Il fascino dei borghi semisconosciuti: San Biagio Platani e i suoi Archi di Pasqua

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di Maria Angela Arancio

In genere quando ti propongono di visitare un piccolo centro, borgo o cittadina della tua provincia, solitamente sei restio, pensi: “Cosa vado a vedere un paesello di 3.000 anime?”. Poni subito un diniego o, se dici si, vai, ma lo fai per non dispiacere chi te lo propone, quasi annoiato e sicuro di trovare: “IL NULLA”. Un paesello arroccato su un altopiano di quasi 500 m. sul livello del mare, vicino ad un fiume, ormai quasi privo d’acqua. Pensi che il massimo che può offrirti è solo aria buona e pulita. Allora vai…Quando ci sei dentro ci vogliono pochi minuti per ricrederti e tornare indietro nel tempo, quando a scuola studiavi: castelli, piazze, feudalesimo, feudatari, plebe etc. etc. e le bellezze di quelle genti e di quei posti, che non esistono più per via della globalizzazione. Pensi alle bellezze che quelle genti hanno lasciato all’Italia tutta, con piccoli castelli, palazzotti, piccole piazze, sempre colme di gente che si raduna per fare e cercare affari, per chiacchierare amabilmente, passeggiare facendo le famose “Vasche” avanti e indietro per la strada principale. Ci si ritrova per il ”PIACERE di RITROVARSI”….Non c’entrano nulla i moderni Centri Commerciali ( per carità  li frequento anch’io), ma hanno depauperato l’identità delle piazze italiane. Centri che offrono tanta mercanzia e nessuno scambio di “Odore di Umanità”!!!

A parte il Borgo anche il paesaggio intorno è meraviglioso, prati verdi, come grandi tappeti di velluto, che il vento scompone, l’erba ondeggia dandoti l’impressione di trovarti in mezzo alle onde di un mare agitato. Prati verdi inframezzati da grandi chiazze di fiori di un rosso intenso, quasi violaceo, chiamati “Sulla”, che vengono raccolti e utilizzati come foraggio per i cavalli. Salendo su per le stradine ripide e scoscese, per raggiungere San Biagio, vieni invaso dall’odore dell’erba appena tagliata, dai profumi dei frutti che stanno nascendo, dalle margherite gialle spontanee, dal mentastro, tanto decantato da Pirandello ( Ritorno. Da quel sentieruolo tra gli ulivi, di mentastro, di salvia profumato….). Mentre cammini, con i finestrini aperti per godere dell’aria pulita e profumata, senti lo scrosciare dell’acqua di un fiume. “In Sicilia, di questi tempi?”, mi è sembrato quasi un “miraggio” ed una “visione” si, una “visione” per le orecchie, se così si può dire (licenza poetica). Infatti ci siamo fermati perché anche il fiume Platani ci ha graziati di una sua vera e propria eccezionalità: “ERA QUASI COLMO D’ACQUA!”, una vera rarità per le nostre terre.

San Biagio Platani è un piccolo comune dell’entroterra Siciliano, in provincia di Agrigento. Conta circa 3.200 abitanti. Situato su un altopiano che culmina in contrada Garipi e degrada verso il fiume Platani.

Gaetano Di Giovanni attribuisce a Mariano Gianguercio, nel 1648, la fondazione dell’insediamento urbano. Il Centro abitato si sviluppò, fin da principio, intorno alla Chiesa Madre e al Palazzo Ducale: venne stabilito un tracciato ed un impianto ortogonale, il cui asse principale è ancora oggi costituito dal corso principale: Viale della Vittoria e dalla Sua CHIESA MADRE.

Nel XVII secolo la crisi produttiva, varie carestie, determinarono il grave decremento demografico del paese. Per fare fronte a tali gravi problemi fu chiamato Agesilao Bonanno che sarebbe divenuto Signore di San Biagio, ma egli stesso non riuscì a far riprendere l’economia e l’aumento demografico di San Biagio, così cedette in gabella l’intero territorio per tornarsene a Palermo.

Il 1812 segnò così la fine della feudalità.

Appena entri in paese ti attende una ripida salita. Finita la salita entri nella piazza antistante la Chiesa Madre e vieni irrimediabilmente rapito da uno splendido quadro, quasi surreale, del piccolo Borgo. Vieni investito da un meraviglioso miscuglio, un “ARCOBALENO” di odori, colori, sapori, ma soprattutto dimentichi le tue ritrosie a percorrere quelle stradine tortuose di montagna per raggiungere il paese.

La manifestazione più importante è legata ancora oggi alla coltivazione dei prodotti locali della terra (legumi nella maggior parte dei casi). Infatti durante il fiorire della Primavera, precisamente nel periodo Pasquale, si svolge a San Biagio una manifestazione detta degli “ARCHI DI PASQUA”, festa pseudocattolica/folkloristica, che richiama numerosi turisti locali e stranieri. Ogni anno gli Archi vengono composti in modo sempre diverso, rispetto a quelli degli anni precedenti. Essi sono composti da strutture tanto alte da coprire l’intero caseggiato della via principale. Visitare il Borgo è stata una grande sorpresa e una gioia per gli occhi, per la mente e il cuore.

Non ci si immagina nemmeno lontanamente cosa questi bravi artigiani sono capaci di costruire con materiale, commestibile della dieta mediterranea, che ogni giorno è sulle nostre tavole.

