La lettera che mai avrei voluto ricevere, al tempo del coronavirus

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Ciao Simona come stai?
Sono tempi duri, lo so.
Tempi duri per noi giornalisti che dobbiamo stare sempre sul pezzo senza però dimenticarci del codice deontologico e che dobbiamo ricordare di avere un solo padrone, il lettore al quale dobbiamo la verità ma anche la tutela dal danno che una notizia può provocare; tempi duri per noi mamme, che dobbiamo proteggere i nostri figli e spiegare loro cosa sta accadendo responsabilizzandoli ma senza allarmarli; tempi duri in cui dobbiamo avere tanta paura ma mostrarla con parsimonia, disperarci in silenzio e piangere da soli, continuare a dirci che “andrà tutto bene” e crederci fino in fondo. Perché se non ci crediamo fino in fondo, finiamo per morire ogni giorno un po’.
Io ti conosco, so come sei fatta, quanta forza metti in tutto quello che fai, sempre in equilibrio tra ottimismo e buonsenso e ti immagino mentre rispondi a tutti, provi a rassicurare tutti, mentre ti metti a disposizione di chi ha bisogno, come sempre, senza mai dimenticare che la vita è fatta di responsabilità dalle quali non possiamo assolutamente abdicare.
E siamo qui, a domandarci reciprocamente come stiamo e quel “come va?” che è sempre più difficile da chiedere senza temere la risposta. Che in questo momento di crisi, finalmente riusciamo ad ascoltare la risposta a quella domanda che non è più di rito, o un intercalare, ma una necessità, una necessità di sentirsi confortati da quel “sto bene, grazie”.
Che in questi giorni sembriamo tutti estranei, ma le persone che amiamo, le amiamo più forte che si può, e ci voleva un momento di crisi per capire fino in fondo quanto ci stanno a cuore alcune persone e nel sacrificio di star loro lontani, mostriamo tutto l’amore di cui siamo capaci.
Chissà da te come va, chissà se sarete più bravi degli altri a mettere da parte la superficialità e la disattenzione, mostrando dovere civico, responsabilità e amore per la vita.
Sembra tutto così surreale  … già lo so, ci scriverai su un libro! Sono sicura che ci stai già pensando e dentro ci saranno gli stati d’animo che – ne sono sicura – ancora non hai raccontato a nessuno.
Vorrei poterti guardare negli occhi, adesso, per scoprire che ci credi ancora. 
Vorrei poterti parlare per capire  come commenti le notizie che giungono all’improvviso mentre guardi un film. 
E poi vorrei sapere se i tuoi sogni sono rimasti intatti. Perché alla fine tu mi hai insegnato a tenerli stretti quei sogni, che le tempeste si dominano con lucidità e determinazione e che vince chi resiste. 
Resistere, per esistere. 
Da tempo ce lo dici, prima ancora di questa crisi. 
Questa crisi che mostra tutti i nostri lati deboli: la sanità che fa fatica a reggersi sulle proprie gambe, l’economia sempre più in ginocchio, ma disattenzione di chi non ha la percezione del pericolo, di questo pericolo invisibile che ci angoscia, ci fa tremare e ci fa sperare. 
Emmanuel Kant diceva che se hai qualcosa di buono da fare (niente ozio), qualcuno da amare (senza essere egoista) e qualcosa in cui sperare (discrete dosi di ottimismo) allora meriti di essere felice. 
Oggi la felicità risiede nell’amore per la vita, nel fare responsabilmente e nello sperare senza riserve. Oggi vorrei stringerti la mano, dirti che ti stimo, come sempre, darti tutto il supporto che serve e raccontarti di quella volta in cui fummo capaci di uscire da quella situazione così difficile io e te, di quando ce l’abbiamo fatta e poi abbiamo pianto di felicità.
Stammi bene, e come dici sempre tu, resistiamo.
Aspetto tue; e se ti svegli e hai ancora paura, ridammi la mano.

 

Firmato
Simona Stammelluti 

 

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