Covid 19, “Tenera (non) è la notte”

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di Mario Gaziano
“Tenera è la notte” è il bellissimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald del 1934.
Poi tradotto in film da Hanry King nel 1962.
Era la “tenera” notte dei lungomari della Costa Azzura francese:la promenade des Anglais di Nizza, la Croisette di Cannes, la promenade de Vieux Port di Marsiglia dei focosi anni ruggenti: ruggenti di amori, di passioni, di travolgenti sentimenti.
Di entusiasmi, di forza coinvolgente collettiva, di tensioni positive e creative.
Cosa resta della “tenerezza” di quelle notti a noi?
Nulla di nulla.
La notte del covid ci è nemica.
Le nostre promenades sono i corridoi di casa in cui siamo reclusi: a nord la camera da letto e servizi ,a sud studio, salone, stanze dei figli.
E le “22” dal senso profondamente cambiato:
le “22”: l’inizio della vita comunitaria ,associata, sociale dei giovani, per ritrovarsi, per parlare, innamorarsi e vivere nuovi sogni e nuove illusioni.
Le “22” –anche- l’inizio della lunga notte insonne degli anziani tra pensieri di sintesi e di affetto, o di letture e sceneggiati consolatori.
Ora non più.
La vita “obbligata” in famiglia rende stanche le parole.
Le conversazioni sempre più stringatamente essenziali.
E respirare un’aria di tristezza e di incertezza.
A cercare “ l’amico invisibile” di cui ci ha parlato Kalil Gibrain:con cui condividere nelle ore silenziose della notte ricordi, illusioni, emozioni.
Ma mai trovarlo, sopraffatti da una incombente ansia individuale e comunitaria.
E tentiamo di cercare in noi stessi le ragioni superiori di queste “indispensabili reclusioni”.
E finiamo per avvilupparci in quella magmatica psicosi che dalla nuova obbligata condizione nasce.
Proprio come profetizza la sociologa Marazziti: che proprio da questa nuova psicosi origina non già nuova fiducia ma una pandemica depressione, forse ancora più grave delle conseguenze virali invadenti e fraudolentemente insinuanti.
Così la notte si spegne e ci spegne.
Nei sentimenti familiari e nella solidarietà umana e fors’anche cristiana.
Buona notte. Che vi sia buona, se potete.

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2 Thoughts to “Covid 19, “Tenera (non) è la notte””

  1. Ignazio

    Ho pigiato su “mi piace”, non appena finito di leggere la Riflessione di Mario Gaziano.
    Non sono d’accordo, però, con quanto asserito dalla sociologa Marazziti, quando sostiene: “…che è proprio questa psicosi del momento che origina non già nuova fiducia ma una pandemica depressione, forse ancora più grave delle conseguenze virali invadenti e fraudolentemente insinuanti”.
    Non sono d’accordo, perché manca il senso profondo della “lotta”, per il quale si può sfuggire alle nuove psicosi originanti pericolose depressioni!
    L’uomo vive tra forme di bene e forme di male!
    Il suo compito?
    Non accontentarsi mai neppur del bene che a noi si mostra, perché esso potrebbe esser “ancor di più” di quel che appare per il bene di tutti; né, d’altra parte, farsi mai sconfiggere da un male di cui non si deve temer nulla, grazie alla lotta di cui deve esser capace l’uomo; e, soprattutto, per incoraggiare quei giovani sbandati, sperduti e perduti che hanno bisogno di guardar avanti e rinsavire e farsi protagonisti del cambiamento, a volte, frantumato e distrutto dalla noia, dal non vivere intensamente, perché confusi in un gregge puzzolente guidato non da un pastore che, per lo meno, potrebbe mettere in salvo, ma da un miserevole pifferaio, ombra esso stesso del male che costringe soprattutto i giovani a non pensare affatto e a non scegliere tra …, perché la “scelta” non esiste neppur nel pifferaio, ma in lui v’è soltanto un suono accecante che ricorda il canto delle sirene!
    E non dobbiamo dimenticare soprattutto i bambini, perché costoro hanno l’arma della fantasia con la quale possono mettere a tacere chiunque, foss’anche, un padre impaurito o una madre piangente!
    L’uomo non deve essere altro che lotta, trasformazione di qualsivoglia esistente, e cioè non deve esser altro che rinnovamento e rivoluzione.

  2. Maria Grazia Lala

    Mario Graziano descrive perfettamente le nostre notti attuali. Il virus crudele colpisce nel profondo delle anime allontanandoci da amici e dalle persone più care. Una solitudine non scelta ma imposta..Però la conseguenza più grave sarà la triste eredità degli adolescenti mutilati nella costruzione di relazioni sociali che nascono sui banchi di scuola.

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