Lo Forte, Pignatone e Scarpinato al “depistaggio”

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I magistrati Guido Lo Forte, Giuseppe Pignatone e Roberto Scarpinato hanno deposto a Caltanissetta al processo sul depistaggio delle indagini dopo la strage Borsellino. I dettagli.

Al processo in corso innanzi al Tribunale di Caltanissetta sul depistaggio delle indagini dopo la strage di Via D’Amelio, hanno deposto i magistrati Guido Lo Forte, Roberto Scarpinato e Giuseppe Pignatone, citati a testimoniare sul dossier ‘mafia e appalti’, risalente all’epoca immediatamente precedente alla morte di Paolo Borsellino e ritenuto tra i possibili moventi dell’attentato.

La deposizione dei tre, a fianco di Borsellino alla Procura di Palermo nel ’92, è stata incentrata, in particolare, su quanto ha affermato l’avvocato Fabio Trizzino, legale di parte civile della famiglia Borsellino e marito di Lucia Borsellino, ovvero: “Cinque giorni prima della strage di Via D’Amelio, il giudice Paolo Borsellino partecipò a un incontro alla Procura di Palermo. In quell’occasione si parlò anche dell’inchiesta ‘mafia e appalti’, di cui Borsellino si era occupato a lungo. Ma in quell’incontro, il pubblico ministero, Guido Lo Forte, nascose a Borsellino di avere firmato, appena il giorno prima, l’archiviazione dell’inchiesta”.

Ebbene, Guido Lo Forte ha replicato: “Tutto il pool antimafia, compreso Paolo Borsellino, sapeva della richiesta di archiviazione, che peraltro riguardava una tranche residuale dell’indagine ‘mafia e appalti’. Spiegammo che era una scelta obbligata perché, per le posizioni per cui volevamo chiedere l’archiviazione, non avevamo prove, e tutto ciò fu condiviso all’unanimità, senza rilievi. E’ assolutamente falso che avrei nascosto a Borsellino il fatto di avere firmato la richiesta di archiviazione. Borsellino era già informato di questa prospettiva, e poi io stesso ne parlai ai colleghi, lui compreso, in occasione della riunione del 14 luglio del 1992, cinque giorni prima della strage. Confermo che i carabinieri del Ros comunicarono solo nel 1992 l’esistenza di intercettazioni del 1990 che avrebbero potuto evitare la richiesta di archiviazione, e soprattutto che avrebbero potuto portare molto prima a indagini su politici e pezzi dell’imprenditoria italiana che poi la Procura comunque portò avanti. Si trattò di una anomalia grave”.

E il collega Giuseppe Pignatone ha risposto così: “Borsellino, almeno in mia presenza e a riunioni a cui partecipai io, non disse mai che sull’inchiesta ‘mafia e appalti’ si sarebbe potuto fare di più. Cioè non si è mai lamentato che l’indagine non fosse stata valorizzata come meritava. Nessuno si è mai permesso di dirmi cosa fare dall’esterno, o ha fatto pressioni. In caso contrario lo avrei denunciato. Nessuna sottovalutazione: all’interno dell’ufficio l’allora procuratore Giammanco ci disse di lavorare e valorizzare gli elementi dell’inchiesta ‘mafia e appalti’ che andavano valorizzati. D’altro canto non si arrestano persone senza prove”.

E, infine, Roberto Scarpinato ha confermato che i carabinieri del Ros depositarono solo nel settembre del 1992 delle intercettazioni del 1990 che avrebbero potuto evitare la richiesta di archiviazione, e poi ha aggiunto: “Chiedemmo perché non ce le avevano depositate prima, e un maresciallo del Ros ci disse che aveva ricevuto indicazioni dal Ros di non consegnarle perché non erano rilevanti. Questo fu il vero insabbiamento. E fu fatto credere che la Procura aveva intercettazioni su personaggi eccellenti e le nascondeva, mentre le aveva il Ros. Fu una cosa gravissima. Borsellino mi chiese a fine maggio del 1992 a che punto fosse l’indagine ‘mafia e appalti’. In quell’occasione gli feci una sintesi dell’indagine. Non mi risulta che Borsellino si sia lamentato che l’indagine non avesse avuto il respiro che meritava”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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