La “trattativa” secondo Salvatore Borsellino

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Il fratello di Paolo Borsellino interviene nel merito delle motivazioni della sentenza assolutoria al processo ‘Trattativa’: “Ripristinata la convivenza pacifica tra Stato e mafia”.

Come Nino Di Matteo, anche Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ritiene che le motivazioni appena depositate della sentenza assolutoria emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Palermo, al processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, abbiamo legittimato il dialogo con la mafia e il favoreggiamento di convenienza a boss come Bernardo Provenzano, anche se ciò abbia poi provocato la morte del confidente Luigi Ilardo e del medico urologo Attilio Manca. E Borsellino ha scritto sui social: “Le motivazioni risultano inaccettabili perché, con buona pace di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino che per servire questo Stato hanno sacrificato la vita, sanciscono l’ufficializzazione del ripristino della convivenza tra mafia e Stato che dalla strage di Portella della Ginestra in poi ha caratterizzato la vita del nostro Paese. Con la mafia si può convivere, anzi si deve convivere, affermava qualche tempo fa Lunardi, un ministro della Repubblica.

E le motivazioni di questa sentenza vanno ancora oltre, affermando che con la mafia si può scendere a patti e questi patti possono contemplare la protezione, per oltre un decennio, della latitanza del capo dell’organizzazione criminale stessa, Bernardo Provenzano. Così come oggi viene protetta la latitanza del nuovo capo della stessa organizzazione, Matteo Messina Denaro. E con buona pace di quelli che, per proteggere questa latitanza di Provenzano, hanno dovuto essere eliminati. Come Luigi Ilardo, infiltrato nell’organizzazione criminale ed ucciso prima che potesse iniziare la sua collaborazione ufficiale con la giustizia. E come Attilio Manca, ucciso perché non rivelasse ai rappresentanti dello Stato che aveva visto al capezzale Bernardo Provenzano quando era stato chiamato ad operarlo. E come lo stesso Borsellino, ucciso in una strage i cui tempi erano stati affrettati perché a questa trattativa si era sicuramente opposto.

E’ stata una trattativa che per anni è stata chiamata ‘presunta’, che per anni ho continuato a chiamare ‘scellerata’, e che così continuerò a chiamare nonostante gli equilibrismi verbali di queste motivazioni che arrivano addirittura a definire la trattativa come portata avanti per ‘fini solidaristici’. Ma per solidarietà nei confronti di chi? E, soprattutto, su autorizzazione di chi? Quelli che hanno condotto questa, come è stata definita, ‘improvvida azione’, erano funzionari dello Stato. Non basta dire che, se hanno sbagliato, non lo hanno fatto per favorire la mafia. Se non hanno informato la magistratura della loro iniziativa, oltre che incompetenti – come si evince da altre parti delle motivazioni che altri, più competenti di me, potranno e dovranno studiare con attenzione per un auspicato ricorso in Cassazione – sono sicuramente colpevoli e come tali avrebbero dovuto essere condannati”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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