Ecco perchè Raffaele Lombardo non ha “mafiato”

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a Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza che ha assolto definitivamente l’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, dall’imputazione di concorso esterno alla mafia. I dettagli.

Lo scorso 7 marzo la sesta sezione della Cassazione, presieduta da Anna Petruzzellis, ha assolto definitivamente l’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, dalle imputazioni di concorso esterno alla mafia e corruzione elettorale aggravata da mafia. E’ stato giudicato inammissibile il ricorso della Procura Generale di Catania contro la sentenza di assoluzione, del 7 gennaio del 2022, dalle imputazioni di concorso esterno alla mafia, con la formula “perché il fatto non sussiste”, e di corruzione elettorale aggravata dall’avere favorito la mafia, con la formula “per non avere commesso il fatto”. Il 19 febbraio del 2014, in primo grado, innanzi al Tribunale di Catania, Raffaele Lombardo, giudicato in abbreviato, è stato condannato dal Giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catania, Marina Rizza, a 6 anni e 8 mesi di reclusione per concorso esterno all’associazione mafiosa. Il 31 marzo del 2017, in secondo grado, la Corte d’Appello di Catania, presieduta da Tiziana Carrubba, ha assolto Lombardo, “perché il fatto non sussiste”, dall’imputazione di concorso alla mafia, e lo ha condannato a 2 anni di reclusione, pena sospesa, per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso ma senza intimidazione e violenza. Il 3 luglio del 2018, in terzo grado, la seconda sezione penale della Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza d’Appello d’assoluzione. Il 7 gennaio del 2022, la prima sezione penale della Corte d’Appello di Catania, presieduta da Rosa Anna Castagnola, ha assolto Raffaele Lombardo da tutti i capi d’imputazione: con la formula “perché il fatto non sussiste” per il reato di concorso esterno alla mafia, e con la formula “per non avere commesso il fatto” per il reato di corruzione elettorale. La Procura Generale ha impugnato la sentenza d’Appello che ha assolto Lombardo e ha presentato ricorso in Cassazione: rigettato, e sentenza definitiva di assoluzione, per la quale adesso sono state depositate le motivazioni. E i giudici tra l’altro scrivono: “L’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa può reggere solo se si dimostra non la mera vicinanza al gruppo mafioso o ai suoi esponenti, anche di spicco, e neppure la semplice accettazione del sostegno elettorale dell’organizzazione criminosa. L’accusa di concorso esterno regge invece se si dimostra la prova del patto in virtù del quale l’uomo politico, in cambio dell’appoggio elettorale, si impegni a sostenere gli interessi e le sorti della stessa organizzazione in un modo che, sin dall’inizio, sia idoneo a contribuire al suo rafforzamento o consolidamento. La concreta esecuzione delle azioni promesse è meno rilevante ai fini della prova, ma può essere considerata solo come mezzo di verifica. Inoltre, la condotta di concorso esterno nell’associazione mafiosa, ritagliata su attività politico-amministrative del concorrente esterno, richiede la prova che sulla base di un patto di scambio il politico abbia assicurato all’organizzazione il controllo di tutto o parte delle attività politiche-amministrative una volta eletto”. E poi i giudici della Cassazione scrivono di condividere le ragioni che hanno indotto i colleghi della Corte d’Appello a sentenziare l’assoluzione di Raffaele Lombardo. E si legge: “L’analisi della Corte d’Appello è corretta ed è stata svolta altresì sulla scorta di un puntuale e completo esame di tutte le risultanze processuali, sicché alcuna carenza o omissione dell’esame dei dati processualmente rilevanti inficia la scansione del ragionamento probatorio”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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