Sanità al collasso ad Agrigento. C\’è una classe politica che ama i primari e un\’altra classe politica che ama i Direttori. E nel frattempo all\’ospedale di Agrigento c\’è u scappa scappa di medici e primari. Si versano lacrime nere in attesa di una non utopistica chiusura

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La notizia della \”fuga\” del primario di Ortopedia e Traumatologia dell\’ospedale di Agrigento, Giovanni Palmisciano, apre nuovi scenari che fanno ben sperare per il futuro del nosocomio agrigentino. Già una serie di medici sono letteralmente scappati via (e noi andiamo a \”pescare\” in Argentina…),stamattina la notizia di Palmisciano, altri mal di pancia riguardano altrettanti medici.

Un fuggi fuggi generale assai antipatico che crea, come dicevamo, scenari non certo rosei.

E mentre l\’ospedale San Giovanni di Dio langue, poco più di poliambulatori come Licata, Ribera e Canicatti godo delle attenzioni soprattutto dalle classe politica.

Sicchè, nel bel mezzo di un vero e proprio vero paradosso, ad Agrigento si viene a creare una situazione tanto imbarazzante quanto singolare.

La politica. Già, la politica; quella macchina infernale che decide su tutti e su tutto che nell\’ambito sanitario avanza come un carro armato senza trovare ostacoli. E decide! Ed ecco il paradosso. Nella provincia di Agrigento i nostri deputati regionali si sono quasi suddivisi pezzi e fette della sanità. Chiaro che gli onorevoli Pace e La Rocca Ruvolo abbiamo interessi politico-elettorali in quella zona e spingono a spron battuto per far diventare ospedali di primo livello quelli che, come dicevamo prima, sono poco più di poliambulatori. Si potenziano reparti, si aprono reparti, si aprono sale operatorie le quali, al di la di una semplice appendicectomia non possono garantire servizi più gravi come ad esempio fornisce Agrigento.

Ad Agrigento città si preme di più nella sanità amministrativa. La politica del luogo non piazza primari ma predilige collocare Direttori. Non è uno scherzo, ma la pura e santa verità.

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E in un clima di distruzione quale quello che si sta vivendo, aggravato dalla gravissima carenza di Dirigenti Medici in tutti i Reparti (chi più chi meno), si assiste ad un maggiore scempio, ad una razzia di Medici che dal Presidio di Agrigento vengono spostati per garantire gli Ospedali di Canicatti e Licata, Ospedali di base, ormai destinati alla chiusura o alla loro conversione.

L\’ospedale di Agrigento è ormai al collasso totale. Sembrerebbe che ci sia una forza occulta superiore che ha deciso di distruggere il principale ospedale della provincia, Hub per diverse patologie, DEA di I livello che meriterebbe, per il bacino di pazienti che assiste, di diventare DEA di II livello con l’incremento di strutture, servizi e reparti al solo fine di interrompere i “viaggi della speranza” verso altri nosocomi che, ricordiamo, in caso di patologie tempo dipendenti, non si riesce a raggiungere (anche se hai i soldi o sei il più potente politico).

Gli ospedali minori, non attrattivi, per tipologia di assistenza e trattamenti, agli occhi dei giovani medici, hanno ormai un destino segnato che, se fossimo gestiti da politici lungimiranti, dovrebbero essere convertiti in Ospedali per cronici, mantenendo solamente un punto di primo soccorso per poi trasferire tutte le patologie acute presso l’ospedale di Agrigento. In tal modo in Provincia si potrebbero avere due grossi ospedali per acuti (Agrigento e Sciacca) e tre ospedali per cronici (Canicatti, Licata e Ribera).

E invece? E invece, si mantengono aperte le chirurgie di Canicatti e Licata e, udite udite, a giorni riapre anche la chirurgia di Ribera. Ma chi sarà operato a Ribera?

Ci sarebbe da chiedere al politico di turno che pressa per la riapertura e/o mantenimento di zavorre inutili necessarie solamente a garantire l’elettorato locale, se, in caso di necessità, si farebbe operare a Ribera, Canicatti o Licata, dove non solo non vi sono le competenze derivanti dalla legge dei grandi numeri (know-how) ma mancano anche servizi essenziali (ad esempio centro trasfusionale).

Ma il solito politico, farebbe partorire la moglie a Licata dove non c’è un centro trasfusionale, né la rianimazione, né la neonatologia, con grave rischio legato a tali carenze? E farebbe operare per una frattura la propria madre a Licata dove non c’è il trasfusionale, la rianimazione e vi sono solo due medici in servizio? Queste sono domande alle quali una risposta sarebbe davvero gradita. Seria.

E invece, noncuranti dei rischi a cui si sottopongono i pazienti, si continua a lottare per mantenere aperte le zavorre. Si chiede agli ortopedici di Agrigento, ai ginecologi di Agrigento, agli anestesisti di Agrigento, ai cardiologi di Agrigento, ai pediatri di Agrigento e potremmo continuare all’infinito, di coprire turni massacranti anche negli ospedali minori solo per salvare la faccia agli occhi dei sindaci e dei deputati. E l’ospedale di Agrigento? Possibile che non stia a cuore della deputazione agrigentina?

L\’assessore regionale alla Sanità è a conoscenza del fatto che si sta mantenendo una ortopedia con due medici a Licata o la cardiologia o il punto nascita (riaperto in deroga pur essendo ben al di sotto dei 500 parti per anno)? Il ministro sa che è stato riaperto il pronto soccorso di Ribera che assiste forse dieci pazienti al giorno?

E ad Agrigento, a causa di tutto questo avviene l’irreparabile: due cardiologi si dimettono e due stanno per andare via. I neurologi sono rimasti in tre (a causa della dimissione di altri due) e la stroke unit (quella che ti salva in caso di ictus) rimane aperta fino alle 14 feriali. Se si viene colpiti da un ictus leggero (Tia) dopo le 14 sono cavoli amari. Si salvi chi può. Della serie, guai ad ammalarsi dopo le 14,00. Ma si può andare avanti così?

Gli ortopedici si stanno dimettendo in quattro (determinando cosi la chiusura dell’ortopedia), anche se ad Agrigento arrivano tutte le urgenze traumatologiche della Provincia ed anche da Mussomeli. La chirurgia vascolare non è mai stata ripristinata.

Da non sottovalutare che l’utenza proveniente da Lampedusa, compresi gli extracomunitari, pur essendo di pertinenza dell’ASP di Palermo, afferisce al San Giovanni di Dio, aggravando così i carichi di lavoro di un ospedale martoriato da scelte che meriterebbero altri criteri (eufemismo di scellerate).

La domanda è semplice e perentoria: ma quanto deve durare questa situazione? Veramente si deve ridurre l’attività di Agrigento per favorire gli ospedali minori? Veramente il San Giovanni di Dio è destinato a fare una fine mestissima, a causa anche dello scappa scappa che c\’è tra medici e primari?

Che fare?

 

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