“Messina Denaro”, picconate alla rete di protezione

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La rete di protezione di Matteo Messina Denaro: arrestati il medico di base Alfonso Tumbarello e il cugino omonimo di Andrea Bonafede. L’intervento del procuratore aggiunto, Paolo Guido.

I Carabinieri del Ros hanno arrestato Alfonso Tumbarello, 70 anni, il medico di Campobello di Mazara che si sarebbe occupato delle condizioni di salute di Matteo Messina Denaro durante la latitanza consentendogli di accedere alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale. La Procura di Palermo gli contesta i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico. In manette anche Andrea Bonafede, 53 anni, cugino e omonimo del geometra di 59 anni che ha prestato la propria identità a Messina Denaro acquistando a nome suo anche la casa in vicolo San Vito 4 a Campobello, ultimo covo del boss prima dell’arresto. A Bonafede sono contestati i reati di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dall’avere favorito Cosa Nostra. Sarebbe stato lui, il Bonafede cugino del geometra, a ritirare le prescrizioni mediche di Tumbarello per farmaci, esami clinici e ricoveri destinati a Messina Denaro. E lui avrebbe consegnato al medico i documenti sanitari ricevuti dal boss nel corso delle cure. Secondo la Procura di Palermo, Tumbarello, al contrario di quanto da lui sostenuto, sarebbe stato del tutto consapevole di lavorare per Matteo Messina Denaro. Lui, Tumbarello, ha prescritto a nome di Andrea Bonafede almeno 95 farmaci per gravi patologie tumorali, più altre 42 prescrizioni per esami e analisi. Grazie a tali prescrizioni Messina Denaro si è sottoposto a due interventi: il primo per un tumore al colon all’ospedale “Abele Ajello” di Mazara del Vallo il 13 novembre del 2020. E il secondo, il 4 maggio del 2021, per rimuovere delle metastasi al fegato, alla clinica “La Maddalena” a Palermo. Due giorni dopo l’arresto di Messina Denaro, il 18 gennaio, il medico di base Tumbarello è stato sospeso a tempo indeterminato dalla loggia massonica del Grande Oriente d’Italia a cui appartiene, così come impongono le norme interne alla loggia, secondo cui: “In presenza di qualsiasi indagine, per qualsiasi reato, grave o meno che sia, il gran maestro deve procedere con la sospensione del ‘fratello’ iscritto nel registro degli indagati”. Il procuratore aggiunto di Palermo, Paolo Guido, che ha firmato gli ordini di arresto condivisi dal Tribunale, in riferimento alla rete di protezione cucita per decenni attorno al superlatitante scrive: “Tutte le indagini, ancora in pienissimo e frenetico svolgimento sulla ricostruzione delle fasi che hanno preceduto la cattura di Messina Denaro, hanno innanzitutto offerto uno spaccato dell’assordante silenzio dell’intera comunità di Campobello di Mazara che, evidentemente con diversi livelli di compiacenza omertosa, paura, o addirittura complicità, ha consentito impunemente al pericoloso stragista ricercato in tutto il mondo di affrontare almeno negli ultimi due anni cure mediche e delicatissimi interventi chirurgici in totale libertà. I primi accertamenti, svolti con tempestività dalla polizia giudiziaria, hanno svelato un inquietante reticolo di connivenze e complicità in diversi luoghi e in svariati ambiti professionali, a cominciare da quello medico – sanitario. E’ un reticolo sul quale sarà necessario proseguire le investigazioni che doverosamente dovranno condurre a individuare e perseguire, se sussistenti, tutte le condotte integranti possibili profili di responsabilità penale”. E nel frattempo il Tribunale del Riesame ha rigettato il ricorso contro la misura cautelare in carcere presentato dal difensore del geometra Andrea Bonafede, l’avvocato Aurelio Passanante, che in sintesi ha affermato: “Bonafede ha assecondato le richieste di Messina Denaro per paura. Non è stato mai minacciato. E’ stato un timore reverenziale, giustificato dallo spessore criminale del boss. I due si conoscono da ragazzi. Si sono incontrati due anni fa. Messina Denaro gli ha chiesto aiuto. Lui, Messina Denaro, ormai certo di avere i giorni contati, si muoveva con una certa libertà in paese e, sapendo di essere gravemente malato, aveva ridotto il livello di cautela sempre avuto”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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