“Mi ricordo”

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di  Toto  Cacciato

 I “Mi ricordo” appaiono alla memoria rapidi come un flash, emergono dalla mente a sorpresa e sono evocativi di un’immagine lontana, a volte sentimentale o poetica.

Ha con se, nello scatto memoriale, la visione di un’immagine che appare completa nella sua atmosfera, nel colore, quasi nell’odore d’epoca e l’aura cristallina sospesa, ma per pochi istanti.

I miei “Mi ricordo” sono prevalentemente degli anni Sessanta, vanno avanti ma anche  indietro nel tempo, sono sparsi e mischiati, si accendono anche sugli anni tristissimi del dopoguerra e poi negli anni speranzosi del “miracolo economico”, quelli di auspicato benessere. Tutto ciò per non perdere i “Mi ricordo” per sempre, ma per rivederli con gli occhi della memoria: liberi, aerei, che volano via fragili e ondivaghi come farfalle.

 

LA VESPA PIAGGIO.

La Vespa Piaggio, con un tubo per manubrio, il faro sul parafango anteriore,  la sella in cui si entrava senza  scavalcare e due gobbe ai lati della ruota posteriore, a noi appariva una macchina potente, veloce, pericolosa in curva, scattane se non tenuta a bada con sapiente gioco di acceleratore e frizione. Detto questo a me piaceva molto l’odore di benzina che diffondeva la vespa nel nostro piccolo garage dopo una corsa.

MOTOCICLETTA  ABS.

Mi ricordo di una motocicletta posteggiata vicino casa. Era il desiderio di tutti i ragazzi ma anche degli adulti. Il rombo ci deliziava insieme dell’odoroso fumo della marmitta. “Che marca è”, abbiamo chiesto al proprietario motociclista, “BSA” rispose. E cosa significa, “Bisogna Saperci Andare”, rispose.

 

VIAGGIO IN TRENO.

Mi ricordo di aver viaggiato in treno, da sud a nord, in uno scompartimento di sei posti già occupato da una famiglia di cinque persone, in seconda classe. Siamo stati tutti insieme per 12 ore, in quel breve spazio tra mangiate e dormite. Tra loro una bella ragazza diciottenne, la figlia, bruna con gli occhi verdi come non avevo mai visto. Ci fu un momento per parlare, affacciati al finestrino del treno che correva. Lei guardava il paesaggio e disse: fra pochi giorni partiamo tutti per il Venezuela.

GRANITA AL LIMONE

Chi ritorna in Sicilia appena possibile gusta una granita di limone, da accompagnare con  un biscotto, come  taralli  o savoiardi. Nel bicchiere bianco e vaporoso  vede  e  sente tutto:  la festa estiva, le luminarie, i dolci, torroni, odore di  timballi; sente la banda musicale, ora lieta  e brillante, ora   lenta   e commovente come in una processione religiosa.

UN BICCHIERE d’ORZATA

Mi ricordo i chioschi palermitani, agli angoli delle vie nelle estati infuocate, con piramidi di limoni tra zampilli d’acqua a servire bicchieri colmi d’orzata, menta o limonata. Nell’aria le voci e i suoni delle canzonette di moda, lo schiatto delle marmitte scassate, le voci dei venditori ambulanti.

 

LA PRIMA SIGARETTA.

Mi ricordo la prima sigaretta. Il tabaccaio spacchettava le sigarette per venderle  sfuse. I clienti ne chiedevano di solito cinque, a volte due o dieci. Il tabaccaio serviva le sigarette avvolte con maestria in mezza schedina della Sisal scaduta. La nostra richiesta era per le Alfa, Nazionali, Stop, Sax, e altre popolari, non certo per le Camel, Chesterfield, Philip Morris, Luche Striche. Una mattina noi ragazzini, presi di coraggio, abbiamo comprato cinque Nazionali, e le abbiamo fumate di nascosto in un androne, in un mare di tosse e di fumo.

 IL PRIMO BACIO.

 Mi ricordoforse mi ricordo di quel bacio, perché quel primo bacio è stato vago, fantastico e forse sognato. Sarà stato intorno ai miei quindici anni d’età, con una ragazzina vista di domenica, fuori dalla chiesa, dopo la messa.

Una sera un incontro casuale in una stradina semibuia del quartiere. Un saluto e quattro parole, non capite, un contatto, sconvolgente ed emozionante, assai, come quel piede che toccava la luna. E forse accadde: un bacio umido e sfuggente

PROFESSORESSA di CHIMICA

Mi ricordo ancora la professoressa di chimica,  era una bella ragazza, anzi una bella donna. Era bionda con occhi azzurri,  seno piccolo e a punta nel suo morbido e aderente  golf di lana mohair, fianchi morbidi e bocca incantevole.

La nostra classe stava molto attenta alle sue lezioni, a differenza di altre,  in quell’ora di chimica nessuno parlava, tutti attenti a guardare l’insegnate, ascoltare la sua voce, seguire i suoi gesti misurati, tutto era al massimo dell’attenzione.

Un giorno capì che l’attenzione della classe non era per la chimica.

IL BARBIERE

Mi ricordo quel barbiere dalle dita fredde sul collo, ci calava la testa in  avanti e con la macchinetta tagliava i capelli: dalla nuca a salire, poi dietro le orecchie e sulle tempie, a  destra e a sinistra. Infine spruzzava acqua sul capo e ci pettinava con la riga quasi al centro.

PANE E OLIVE

Mi ricordo  che gli operai al mattino, prima di entrare in cantiere, mangiavano pane e olive; masticavano forte, guardavano a destra e sinistra, e avevano il labbro inferiore unto d’olio che brillava al sole.

 ANDREA DORIA

Mi ricordo che vidi la nave nel tardo pomeriggio, quasi sera,  in televisione  bianco nero. L’Andrea Doria era rovesciata su un fianco con le onde che già percorrevano la fiancata ed entravano nelle finestre i nei corridoi della promenade. Sembrava un animale ferito, un grosso cetaceo che non aveva più la forza di reagire e si abbandonava al grande oceano senza speranza. Anche gli uomini avevano perso la speranza, l’avevano infatti abbandonata al suo destino e al buio del mare profondo.

VERSO  SERA

Mi ricordo che verso sera, nei paesi meridionali, la gente si siede davanti la porta di casa, sull’uscio direbbero i toscani, che da sulla strada. Il cielo è ancora chiaro, le rondini impazzano negli ultimi giri. Molti ritornano a casa, e già si accendono le luci nelle stanze. Solo chi non aspetta nessuno si attarda a guardare fuori, attende invano chi non arriverà, infine chiude la porta.

 

P.S.  Il libro MI RICORDO, con altri brevi testi e foto, elenca oltre duecento “ricordi”, ed è di prossima stampa e diffusione.

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