Buone notizie per il cinema Tiffany, il Consiglio di Stato accoglie l’istanza delle somme accantonate

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Con il DPCM del 4 agosto 2017, sono state definite le norme applicative del piano straordinario da 120 milioni di euro previsto al fine di riattivare le sale cinematografiche chiuse e aprirne di nuove.
La società “ K. S.r.l.” proprietaria del “CinemaTiffany” presentava, entro i termini prescritti, la propria richiesta di contributo finalizzata alla riattivazione di una sala cinematografica sita nel comune di Palermo, sede, per l’appunto, dell’ex cinema “Tiffany” dismesso dall’anno 2011.
Nel corso dell’istruttoria veniva richiesta un’integrazione documentale riscontrata dalla società, a cui non seguiva alcuna risposta da parte dell’amministrazione, inducendo così la società stessa a ritenersi in regola con i requisiti per l’accesso ai contributi in questione, anche in considerazione del fatto che la progettazione dell’intervento previsto presentava tutti i requisiti minimi di ammissibilità prescritti.
Ciononostante, la società non risultava inserita nell’elenco dei soggetti ammessi a finanziamento per la linea di intervento A) ovvero per la linea relativa alla riattivazione di sale chiuse e/o dismesse.
La società titolare dell’ex cinema decideva, allora, di proporre un ricorso giurisdizionale con il patrocinio degli Avv.ti Girolamo Rubino e Lucia Alfieri, chiedendo l’annullamento dei provvedimenti relativi all’erogazione dei predetti contributi, nella parte in cui la medesima società non era stata ammessa al contributo per la linea di intervento relativa alla riattivazione di sale chiuse o dismesse.
I legali Rubino ed Alfieri, in particolare, contestavano l’illegittimità dell’iter valutativo condotto dall’amministrazione in spregio a qualsivoglia regola di trasparenza ed imparzialità, non avendo la stessa comunicato le ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza né esternato in sede di pubblicazione dell’elenco degli ammessi le ragioni di non ammissione di alcuni soggetti istanti, tra cui, per l’appunto, la società ricorrente.
Solamente in sede di giudizio l’amministrazione depositava una relazione – impugnata con successivi motivi aggiunti al ricorso introduttivo – con cui venivano esplicitate, per la prima volta, le ragioni della mancata ammissione della società ricorrente, dando così atto dell’inesistenza di alcun procedimento valutativo delle domande di ammissione al contributo e di un’errata interpretazione delle norme disciplinanti la procedura in questione, avendo motivato la non ammissione su un asserito avvio dell’investimento in un momento antecedente rispetto alle date di avvio e di ultimazione prescritte dal DPCM di riferimento; circostanza, quest’ultima, contestata in giudizio mediante la produzione di ulteriore documentazione contabile attestante l’avvenuta realizzazione dell’investimento nell’arco temporale prescritto dal DPCM.
Ebbene, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, nelle more della definizione del giudizio di merito, ha accolto l’istanza cautelare formulata dagli avv.ti Rubino ed Alfieri, difensori della società, disponendo, l’accantonamento della somma corrispondente al contributo spettante alla società medesima, e non attribuita, al fine così di mantenere la capienza necessaria per la sua eventuale corresponsione a fronte di un esito positivo del giudizio di merito.

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