Pascatori tunisini veri e propri pirati, Vella: \”Indagini difficili, occorrono i mediatori culturali\”

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“Tante cose abbiamo visto in questi anni occupandosi del fenomeno dell’immigrazione clandestina, alcune terribili, quali i naufragi anche con oltre trecento morti, e in ultimo ci siamo occupati di un reato assolutamente anomalo, la tortura che avveniva nei campi libici, e adesso la pirateria. Sono diversi i pescherecci tunisini che depredano, con veri e propri blocchi navali, i barchini carichi di migranti. Pirati che portano via quelli che sono i beni più preziosi, i motori con le imbarcazioni che restano alla deriva, ma anche soldi contanti e cellulari, quindi quello che serve per chiedere aiuto e soccorso”. Lo ha detto il procuratore capo, facente funzioni, Salvatore Vella durante la conferenza stampa per l’arresto di quattro tunisini, comandante ed equipaggio di un peschereccio tunisino, accusati di pirateria marittima.

L’operazione è stata condotta, in congiunta, dalla Capitaneria di porto di Lampedusa, dalla sezione aeronavale della Guardia di finanza di Palermo e dalla Squadra Mobile di Agrigento. Presente all’incontro con i giornalisti anche il questore Emanuele Ricifari. I fermati sono stati trovati in possesso di due motori rubati ai barchini, 5 cellulari e del denaro e non c’era ne pesce, o reti per la pesca.

“E’ stata un’attività corale che – ha aggiunto il procuratore Vella – ha coinvolto Guardia costiera, perché tutto nasce come evento Sar del soccorso a 3 barchini, successivamente e’ intervenuta la Guardia di Finanza e poi c’e’ stato l’intervento della Squadra mobile. Lavorare su Lampedusa continua ad essere difficile sul fronte della polizia giudiziaria: tanti arrivi, pochi interpreti. Abbiamo i migliori investigatori sul campo ma se non abbiamo gli interpreti non riusciamo a sentire e capire i migranti. Ma mancano anche i mediatori culturali, indispensabili per agganciare ogni possibile sfaccettatura dei racconti”.

Per pirateria marittima, reato previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay e dal Codice della navigazione italiano, le pene previste sono fino a 20 anni di reclusione.

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