“Sei proprio una puttana, tu non vali niente, tu non lo puoi fare” – l’ipocrisia nella Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne

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Ogni anno infiocchettiamo pensieri a favore delle donne, ci schieriamo contro la violenza, ci atteggiamo a persone integerrime e incapaci di qualunque violenza.

Poi guardiamo i numeri, e sale lo sgomento.
Eppure la violenza sulle donne non è solo una violenza fisica. Lo diciamo ogni anno e ogni anno siamo sempre punto e daccapo.
E’ violenza ogni qualvolta si immagina un mondo in cui la donna ha un ruolo minore, di secondo piano, in società, in politica, nelle professioni in cui ancora l’uomo domina la scena;
ogni volta che non la si considera allo stesso livello di un uomo, che non la si considera meritevole di una promozione, di un ruolo di rilievo, di un nome sulla porta di una stanza di comando;
ogni volta che si pensa di poterla soggiogare anche con parole che non sono educate, consone, rispettose, o quando con atteggiamenti di potere si pensa di poterle sottomettere, impaurire, “conquistare”, dettare loro regole di comportamento che possano piacere a chi è più in alto, volendole adeguare ad un codice in cui la donna ancora deve sottostare, deve stare a casa, deve lasciare spazio all’uomo e se non lo fa allora deve essere redarguita, rimessa al suo posto, segregata dentro uno stereotipo di genere che non è più possibile concepire. 

E’ violenza tutte le volte che immaginate una donna che non ha potere neanche sulle proprie emozioni e sui propri sentimenti, e che dunque non può lasciare un uomo quando non ama più, ma deve sottostare, deve subire, deve arrendersi ad una condizione che sta bene a tutti tranne che a sé stessa, come se la donna tutta, avesse un valore inferiore all’uomo.

E’ violenza anche quella psicologica, quella che si insinua dietro finte parole d’amore. 
Ti vorrei così […] Mi piacerebbe che tu facessi […] Ancora non mi hai ubbidito […] 
lasciando intendere che non è e non sarà mai “perfetta” agli occhi dell’uomo che invece fa sempre e solo quello che vuole, e che reputa giusta qualunque sua azione e parola, anche gridare “sei una puttana”, oppure assestando uno schiaffo, che poi diventano due, tre, che poi diventano massacri dentro mura che sanno essere solo prigione e sede di violenza domestica. E’ violenza anche quella di chi sa e non parla, di chi fa finta di non sapere tanto “non sono affari miei”. 

La donna non può desiderare, non può scegliere un uomo con cui intraprendere una relazione, perché sennò resta una poco di buono, l’uomo che lo fa, che sceglie, che fa il piacione in giro, è invece macho, è uomo di mondo.

Ogni anno noi giornalisti ci ritroviamo a fare i famosi “report” su quello che accade, siamo costretti a raccontare numeri, eventi, reati.
Lesioni, costrizioni al matrimonio, stalking, e adesso anche il “reveng porn” quella subdola e vigliacca diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti. Perché un uomo si sente autorizzato a filmare un rapporto sessuale, si sente forte, potente, lui può tutto, può divertirsi e poi far divertire anche gli altri, violando la privacy della donna che ha scelto quel rapporto sessuale, liberamente, ma che poi si trova imprigionata dentro la diffusione di immagini che la riguardano e che la offendono, la annientano, le tolgono tutto.

E allora non serviranno i convegni, le panchine rosse dedicate e neanche la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, se non cambiamo il modo di comportarci, se non educhiamo i ragazzi che diventeranno uomini ad avere rispetto della donna, prima ancora che insegnare alle ragazze che diventeranno donne a difendersi dall’uomo violento, che la denigrerà, che la offenderà, che la circuirà, che la violenterà e che non le riconoscerà mai diritti, capacità, ruoli.

L’ipocrisia di un giorno nel commemorare le vittime di femminicidio, di violenza, non laverà via colpe, non ripulirà coscienze. Vorrei un cambio di rotta, mentre si incomincia dal basso, dall’insegnare a chiedere scusa, dal rispetto che si deve alla donna come essere umano e come essere umano capace e libero di dire NO, senza finire vittima di un sistema che la contempla come una costola di chissà quale Adamo che resta uomo e pertanto, imperfetto.

Simona Stammelluti 

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