“Lutri”, il perché della convalida dell’arresto

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Le motivazioni per le quali il Tribunale ha convalidato l’arresto dell’ex massone Lucio Lutri, il funzionario regionale ritenuto a disposizione del clan mafioso di Licata.

Lo scorso 3 agosto la giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, Alessandra Vella, ha convalidato il fermo, convertendolo in arresto in carcere, di 5 dei 7 indagati e sottoposti a fermo mercoledì scorso 31 luglio dai Carabinieri nell’ambito dell’inchiesta su mafia e massoneria cosiddetta “Halycon”. Si tratta di Giacomo Casa, Angelo Lauria, Giovanni Lauria, Vito Lauria e Giovanni Mugnos. Allo stesso modo, la giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, Maria Cristina Sala, ha convalidato l’arresto, già eseguito sotto forma di fermo, del funzionario regionale Lucio Lutri, in servizio all’assessorato all’Energia, già ‘maestro venerabile’ della loggia massonica palermitana “Pensiero e azione”, e indagato di concorso esterno alla mafia. Ebbene, adesso sono pubbliche le motivazioni per le quali il Tribunale di Palermo ha convalidato l’arresto, in carcere, del massone, appena radiato dalla massoneria, Lucio Lutri. E la giudice Sala, che ha ritenuto ricorrenti i pericoli di fuga, inquinamento delle prove e reiterazione del reato, nel suo provvedimento tra l’altro scrive: “In maniera del tutto spregiudicata e disinvolta, forte anche del suo incarico istituzionale di funzionario della Regione Siciliana e soprattutto della privilegiata rete di relazioni intrattenute quale esponente di loggia massonica, con azioni spregiudicate e disinvolte si è messo a completa disposizione dell’associazione mafiosa”. La giudice Sala si riferisce in particolare alla famiglia mafiosa di Licata capeggiata da Giovanni Lauria, conosciuto come “il professore”, a favore della quale Lucio Lutri avrebbe adoperato la propria rete di rapporti “di stampo massonico” per risolvere problemi di vario genere nel contesto di un incessante scambio di favori. E ciò sarebbe stato un “lavoro” (tra virgolette) impegnativo, tanto che Lucio Lutri, intercettato dai Carabinieri, si è sfogato così: “La mia vita è quella che è, è incasinata, però incasinata con onore”. In occasione dell’udienza di convalida, Lucio Lutri, innanzi ai magistrati, si è difeso sostenendo di non riconoscersi nel linguaggio usato in alcune intercettazioni, che il contenuto di parte dei favori è lecito, che in altri casi le promesse sono state millanterie non mantenute, e che lui non è stato a conoscenza della militanza mafiosa degli amici di Licata. E la giudice Maria Cristina Sala valuta l’interrogatorio di Lutri scrivendo così: “Nel corso dell’interrogatorio di garanzia non ha riconosciuto come proprie alcune frasi intercettate, dalle sue raccomandazioni a spegnere il telefonino alle parole con cui mostrava di avere la situazione sotto controllo: ‘… io né muoio né mi attaccano’. E appare inverosimile ritenere che egli non fosse a conoscenza della caratura mafiosa dei soggetti frequentati e delle finalità illecite degli incontri. E l’indagato Lutri non ha spiegato validamente la sua ampia disponibilità dimostrata sulle richieste di suoi interventi o interessamenti per la soluzione di diverse questioni, imprenditoriali, finanziarie, bancarie e persino giudiziarie. Ad esempio Lutri ha definito ‘fantasiosa e incredibile’ la sua promessa di essere pronto ad attivare amicizie con la magistratura, a Roma come a Bruxelles, affinchè fosse accolto un ricorso per la restituzione dei beni sequestrati a un imprenditore amico di Licata, che sarebbe Angelo Stracuzzi”. E a fronte di tale promessa, Lucio Lutri si è difeso rispondendo così: “È stato un modo come un altro per dire che non ero in grado di risolvere il problema. Non ho preso contatti con nessuno e non avevo con chi prendere contatti”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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