Ci si trova dinnanzi a vere e proprie architetture: portali e cattedrali, di stile a volte barocco, rococò, spesso somigliante al gotico, giganteschi lampadari e quadri dedicati a Santi, alla Madonna e Gesù Cristo e alle stagioni. Appena entri nella piazza principale del Paese, ti trovi innanzi la Chiesa Madre, l’unica a non essere coperta dagli archi, poiché funge da spartitraffico tra le opere delle due Confraternite che si contendono, amorevolmente, ogni anno il primato: i “Madunnara e i Signurara”: cioè i primi devoti alla Madonna e i secondi devoti del Cristo. Ciascuno allestisce solamente il territorio che gli compete: a sinistra o a destra della Chiesa Madre.

Gli Archi vengono costruiti con strutture di canne e addobbati finemente con tutti i prodotti della terra: chicchi di grano, spighe intere, fagioli secchi, bianchi e colorati, ceci, fave secche sgusciate, lenticchie decorticate, piselli decorticati, mais, mandorle, datteri e perfino conchiglie. Gli archi sono altresì decorati da pane di tutte le fogge a volte ricoperto da un velo di zucchero bianco. Più ti avvicini a certi quadri e meno ti rendi conto che NON SONO dipinti di grandi autori, ma opere composte da personaggi dalla grande manualità, maestria e intelligenza. Un lavoro magnifico, non da artigiani o contadini, ma da veri artisti.

La costruzione degli Archi è lunga e laboriosa e dura quasi un anno. Gli artisti appena smontate le strutture della Pasqua in corso, già cominciano a progettare quelli per la Pasqua successiva. Bisogna altresì evidenziare che nulla va perduto degli Archi, essi sono, infatti, conservati in apposito museo.

I componenti delle Confraternite ci hanno raccontato che nel 2018 addirittura 4 dei quadri, in posa, sarebbero andati in dono al Vaticano e sarebbero stati donati dalle Confraternite direttamente al Papa.

Bisogna evidenziare anche che le Confraternite lavorano, per la realizzazione degli Archi, completamente gratis, solo per devozione, senza nessun contributo da Enti vari.

Durante la manifestazione, lungo la via principale, le bancarelle espongono artigianato locale, piatti in ceramica decorati a mano, dolcetti e pasticcini locali, odore di torrone di mandorle (Cubaita, in siciliano) appena fatto, scialli ricamati dalle donne del posto, etc…. Mentre guardi i maestosi lampadari, cuciti con filo e addobbati con datteri, frutti che sembrano coralli e pietre preziose, non puoi fare a mano di visitare la Chiesa Madre: semplice nel suo biancore, abbagliante, restaurata da poco, con due volte a vela, di colore azzurro, decorate con stucchi bianchi, da non perdere.

La cittadina si presenta al turista pulita e ben tenuta. Tutto sembra funzionare bene, grazie all’Amministrazione e alla collaborazione dei cittadini. Tutti i locali aperti al pubblico, bar, pub come usa adesso, molti ristoranti dove si mangia molto bene. Soprattutto prodotti locali a Km 0: formaggi, ricotta, salumi squisiti, dovuti certamente ai verdi pascoli delle vallate circostanti.                                                             Insomma una meraviglia da non perdere, anche il clima il primo maggio è stato generoso, infatti c’erano 28 gradi.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Chi non ha mai visto San Biagio Platani, si fidi del mio profano giudizio, nel periodo di Pasqua, ma anche nel resto dell’anno, non si può perdere una simile bellezza, ben custodita e, purtroppo, misconosciuta ai più.

MARIA ANGELA ARANCIO

Foto Alessandro Barbagallo

 

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2 Thoughts to “Il fascino dei borghi semisconosciuti: San Biagio Platani e i suoi Archi di Pasqua”

  1. Graziana

    Non ho mai visto San Biagio Platani e, a dire il vero, non l’ho nemmeno mai sentito nominare! Quando ho aperto l’articolo e mi sono imbattuta nella descrizione del luogo, tra me e me mi son subito chiesta :” Ma non ci saranno mica anche Heidi, il nonno che prepara il formaggio e le pecorelle che vanno a pascolare???” E magari, detto cosi, potrebbe sembrare un modo di deridere il Borgo e coloro i quali ci vivono. Ma non lo è, anzi!!!
    Chi vive in una grande città, presa dalla frenesia e circondata da caos, rumori, smog e da una moltitudine di persone (che, distratta dal solito tran tran, mentre cammini nemmeno noti), a volte cerca volentieri ordine e tranquillità che solo in borghi come quello minuziosamente e accuratamente descritto, trovi.
    La lettura mi ha portato a sentire gli odori della natura, il profumo di fresco e di pulito.
    Sono stati evidenziati tutti gli aspetti: si passa dalla descrizione del paesaggio al folklore, dall’arte alla buona tavola coi suoi prodotti genuini. Dulcis in fundo le foto che testimoniano e provano in maniera eccellente la bellezza del posto. Complimenti e grazie per avermi fatto scoprire una piccola parte di mondo che sconoscevo e che magari un giorno andrò a visitare assai volentieri.

  2. Alfredo

    Cara Mariangela,
    complimenti per le parole condivise che mi hanno fatto scoprire un borgo a me altrimenti sconosciuto. Fa sicuramente piacere vedere che ancora determinate tradizioni continuino ad essere portate avanti permettendo così ai turisti di poterle ammirare ed a meravigliarsi delle piccole storie di cui la Sicilia è ancora piena.
    Complimenti anche ad Alessandro Barbagallo per le foto.

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