Inquisito, morto e riabilitato

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La Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, dopo 4 anni, smonta le accuse e restituisce i beni. Lui nel frattempo è morto. Il caso Paolo Giambruno.

Lui è Paolo Giambruno, ex capo dei veterinari all’Azienda sanitaria provinciale di Palermo. Inquisito. Poi il sequestro dei beni. Poi la morte. Adesso la sentenza. Innocente. Lui ad amici e colleghi ha sempre ripetuto: “Ho un solo desiderio: vivere abbastanza a lungo per dimostrare di essere innocente”. Invece lui, Giambruno, che ha subito anche la rimozione dall’incarico di capo dipartimento dei veterinari dell’Azienda sanitaria, è morto lo scorso 3 agosto. Paolo Giambruno è stato indagato perché ritenuto il prestanome del boss di Carini, Salvatore Cataldo. Gli sono stati sequestrati tutti i beni, dai conti bancari agli yacht di lusso. Gli è stato imposto l’obbligo di soggiorno. Lui si è sempre difeso e ha lottato strenuamente, ma la morte lo ha colto prima della sua riabilitazione. Infatti, la prima Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, presieduta da Raffaele Malizia, ha del tutto smontato l’imputazione di intestazione fittizia formulata dalla Procura di Palermo, ed ha annullato il sequestro ordinato nel 2015, rispondendo “no” alla richiesta di confisca dei beni. Conti correnti, società e immobili sono stati restituiti agli eredi di Paolo Giambrone, la moglie e i figli, dopo quattro anni. Nelle 89 pagine del provvedimento, la Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo punta il dito contro le tante falle dell’inchiesta. Ad esempio, sarebbero state trascurate ed escluse alcune intercettazioni che avrebbero scagionato Giambruno dall’accusa di essere prestanome del boss mafioso. Poi tali intercettazioni sono state recuperate dagli avvocati che hanno difeso il veterinario. E il giudice scrive: “Eppure quelle intercettazioni erano dirimenti per dimostrare che tra Giambruno e Cataldo, già condannato per mafia, c’era sì un rapporto societario, ma alla luce del sole. Per quanto deprecabile possa apparire l’atteggiamento spregiudicato assunto da Paolo Giambruno – non solo per il palese svolgimento di attività imprenditoriali nonostante il ruolo di pubblico funzionario, ma anche nell’intrattenere rapporti economici ed imprenditoriali con il boss Cataldo – ciò non rivela pure che Giambruno si sia prestato a svolgere le funzioni di prestanome di Salvatore Cataldo”. L’avvocato Daniele Livreri, che assiste i figli di Paolo Giambruno, rilancia: “Il rapporto tra Giambruno e Cataldo è quello fra due soci, comunque finalizzato a progetti imprenditoriali e commerciali comuni. In sostanza il tribunale ritiene enormemente distante dalle emergenze delle indagini l’ipotesi di intestazione fittizia dei beni”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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