Condanna per pedofilia: l’orco, i 3 profili falsi e la rete Facebook

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di Filippo Cardinale

Il tribunale di Sciacca, in composizione collegiale, ha inflitto una condanna a nove anni di carcere (processo in primo grado) ad un uomo, oggi sessantenne per adescamento di minore (una ragazzina) e per abuso sessuale. Un processo lungo le cui indagini sono iniziate, per competenza, dalla Dda di Palermo. Un processo lungo il quale l’imputato è stato libero, senza limitazioni di misure restrittive.

La pubblica accusa è stata rappresentata dal magistrato inquirente Michele Marone. Abbiamo riportato, in un articolo a parte, la notizia della sentenza di condanna a nove anni di carcere. La pubblica accusa aveva richiesto una pena di 10 e anni e 6 mesi.

All’epoca dei fatti, la vittima era minorenne. Per delicatezza della vicenda, tralasciamo ogni riferimento poiché di fronte a fatti orribili e la cui vittima è stata una ragazzina.

Ma non possiamo tacere sui fatti convinti che il mondo di Internet è una rete capace di attirare indifesi, minori, ingenui. Non possiamo tacere affinché i genitori comprendano meglio quanto trappola pericolosa sia il mondo dei social se usati in malo modo, e spesso lo sono. E’ bene che i genitori comprendano quanto i propri figli minorenni possano camminare su un sottile filo sospeso in aria e dal quale è facilissimo cadere e farsi male, molto male.

La vittima minorenne, una ragazzina, cade nella trappola tesa dall’orco. Una persona adulta, matura, che porta con sé l’idea del male, dell’approfittare dell’ingenuità di una minore.

Inizia, come accade di solito, uno scambio di messaggi. Poi, essi diventano costanti fino al “fidanzamento”. In questo caso virtuale, visto che il “fidanzato” dice di vivere oltreoceano. Racconta che per adesso non può incontrarla e che presto lo farà. Nel contempo, l’orco prepara due profili che poi si scoprono falsi grazie agli accertamenti con l’ausilio di esperti informatici. Profili, due dei tre, che si presentano come parenti, amici del fidanzato.

La ragazzina vive la sua prima esperienza d’amore. Un’amore per niente tale e che presto si trasforma in un incubo.  Le chat dei profili falsi cambiano tono e contenuto. Invitano la ragazzina, in vista di un viaggio del fidanzato per conoscerla, ad avere esperienze sessuali con lo zio (che poi sarà l’imputato) che si trova, invece, dove vive la ragazzina.

Un invito a “prepararla” a “farsi trovare pronta” dal fidanzato. Nella mente perversa dell’orco c’è ormai una situazione “dominate” sulla fragilità della ragazzina. Assume il ruolo dello “zio buono” che sarà “dolce” a prepararla ai rapporti sessuali, così il fidanzato la trova già con una esperienza acquisita.

Poi, un’altra chat. Arriva la brutta notizia, ovviamente falsa. Viene comunicata alla ragazzina che il suo fidanzato è morto a causa di una malattia.

L’orco si avvicina alla preda, alla vittima. Le fa “da zio buono” in tutta la sua cattiveria e perversione fino ad instaurare una relazione sessuale che dura sei mesi.

La triste e brutta vicenda ha il suo termine con la denuncia. Poi prende corpo la via giudiziaria. Ieri la sentenza nel processo di primo grado e la condanna a nove anni di reclusione per adescamento e violenza sessuale su minore.

Una vicenda che, purtroppo, evidenzia quanto sia deleteria, pericolosa, la navigazione incontrollata in Internet. Ancora più pericolosa è la distanza, spesso, che si forma tra genitori e figli minori, sui quali diventa insufficiente il controllo, la conversazione, capire in tempo in quale trappola terribile si finisce.

La giustizia, in primo grado, seppure con ritardo, è arrivata. Ciò che rimarrà nella ragazzina è la constatazione, a proprie enormi spese, di quanto il mondo virtuale sia terribile. Una constatazione che porterà per sempre con sé.

 

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