I segreti di Cosa Nostra in una bara di frassino

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Matteo Messina Denaro da L’Aquila a Castelvetrano in una bara di frassino da 1.500 euro. Sepolti anche i segreti di Riina. L’eredità economica e mafiosa.

Con una bara da 1.500 euro sarà trasportata la salma di Matteo Messina Denaro da L’Aquila nella cappella di famiglia, nel cimitero di Castelvetrano. Il boss è morto esattamente all’1,57. L’avvocato Lorenza Guttadauro, la nipote di lui, ha accompagnato la barella fino all’obitorio, in attesa dell’autopsia. Poi si è recata all’impresa di pompe funebri “Pacini” in città per acquistare il feretro in frassino. Nessun funerale religioso. Solo la tumulazione, accanto al padre Francesco Messina Denaro. Due sono le eredità di Matteo Messina Denaro: l’economica e la mafiosa. La sua famiglia a Castelvetrano è stata devastata dalle indagini. Un’ampia parte dei parenti è in carcere, o in sorveglianza speciale.

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Francesco Guttadauro

Il più accreditato erede è Francesco Guttadauro, figlio di Filippo, e di Rosalia, sorella di Messina Denaro, “responsabile” (tra virgolette) dell’arresto del fratello perché a casa sua, in via Alberto Mario a Castelvetrano, i Carabinieri hanno trovato il pizzino in cui si descriveva la malattia del boss. Francesco Guttadauro è il fratello dell’avvocato Lorenza, ed è il ‘nipote prediletto’ di Matteo. I Guttadauro appartengono al mandamento di Brancaccio, governato fino all’arresto dai fratelli Graviano. Francesco attualmente è detenuto. Sconta una condanna a 16 anni. Fine pena entro il 2025, con lo sconto riconosciuto a tutti i detenuti di 3 mesi per ogni anno trascorso in cella. Invece, l’eredità economica sono tutti gli investimenti di Messina Denaro nella provincia di Trapani e in Sicilia. Essendo stati effettuati tramite prestanome, vi è il rischio che si ripeta il caso di un terreno di Messina Denaro, del quale la figlia del prestanome dell’epoca si sarebbe appropriata e l’avrebbe venduto, provocando la furia di Matteo. Tali investimenti sarebbero rivendicabili dai familiari. Durante i 30 anni di latitanza, sono stati sequestrati beni per 4 miliardi di euro. Altri aspiranti eredi potrebbero essere gli imprenditori in affari con lui, i mediatori o i capimafia che intenderebbero assumere il controllo del territorio di Castelvetrano e della provincia.

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Riina e Messina Denaro

Nella bara di frassino di Matteo Messina Denaro sono stati sepolti anche i segreti di Totò Riina, che a Giovanni Brusca confidò: “Se mi dovesse accadere qualcosa, i picciotti sanno tutto”. I ‘picciotti’ erano Giuseppe Graviano e Matteo Messina Denaro. E ancora Riina confidò ad un altro boss, Saro Naimo, che il figlio di don Ciccio Messina Denaro aveva le sue ‘carte’ e sarebbe stato il suo erede. E poi, nell’ultimo covo di Matteo a Campobello di Mazara i Carabinieri hanno trovato molte chiavi, ma non hanno ancora scoperto di quali porte. Anche Nino Giuffré, boss di Caccamo e braccio destro di Provenzano, ha raccontato che le ‘carte’ di Riina, sottratte dal covo di via Bernini approfittando della clamorosa mancata perquisizione subito dopo l’arresto, sono state consegnate proprio a Messina Denaro. \"\"Il pubblico ministero Gabriele Paci, impegnato nel processo sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, spiega: “Matteo Messina Denaro era soprattutto un giocatore di poker, uno che aveva la capacità di bluffare giocando su più tavoli. Dopo l’arresto sono rimasti tutti sorpresi quando hanno scoperto che in ospedale il boss aveva instaurato rapporti basati su un forte senso d’umanità coi medici e con gli altri pazienti. Ma lui ha sempre avuto questa capacità camaleontica di bluffare in modo che gli altri non potessero neanche immaginare quale fosse la sua vera natura. Matteo Messina Denaro «prima ha preso parte alle stragi, incarnando lo spirito di Riina e partecipando alla guerra contro lo Stato. Grazie a questo è diventato un mafioso di alto rango quando era ancora giovanissimo. Poi però, quando è stato il momento, ha lasciato perdere le stragi e si è messo a fare quello che diceva Provenzano, cioè la mafia degli affari. E’ diventato un uomo sommerso del quale si perdono le tracce per quasi 30 anni. E sicuramente, adesso si può dire, non credo che per 30 anni si sia fatto i selfie con gli infermieri”.

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