Il disastro strade e infrastrutture negli ultimi anni ha caratterizzato purtroppo la vita di un’intera provincia, quella agrigentina, che si è trovata allo stremo delle forze; questo 2019, secondo la Uil provinciale, deve rappresentare un momento di innesto e di ripresa per l’assetto viario che fino ad oggi presenta situazioni a limite di uno Stato civile.
“Finalmente dopo anni e anni di chiusure, disastri, vetustità e pericoli delle principali strade di collegamento nell’agrigentino, dei piccoli segnali in avanti cominciamo a registrarli; non ci spertichiamo le mani, ma vogliamo credere e sperare che si ritorni ad una normalità che da alcuni anni gli agrigentini sognano, viaggiando sulle principali arterie stradali in tutta la provincia.
Certo, la situazione delle due maggiori statali è ancora fluida, vedi ss. 640 e ss.189 che seguiamo costantemente da anni con tutte le evoluzioni e le criticità che devono essere superate (come del resto la viabilità provinciale); ma, finalmente, qualcosa comincia a definirsi sulla ricostruzione del Ponte Petrusa e sulla messa in sicurezza e il ripristino del viadotto Akragas I interdetto da quasi due anni.
La Uil continuerà a perseguire l’unico fine che interessa tutti gli agrigentini, che è quello di avere strade, ponti e opere viarie sicure moderne e a norma, in tempi celeri, perché questi disagi hanno distrutto gran parte della produzione, dell’economia e della quotidianità dei cittadini per i normali spostamenti lavorativi o di servizi essenziali quali la sanità.
Vigileremo sulle procedure e i tempi di realizzazione di queste opere: Petrusa e Morandi ci aspettiamo possano essere concluse senza ulteriori colpi di scena, perché efficientare le strade e i servizi sono alla base di qualsiasi programmazione di sviluppo socio-economico.
Sarà un caso ma tra le cause dell’emigrazione (circa 22 mila siciliani negli ultimi due anni sono iscritti all’Aire, quindi residenti all’estero) c’è quello di vivere in una terra dove le opportunità e gli standard minimi di vivibilità sono diventati una chimera; le nostre risorse umane non possono essere cacciate dal nostro territorio per mancanza di diritti fondamentali”