e dalle disparità sociali, per l’affermazione dei diritti umani e civili fondamentali:

 Dolci era un rivoluzionario del discutere, del confronto. Un combattente contro la mafia, contro il sistema clientelare, contro la miseria. Il suo merito più grande è stato quello di aiutare la gente ad incontrarsi, discutere insieme dei problemi. Diceva sempre: “non esiste democrazia se non c’è confronto; non esiste democrazia in un paese in cui la socialità è frammentata ed ognuno apprende singolarmente il mondo; non esiste democrazia dove la lettura attenta dei segni complessi del reale lascia il posto alla chiacchiera ed allo slogan”.Dalla Sicilia dunque parte lo “spazio di comunicazione”, una interpretazione condivisa del mondo, delle cose.  Il potere, sosteneva Danilo Dolci, non è una cosa negativa. Potere vuol dire possibilità di fare, e di fare insieme ad altri. Il dominio invece è un’altra cosa: degenerazione ed abuso del potere, che dà ad alcuni possibilità che nega ad altri. La comunicazione è importante, diceva sempre Danilo Dolci: “un dare e ricevere”.

Il trasmettere televisivo, quella comunicazione di massa contestata con fermezza, da Danilo Dolci che sosteneva: “la comunicazione, quella vera è incompatibile con la massa”. Il lavoro educativo di Dolci,(ovvero una modalità cooperativa di dibattito, studio e ricerca comune della verità) assume un ruolo importante, evidenzia i rischi della società connessi al controllo sociale attraverso la diffusione capillare dei mass-media. Le parole di Dolci, il suo vivere possono aiutarci a ritrovarne la forza e la verità, a conquistare quella limpidità della lingua e purezza del pensiero che è anche onestà morale: a cercare la parola che non imbroglia, che non vende, che non imbonisce, che non manipola, che non inganna. La parola che libera. Ripartiamo da Trappeto, da Partinico per rianimare il sociale, lotta di politica in una terra nonviolenta: La Sicilia.

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